VIII

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Thomas si gettò sul letto e affondò il volto tra i cuscini. Aveva fatto il possibile per divertirsi, a casa di Minho, e a un certo punto ci era anche riuscito, ma in un angolo del suo ventre aveva continuato a percepire emozioni estranee muoversi e contorcersi come serpi avvinghiate le une alle altre. Le aveva ignorate, seppellite sotto strati di finti sorrisi e risate forzate, ma ora non c'erano barriere a separarlo da quel groviglio emotivo che gli animava lo stomaco e gli riempiva le vene di malinconia.
Chiuse gli occhi e allungò una mano a stringere le coperte. Immaginò di sentire contro le dita il calore di altre dita, affusolate e pallide, ma quando aprì gli occhi non trovò altro che le sue nocche, sbiancate a causa della pressione che ancora esercitava contro la stoffa.
Thomas gemette e strinse le palpebre per soffocare le lacrime che minacciavano di scivolargli via dalle ciglia. Al centro del suo petto, una creatura premeva per strappargli un grido. Thomas affondò la bocca tra i cuscini e vi soffiò contro un urlo silenzioso, che si protrasse finché lui non ebbe più fiato.
« Cosa mi succede? », biascicò.
Aveva bisogno di sentire Newt, voleva il suono della sua voce contro i timpani. Allungò una mano ed estrasse il cellulare dalla tasca dei jeans. Lo sbloccò con gesti febbrili delle dita, cliccò sull'icona di WhatsApp e controllò l'ultimo accesso del ragazzo: risaliva a quattro ore prima. Thomas grugnì per la frustrazione e bloccò di nuovo il telefono, per poi gettarlo ai piedi del letto e lasciarsi scivolare sotto alle coperte senza neanche prendersi la briga di spogliarsi.
Gli ci vollero diversi minuti, ma alla fine cedette, chiuse gli occhi e si abbandonò al sonno.
Era da poco passata la mezzanotte. Il Natale era arrivato. Lui, però, non si era mai sentito più lontano dal Thomas bambino che era stato anni prima: lo spirito natalizio era solo un vago ricordo.

Thomas aprì gli occhi. Fuori era buio, il sole non era ancora sorto, ma dalla finestra filtrava la luce smorta di un lampione. Il cellulare di Thomas vibrava da qualche parte vicino ai suoi piedi. Lui si alzò a sedere e si chinò verso la sponda inferiore del materasso, allungando una mano e tastando le coperte finché non ebbe trovato l'oggetto.
Newt lo stava chiamando.
Thomas sgranò gli occhi, sentendosi improvvisamente lucido, e rispose con mani tremanti. Il respiro era reso affannoso dal sonno, ma il cuore aveva preso a battergli a un ritmo frenetico al centro del petto.
« Newt! », gracchiò contro il microfono, la voce impastata.
« Tommy, ciao. Scusami, ti ho svegliato ». Non era una domanda e Thomas non replicò. Attese che l'amico continuasse a parlare e lui lo fece: « Ti starai chiedendo perché cacchio io abbia deciso di chiamarti a quest'ora della notte ».
Thomas si voltò verso il suo comodino alla ricerca di un orologio che non c'era. « Perché? Che ore sono? »
« Le tre e mezzo, più o meno ». La voce di Newt era venata di imbarazzo. « So che può sembrare una cosa stupida e, dannazione, lo è, ma vorrei parlarti ».
Thomas sbadigliò, aggrottando le sopracciglia. « Stiamo già parlando ».
« Di persona ».
« Adesso? »
Ci fu un istante di silenzio. Fu la risata nervosa di Newt a spezzarlo « Lo so », disse con amarezza, « sembro un fottuto psicopatico, mi dispiace ». Sospirò. « Torna a dormire ».
« No! » Thomas strinse le palpebre quando si rese conto di ciò che aveva fatto: aveva gridato nel cuore della notte e suo padre dormiva a due porte di distanza dalla sua. « No, Newt, aspetta », riprese a voce più bassa, quasi sussurrando. « Dove sei? »
« Fuori casa tua ». Newt emise un gemito di frustrazione. « O cacchio, sembro davvero uno psicopatico. Mi dispiace ».
Thomas sorrise. « Dammi due minuti ed esco » disse e staccò la chiamata. Si sedette sul bordo del letto e si infilò le scarpe. Aprì la porta con cautela e attraversò il corridoio in punta di piedi, scese le scale e oltrepassò la porta d'ingresso.
L'auto di Newt era parcheggiata di fronte a casa sua e lui era seduto nell'abitacolo, la testa appoggiata al sedile e gli occhi chiusi. Thomas fece un respiro profondo e si avvicinò alla macchina. Quando aprì la portiera, Newt sussultò e aprì gli occhi, voltandosi di scatto verso di lui. « Mi è preso un colpo, cacchio! », disse, passandosi una mano tra i capelli biondi. Thomas chiuse la portiera e si sedette in modo da fronteggiare l'amico. « Che ci fai qui? », gli chiese a mezza voce.
« Mi sentivo in colpa ». Newt distolse lo sguardo. Sembrava stanco, aveva gli occhi cerchiati di scuro e non si era neanche truccato come suo solito. « Vi ho mollati senza preavviso e avevo il tuo regalo ». Allungò una mano verso il cruscotto e ne estrasse un pacchetto avvolto con cura in carta da regalo nera. Thomas sollevò un sopracciglio e Newt gli dedicò un sorriso storto. « Mi piace il nero », spiegò e gli tese il pacchetto. Era sottile e morbido e Thomas se lo rigirò tra le mani per alcuni secondi, prima di alzare gli occhi sull'altro ragazzo. « Mi hai chiamato nel mezzo della notte per darmi questo? »
Newt roteò gli occhi. « Aprilo e basta, pive ».
Thomas sorrise e armeggiò con la carta scura. Il rumore degli strappi si diffuse nell'abitacolo e Newt si agitò sul sedile, a disagio. Osservava le dita di Thomas con la coda dell'occhio, fingendo di essere concentrato sul volante.
Thomas eliminò l'ultimo strato di carta e osservò il contenuto del pacchetto. Non riuscì a trattenere la risata che gli arrivò alla bocca. « Non ci credo! », esclamò, analizzando con lo sguardo il berretto che reggeva tra le mani. Sulla stoffa leopardata l'oggetto recava una scritta a caratteri cubitali: FUCK ME.
Newt sorrise, ma tenne lo sguardo basso. « Sarebbe stato più divertente se te lo avessi portato da Minho ieri sera », mormorò.
Thomas si strinse nelle spalle. « È divertente anche così ». Si infilò il berretto sulla testa e fece una smorfia soddisfatta. « Dio, ora sì che mi sento alla moda! »
« In realtà ho anche un altro regalo ». Newt si chinò ancora verso il cruscotto e ne estrasse un CD su cui campeggiava la scritta "Tommy". Thomas aggrottò le sopracciglia a prese l'oggetto con mani incerte. Quella grafia gli era in un certo senso familiare...
« Non è niente di che, lo so », borbottò Newt, voltandosi verso il finestrino alla sua sinistra per non di mostrare il rossore sulle sue guance, « ma ci tenevo a darti qualcosa di serio, per Natale ».
« È un CD? »
Newt roteò gli occhi. « No, sono delle scarpe, che cacchio aspetti a provarle? »
Thomas ridacchiò. « Temo non siano della misura giusta ».
« Che rincaspiato ». Newt allungò una mano e sfilò l'oggetto dalla sua presa. Quando le loro dita si sfiorarono, entrambi furono percorsi da una scarica e rabbrividirono. Thomas osservò l'amico armeggiare con il lettore dell'auto: le sue dita sottili trafficavano con i tasti, pallide e tremanti, e Thomas avrebbe voluto stringerle e baciarne ogni centimetro.
« Sono alcune delle mie canzoni preferite », gli spiegò Newt con un sorriso timido. Nell'abitacolo si diffusero le note di Creep dei Radiohead e Newt lanciò a Thomas un'occhiata in tralice, tentando di decifrare i suoi pensieri a partire dalla sua espressione. « Forse neanche ti piace questo genere ».
Thomas scosse la testa. « Grazie ». Incatenò il suo sguardo a quello di Newt. Sentì lo stomaco accartocciarsi su sé stesso e il volto e il collo andargli a fuoco, ma ignorò qualunque cosa non fosse Newt, i suoi occhi scuri, le sue lunghe ciglia. « È un regalo bellissimo, davvero ». Newt si morse un labbro e distolse lo sguardo. Thomas sospirò. « Ma io non ti ho comprato nulla », disse.
« Non importa, Tommy ».
« Invece importa! » Thomas si agitò sul sedile.
Newt roteò gli occhi. « No. Abbiamo messo in piedi la cosa del Babbo Natale segreto per una ragione... e poi questo è solo un pensiero ».
« Perché non sei venuto da Minho? »
Newt si immobilizzò, poi scosse la testa. « Ho avuto delle cose da fare. Niente di importante ».
« Che genere di cose? »
Newt inarcò un sopracciglio e Thomas arrossì. « Scusa », mormorò. « Minho ci ha detto di non preoccuparci, ma - ».
« Minho vi ha detto bene ». Newt si strinse nelle spalle, ma a Thomas non erano sfuggite l'improvvisa rigidità della sua mascella, la strana luce che gli aveva attraversato lo sguardo per un breve istante.
« Perché non riesco a crederti? »
Newt non rispose subito. Strinse i pugni e abbassò la testa. « Perché tu mi capisci meglio di quella testa di caspio ». Quando tornò a guardare in alto, aveva gli occhi lucidi. « È una cosa che mi spaventa, a volte ».
« Scusami ». La voce di Thomas tremava quasi quanto il suo cuore. Newt lo liquidò con un gesto della mano. « Non scusarti per la mia codardia, Tommy. Dovrei essere io a farlo ».
Thomas si lasciò sfuggire una risata priva di allegria. « Anch'io ho i miei momenti di codardia per cui scusarmi, ma non voglio che questo sia uno di quelli. Se c'è qualcosa che non va, Newt, sappi che puoi parlarmene ».
« Non voglio che i miei problemi ricadano sulle tue spalle. O su quelle di Minho o di chiunque altro ».
« Non sapere quello che ti succede mi farà sentire peggio ».
Newt roteò gli occhi e incrociò le braccia sul petto. « Bene così, allora. Sai perché vivo con mia zia, Tommy? » Thomas fece di no con la testa e Newt continuò: « Mia madre è morta qualche anno fa ».
« Mi dispiace ».
Le labbra di Newt si distesero in un sorriso amaro. « Anche a me ».
« Com'è successo? »
Newt si strinse nelle spalle. « Una malattia. Ava mi ha accolto in casa sua. È tutto ciò che mi resta della mia famiglia, o almeno lo credevo ». Strinse la mascella. « Mi ero abituato a tutto, Tommy, all'assenza di mia madre e ancor prima a quella di mio padre. Aveva abbandonato mamma prima che io nascessi. Non l'ho mai conosciuto ». Newt serrò le palpebre. Una singola lacrima sfuggì alla presa delle sua ciglia e gli rotolò lungo la guancia arrossata. Lui non l'asciugò. Allungò le mani sul volante e lo strinse finché le sue nocche sbiancarono. « Ieri mi stavo preparando per uscire. Hanno bussato alla porta e lui era lì. Avrei dovuto capire chi era nel momento in cui ho aperto la porta perché abbiamo gli stessi capelli biondi, gli stessi fottuti occhi scuri. Mi ha chiesto di vedere Ava. Quando lei lo ha visto ha cominciato a urlare e io ho creduto che fosse impazzita ».
Thomas abbassò lo sguardo. « Coltelli che volano? », chiese nel tentativo di sdrammatizzare, ma la sua voce era flebile come un sussurro. Tremava. Ciononostante, Newt annuì e sorrise tra le lacrime. Thomas pensò che fosse la cosa più bella che avesse mai visto e stava per dirglielo, ma Newt lo interruppe: « Non siamo arrivati ai coltelli, in effetti, però lei gli ha lanciato dietro uno scolapasta ».
« È un inizio ». Thomas si sforzò di sorridere e Newt fece lo stesso. « Avete parlato? »
« Ava lo ha cacciato via di casa. Lui ha detto che tornerà. Mi ha lasciato una cacchio lettera ma non ho voluto leggerla. È ancora sul mio letto ». Newt sbuffò e si passò una mano tra i capelli biondi. « Io non so cosa fare, Tommy. Non so cosa cacchio fare. Lui non doveva tornare, non doveva rovinarmi la vita ». Mentre pronunciava l'ultima frase, il corpo esile di Newt fu scosso dai singhiozzi.
« Newt - ».
« Come può pensare che di punto in bianco io cominci a fidarmi di lui? » Newt batté le mani contro il volante, i tratti del volto distorti dalla collera e dal dolore. Aveva le orecchie arrossate e le guance umide di lacrime. « Cosa cacchio si aspetta? Torna indietro dopo vent'anni e crede di poter aggiustare tutto con una dannatissima lettera del caspio? Crede di poter tornare di punto in bianco e cominciare a fare il padre perché nel frattempo gli sono venuti i sensi di colpa? Io lo odio. È tutta colpa sua! »
Newt lasciò che un braccio gli scivolasse lungo il fianco e si chinò in avanti, appoggiando la testa contro il volante, il volto affondato nell'incavo del gomito. Thomas sentì il respiro bloccarglisi in gola. Newt stava crollando di fronte ai suoi occhi e lui non poteva fare nulla per aiutarlo. Avrebbe voluto stringerlo tra le braccia, baciargli via le lacrime, accarezzargli la schiena, dirgli che tutto sarebbe andato bene, ma la verità era che lui non ne aveva idea. Allungò una mano verso l'altro ragazzo; quando questa ebbe sfiorato quella di Newt, lui si voltò, gli occhi gonfi di pianto animati da un guizzo di sorpresa. Non si ritrasse al contatto, ma osservò le loro dita intrecciarsi con le labbra ancora serrate. Tirò su col naso e aumentò la stretta.
« Mi dispiace, Newt ». Thomas gli si avvicinò quanto gli permetteva lo spazio angusto dell'abitacolo. Era scomodo. « A volte le persone fanno cose stupide. Non voglio dirti cosa fare, io per primo al tuo posto sarei così confuso... ». Scosse la testa e si portò la mano di Newt alle labbra. La baciò senza pensarci e il volto dell'altro divenne una maschera rossa, ma Thomas cercò di ignorare il groviglio di emozioni che gli si agitava nello stomaco. « Posso solo dirti che a volte le persone sbagliano. A volte se ne pentono. La maggior parte delle volte, in effetti. Forse dovresti dare a tuo padre una possibilità ».
« Non lo so, Tommy ».
« Hai ragione ad essere arrabbiato, ma pensaci. Leggi quella lettera. Potresti pentirtene se non lo fai ».
« Ci penserò ». La voce di Newt era un mormorio sommesso, quasi soffocato dalla nuova canzone: A Little Death dei The neighbourhood, con le sue note suadenti e morbide. Newt si agitò sul sedile e separò le loro dita intrecciate per asciugarsi le lacrime. Respirava bene, adesso, e tentava di darsi un contegno. Thomas capì che la loro conversazione sull'accaduto era finita e abbassò lo sguardo, lasciandosi cullare dalla musica. Fu ancora Newt a distoglierlo dai suoi pensieri: « Mi dispiace di averti coinvolto ».
Thomas alzò gli occhi al cielo. « Non dirlo. Gli amici servono in momenti come questi ».
« Comunque è stato piuttosto difficile tenere questa conversazione mentre te ne stavi lì con quel berretto in testa ».
Thomas scoppiò a ridere e si sfilò il cappello, osservandolo.
Dio, era davvero brutto.
« Sì, be', immagino sia stato difficile resistere alla tentazione di saltarmi addosso ».
« Non sai quanto ».
Thomas scrutò lo sguardo di Newt e lì, tra le sue iridi e nelle sue pupille dilatate, trovò una muta richiesta, quella di azzerare la distanza che li separava. Thomas l'assecondò e in un istante le loro labbra si scontrarono in un bacio violento, urgente, che aveva il sapore del sale e del tempo passato a desiderarsi in silenzio. Thomas sentì il fuoco divampare nel suo ventre ed entrargli in circolo: il suo sangue ribolliva come magma, sentiva il calore diramarsi in ogni sua vena, arteria e capillare, incendiandolo dall'interno. Credette di morire, di disfarsi sotto il tocco di Newt come cenere. Nel caos di pensieri che gli vorticavano sotto le palpebre, arrivò a pensare che morire in quel modo gli sarebbe andato bene. Sarebbe morto felice.
Si rese conto di trovarsi sui sedili posteriori dell'auto, seduto con la schiena appoggiata alla portiera, Newt spalmato contro di lui. I suoi capelli biondi gli carezzavano la fronte, le sue labbra erano premute contro il suo collo e poi sul suo mento, sulla mandibola e di nuovo sulla sua bocca, in una scia di baci senza filo conduttore.
Com'era possibile che una persona riuscisse a farlo sentire così?
Thomas tremava. Strinse a sé il corpo esile di Newt con maggior vigore, posandogli una mano sulla schiena. Nonostante fosse pieno inverno e si fossero rifugiati in un'auto ancor prima che sorgesse il sole, Thomas percepiva i suoi abiti come una prigione di cui liberarsi al più presto. Erano diventati stretti e scomodi, un impiccio di cui disfarsi subito.
Thomas fremette. Non riusciva a immaginare di potersi sentire meglio nell'arco della sua vita... e se Newt riusciva a farlo sentire in questo modo, cosa avrebbe provato con la sua anima gemella?
Isaac.
Quel nome fu come un flash nella sua mente. Gli paralizzò le dita, le braccia, la bocca ancora premuta contro quella di Newt. Il ragazzo si accorse che qualcosa non andava e si allontanò. « Che succede? », chiese a Thomas. Aveva le guance arrossate. Il suo petto si alzava e si abbassava a un ritmo frenetico e il suo respiro gli si condensava davanti alla bocca in piccoli sbuffi di vapore.
« Devo tornare a casa », disse Thomas. Pronunciare quelle parole gli provocò una fitta di dolore al centro del petto, ma la ignorò, divincolandosi dalla stretta di Newt. Il freddo lo aggredì come una belva feroce non appena si fu allontanato da quel corpo caldo.
« Tommy ». Newt si fece da parte, il volto contratto in una smorfia. « Scusa, mi dispiace. Non avrei dovuto farlo ».
« No, sono stato io a cominciare tutto. Non scusarti. Non è colpa tua ». Thomas afferrò il berretto dal sedile anteriore e aprì la portiera dell'auto. Quando uscì, l'aria gelida del primo mattino lo schiaffeggiò in pieno viso. Lui si strinse nelle spalle e richiuse lo sportello. Salutò Newt con un cenno della mano, facendo attenzione a non incrociare il suo sguardo, e si allontanò verso casa.

Thomas salì le scale senza preoccuparsi di far rumore. Entrò nella sua camera e si richiuse la porta alle spalle. Il cuore gli batteva all'impazzata nel petto e la sua mente era obnubilata dal vortice di emozioni che lo scuotevano, animando il suo ventre col battito di milioni di ali, piccole e sottili come quelle di un colibrì. Chiuse gli occhi e premette la schiena contro il legno. Strinse i pugni e si lasciò scivolare verso il pavimento.
« Dannazione », mormorò.
Con che faccia sarebbe riuscito a guardare Newt negli occhi, d'ora in poi? Avrebbe dovuto fingere che non fosse successo niente? Non poteva farlo, non ci sarebbe mai riuscito.
Affondò il viso tra le mani. Quel bacio avrebbe complicato le cose. Sentiva che qualcosa, nella sua testa, si era lacerato per sempre e aveva la netta sensazione che si trattasse del suo autocontrollo: aveva passato le ultime settimane ad arginare i sentimenti che Newt evocava in lui, ma quel bacio li aveva risvegliati con prepotenza e li aveva alimentati, facendoli divampare come fuoco vivo.
Il cellulare vibrò nella tasca dei suoi jeans. Newt gli aveva mandato un messaggio: "Buon Natale, Tommy".
Thomas si passò una mano tra i capelli e lasciò cadere il suo berretto sul pavimento. Il cuore gli si strinse in una morsa quando ricordò l'altro regalo: aveva lasciato in auto il suo CD.

Il tuo nome sul mio polso - NewtmasWhere stories live. Discover now