"Ciao Anna, ci vediamo domani". Claudio saluta la sua collega infermiera che, a differenza sua, ha il turno di notte. "Ciao Cla, cerca di svagarti un po' stasera, lavori troppo". Claudio annuisce a quella frase che si sente sempre dire. Oltre a quella, nel repertorio "etichettiamo Claudio all'apparenza", c'è anche: perché non sorridi mai? Perché mi guardi male? Ma perché il tuo amico sta lì in disparte? Non prendere tutto sul serio. Togliti quella scopa dal culo. Claudio le sa a memoria. Fatti i cazzi tuoi è il suo mantra. Ormai si è anche stancato di doversi spiegare ogni volta. Giuro, se mi conosci un po', non sono così, anzi. Oppure, magari se non rido spesso, o se la mia espressione suggerisce altro, potrebbe voler dire che qualcosa mi ha tolto la voglia di ridere, o semplicemente che questa è la superficie che vedi tu, ma se fossi più sensibile vedresti oltre. Queste sono le risposte che vorrebbe dare a chi se le merita. Più in generale, pensa un più spontaneo: ma perché, tu che ridi per ogni cazzata come se il senso dell'umorismo fosse sopravvalutato, sei molto meglio? Bo, in entrambi i casi lascia perdere e accetta che la gente lo veda così, per quello che non è, o forse, per quello che ha smesso di essere. Per fortuna ha amici che lo conoscono da tutta la vita, con cui si sente libero di essere come vuole.Claudio ha quasi trent'anni e lavora come infermiere in un ospedale di Roma. Si trasferì per studiare nella capitale, quando ne aveva diciannove , e non è più tornato a casa. Ha avuto la fortuna di amare lo studio, di avere una passione, e questo gli ha portato soddisfazione da una parte e disciplina dall'altra. Claudio apprezza l'impegno, le cose fatte bene, la precisione, mirare a degli obbiettivi, incanalare l'energia nella ricerca di risultati. È consapevole di aver soppresso tutta una parte di sé che ha uguale, se non maggiore, importanza. Ma che ci vuoi fare? Sono cose che non si decidono, una somma di avvenimenti, il frutto di un percorso.
Claudio sale in macchina e raggiunge casa sua. Convive da sempre col suo migliore amico Paolo, trasferitosi con lui in tenera età. Paolo non è per niente come Claudio. Paolo è la parte leggera di Claudio. La festa, le uscite, la vita sociale. Senza di lui Claudio si sarebbe trasformato in un topo di biblioteca e difficilmente ne sarebbe uscito. Per fortuna c'è sempre stato Paolo a trascinarlo fuori da quelle quattro mura. "Oh Cla, era l'ora, muoviti che tra poco inizia". Claudio chiude la porta, tira le chiavi sul piano cucina. "Stavo lavorando eh, stavo salvando vite. Tu che hai fatto a parte bere, mangiare, e scopare?". Paolo alza gli occhi al cielo. "Dai Clark Kent, l'abbiamo capito che senza di te il mondo finirebbe, ma adesso vatti a preparare che la mostra inizia e io di lui non mi voglio perdere nemmeno un respiro". Paolo sono giorni che dice a Cla di questa mostra. Un artista conosciuto nel giro romano, un ragazzo giovane che Paolo ha trovato in più occasioni. Ne parla come se fosse il nuovo Picasso ma il metro di giudizio di Paolo è poco affidabile. Per lui è sempre tutto al massimo. Claudio ha accettato per farlo smettere di parlare, inutilmente. Non si è interessato all'artista, più che altro vuole fare un'uscita diversa dal solito locale. "Vado, tu vestiti però che ci metti sempre un'eternità". Paolo gli fa la linguaccia. "Beh, tu ti vesti sempre uguale, facile così". Claudio non lo ascolta nemmeno, le solite cose. Si fa la doccia, si asciuga, apre l'armadio, e in effetti sa che si veste sempre con un paio di jeans ed una camicia bianca come le pareti dell'ospedale, ci prova pure, apre un cassetto in più, ci riflette mezzo secondo, ma poi sceglie sempre la stessa cosa. Lui si sente bene così. Paolo tutto al contrario. Pantalone di pelle nera attillato, gilè di pelliccia finta, canottiera semi trasparente sul rosa andante. Insieme sono un pugno in un occhio ma si vogliono bene così. Escono.
Ah, Claudio è bello come il mare.
Paolo lo odia per questo, lo odia per il bene che gli vuole. Potrebbe avere qualsiasi persona e invece sta sempre a cercare l'uomo perfetto, come se dovesse rispondere a dei requisiti legali. Lo mangiano con gli occhi e lui nemmeno se ne accorge. Ha avuto storie con uomini che Paolo preferirebbe buttarsi sotto un tir piuttosto. Tutti d'un pezzo, mai un bottone fuori posto, toni di voce lenti e soporiferi, l'emozione di un documentario sulle funzioni della cistifellea. Tutti e dico tutti stracazzo di dottori. Ma tanto, a Claudio entra da un orecchio ed esce dall'altro.Dopo svariati giri dell'isolato riescono a parcheggiare. A fine aprile la temperatura è perfetta ed i colori sono nitidi. Intravedono una folla davanti ad una grossa specie di serra vetrata e molto illuminata. Claudio già si maledice per aver accettato. Sarà pieno di artisti del cazzo, hipster che si credono i nuovi Kafka, personaggi da teatri di quarta mano, e nessuno con cui fare un discorso serio. Paolo al suo fianco sta quasi saltando dall'emozione. "Cazzo Cla, guarda quanta gente". La felicità nei suoi occhi. "E poi stupendo con quelle luci, guarda quei neon colorati. Dovremmo metterne due in salotto". Si certo, come no. Paolo è incontenibile e infatti dopo poco è già molto avanti rispetto a Claudio che lo perde in quel miscuglio di gente strana. Claudio sente già uno sbadiglio salirgli per la gola ed è indeciso se tornare verso casa facendo una bella passeggiata, oppure sorbirsi quelle chiacchere di facciata che sopporta a malapena.
L'unico motivo per cui decide di entrare è Paolo e il fatto che non gli affiderebbe la sua macchina nemmeno morto ma non vuole neanche lasciarlo lì a piedi ubriaco. Poi si porta a casa tizi assurdi che sporcano il bagno e non si schiodano di lì per minimo tre giorni. No grazie. Entra.Claudio va dritto verso il bancone e si ordina il suo preferito, lo stesso di sempre, senza eccezioni. "Un whisky invecchiato di più anni possibili". Sa che è un modo strano di ordinare ma non fa una piega, quello è ciò che vuole. Con il bicchiere in una mano e l'altra totalmente nella tasca dei jeans, inizia a girare per la galleria. Già che siamo qui. Lui di arte non ci capisce molto, soprattutto di quella moderna, senza contorni precisi e forme che abbiano un senso. Apprezza i grandi classici per il lavoro enorme dietro ad essi. Tutto ciò che viene prodotto oggi gli sembra il risultato di quattro pennellate messe lì. E infatti, la sua espressione denota disprezzo per il quadro di fronte a lui. Qualcuno si posiziona al suo fianco. Claudio non si gira a guardare. Eccoci, ora si parte.
"Mm, c'è troppo rosso". Claudio viene sorpreso da una voce profonda. Gira veloce lo sguardo e intravede un ragazzo con i capelli neri, vestito con un completo nero ma, sotto di esso, una maglietta con strani disegni. Il ragazzo ricambia lo sguardo e Claudio torna subito verso il quadro in silenzio.
"E poi si vede che ha un tocco pesante". Claudio inizia a muovere il ginocchio nervoso. Ma che vuoi? Vai a commentare con i tuoi simili. Il ragazzo si avvicina. Claudio si irrigidisce e guarda dall'altra parte. "Scommetto che anche a te fa schifo. Si vede da come lo guardi". Claudio aggrotta le sopracciglia. Che ne sai tu di come lo guardo io? Alza le spalle. "A me fa schifo in generale l'arte moderna. Non so nemmeno perché sono qui". Sente un sorriso sul volto del ragazzo che sospira. "Beh si, in effetti non mi sembri il tipo. Tu sei più da concerto di Beethoven e letture di poesie in prosa con un..". Il ragazzo si sporge, annusa, "whisky". Claudio alza un sopracciglio. "Complimenti, sei scontato come il resto dell'umanità". Il ragazzo si morde il labbro per non ridere. "Sei tu che rendi il tutto così ovvio e scontato". Claudio non capisce la libertà che si prende questo qui. Sta per rispondere con un Fatti i cazzi tuoi, quando il ragazzo si passa la mano tra i capelli sospirando, muovendosi verso Claudio per poi fermarsi dietro di lui e avvicinarsi con il viso.
"Vado via perché mi stai annoiando. Peccato, con quel fisico che ti ritrovi potresti essere la mia nuova musa". Se na va lasciando Claudio a fissare il quadro cercando di capire. Nemmeno il tempo di farsi domande che gli arrivano risposte. Paolo arriva alle sue spalle all'improvviso stringendolo con le braccia. "Cla ma che cazzo fai?". Claudio cerca di liberarsi. "Lasciami Pà smettila". Paolo toglie le braccia. "Parli con lui e non mi chiami?". Claudio fa un'espressione perplessa. "Con lui chi?". Paolo si mette una mano sulla fronte. "Dio Cla ma possibile? Vai ad una mostra e non cerchi nemmeno qualche informazione?". Claudio alza le spalle. "Di solito vado a mostre di artisti che già conosco e che sono morti". Paolo annuisce ironicamente per la grande novità. "Tu e i tuoi morti vecchi via da me demonio. Mentre pensi a loro sappi che hai appena parlato con l'artista di questa mostra vivissima. Hai parlato con uno dei ragazzi più in vista nella scena romana. Spero tu non l'abbia traumatizzato povero tesoro, Mario è un vulcano di energia". Claudio rimane sorpreso in modo strano da quelle parole. Che figura di merda cazzo. E poi quello che gli ha detto alla fine, la mia nuova musa.
E così, senza volerlo, si ritrova a girare lo sguardo nella grande stanza luminosa e a chiedersi chi fosse la sua vecchia ispirazione.

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Come zingari nel deserto
Fanfic#1 in Fanficiton - COPYRIGHT TUTTI I DIRITTI RISERVATI Ciao amici. Lori è sempre con voi. Questa è la storia di Mario e Claudio. Un'altra storia frutto della mia fantasia, niente a che vedere con la loro unica storia reale. Questa è la storia di u...