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«Dimmi subito che diavolo vuoi!», replicai con uno spintone.

Avevo tutte le intenzioni di sbattere la porta su quella faccia da schiaffi.

Lorenzo fece scendere lo sguardo sul mio corpo, così io mi nascosi istintivamente dietro alla porta, per celare le mie gambe scoperte.

«Stai mezza nuda».

«Se avessi saputo della visita di Mr. Maniaco avrei messo anche dei pantaloni oltre alla maglia del pigiama, non credi?».

Il mio tono di voce fu sorprendentemente sicuro, ma mi feci sempre più piccola dietro alla porta.

«Che c'è, ti nascondi Ferrari?».

Lorenzo alzò il sopracciglio e io mi accorsi che stava per fare capolino quel ghigno odioso.

«Ma figurati», dissi pur di contraddirlo.

«L'ho visto il tuo fisico da "suora in vacanza con l'oratorio", stamattina».

E fu così che il sorrisetto da ebete fece la sua totale apparizione.

"Ma che problemi neuro-cerebrali ha questo tizio?".

Non feci in tempo a domandarmelo che Lorenzo entrò nel mio bungalow con prepotenza, come se quella fosse casa sua, poi si guardò intorno con fare curioso.
Mi abbassai istintivamente la canottiera per coprirmi i fianchi, rimanendo appiccicata al muro.

«Paura che inizio a guardarti il culo?».

"Cavolo, sì".

Indietreggiai ancora di più, prima di rispondergli a tono.

«Ah, come se non ne fossi il tipo, Gherbini!».

«Già fatto in spiaggia, tesoro», rispose guardandomi con aria strafottente.

Mi diede sui nervi la naturalezza con cui lo confessò, così come quel tono basso che usava per parlarmi.

«Coosa???»

«Beh? Avevi quel costume...»

«Avevo un normalissimo costume!»

«Stile mutandone della nonna. Lo so, le ho viste!», ridacchiò come un bambino stupido.

«Che cosa diavolo vuoi da me? Me lo vuoi dire?!».

A quel punto ero davvero esausta, ma la sua richiesta mi lasciò di stucco.

«Posso stare un po' qui?».

Lorenzo mi si avvicinò, facendomi degli occhi innocenti.

"Altra cosa che non sopporto: la sua voce odiosa", me lo dissi registrando mentalmente il suo timbro graffiato e vagamente seducente.

«Stai scherzando vero, Gherbini?????».

«No. Cioè...voglio dire... e dai...».

Mi si mise accanto e con l'indice prese ad accarezzarmi il braccio come un gatto che adula un umano per ottenere del cibo. Provai un brivido così fastidioso che mi tirai indietro e gli lanciai un'occhiataccia. Lorenzo in tutta risposta cominciò a fissare i miei capelli.
Alice diceva che erano belli cosi com'erano, castani con i riflessi biondi al fondo, ma a me sembravano solo un impasto andato a male. Un giorno la mia amica mi disse che il mio colore naturale era troppo noioso e che avrei dovuto tingerlo a tutti i costi, così le diedi ascolto e feci delle schiariture. Col sole però, il giallo stava uscendo prepotentemente e a me sembrava solo di avere un pastrocchio in testa.

«Sofia, senti...».

Il nevoso raggiunse un picco inimmaginabile, quando Lorenzo Gherbini osò pronunciare il mio nome per intero.

#ODIetAMODär berättelser lever. Upptäck nu