Capitolo IX.

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Non appena entrai in casa del biondo mi resi conto che la verità doveva venire per forza a galla in qualche modo. Così gli raccontai tutto. Non solo dell'improvviso abbandono di mia madre: tutto quanto fin dall'inizio. Il biondo mi ascoltò tutto il tempo con uno sguardo profondissimo e interessato, che quasi mi sorprese a primo impatto. Era come se mi stessi sfogando per la prima volta con qualcuno. I miei migliori amici sapevano già da tanto tempo, ci ero cresciuto insieme. Ma raccontare tutto quanto a qualcuno che è entrato da poco nella tua vita, che vuole saperlo davvero, è un'emozione a dir poco liberatoria. Mi sentivo come ad una seduta da uno psicologo. Con la differenza che primo, non ero mai stato da uno psicologo, secondo, ero andato a letto con quella persona, terzo non era uno psicologo e probabilmente sarebbe scappato a gambe levate.

E invece Newt fece proprio il contrario. Si limitò ad una sola, piccola e semplice domanda.

"Ma tu...tu come hai fatto?"

"Come ho fatto?"

"A superare tutto questo. Sei da ammirare e non sto scherzando."

"Sarò anche da ammirare, ma adesso mi ritrovo qui da solo. Bel ringraziamento eh, il karma?"

Mi misi le mani nei capelli, ne avevo abbastanza di tutto questo, di tutta quella sploff che mi circondava dal mattino alla sera da anni interi. Ne avevo abbastanza.

"Devo andare."

"Dove?"

"Devo pensare a che cacchio fare adesso."

"Senti, tu mi hai raccontato e ti sei confidato, io adesso voglio aiutarti."

"Certo, e cosa vorresti fare? Aspetta! Ho un idea: ci sposiamo e adottiamo tanti bambini, andiamo a vivere in una casetta di marzapane circondata da arcobaleni e gattini danzanti. Che ne dici?"

Il mio tono era ovviamente sarcastico.

"Thomas, smettila. Sono serio come non lo sono mai stato."

"Guardiamo la realtà in faccia: io sono un poveretto abbandonato senza l'ombra di nessuno e senza speranza e che paga a malapena le bollette. Tu sei un figlio di papà con una una bellissima casa e tutto quello che desidera. Perché?"

"Posso dirti una cosa? Dovresti smetterla di farti tante domande e lasciarti aiutare per una volta, dannazione! E per la cronaca: non sono un figlio di papà. Mio padre sa a malapena come mi chiamo. Sono fortunato ad avere una bella casa? Certo, ma chi ti dice che ricchezza  uguale felicità? Non è così semplice."

"I non voglio i tuoi soldi, non voglio nessun cacchio di aiuto. Mi hai sentito?"

"Chi ha parlato di soldi? Me lo spieghi? Il mio discorso era riguardante un'altra cosa."

"Potresti avere tutti i ragazzi che vuoi e una vita più tranquilla comunque. Che te ne frega?"

"Sei davvero pesante, Thomas. E ti giuro che se non mi piacessi a tal punto sarei capace di lanciarti il telecomando."

"Mi immaginavo tipo un discorso più compassionevole vista la situazione, ma okay."

"Ricorda: la compassione sempre fino ad un certo punto. Poi ci vogliono le batoste, o chi si rialza?"

"Io mi sono sempre rialzato senza l'aiuto di nessuno. Non ho bisogno di lezioncine. "

"E se per una volta, qualcuno volesse starti vicino in modo diverso?"

"Non saprei che fare perché...insomma è una situazione strana e basta."

"Provaci e basta."

"A fare che cosa?"

"Fidati di me. Ti aiuterò ad uscirne. E se vuoi cercheremo tua madre insieme."

"È impossibile, non ho idea di dove sia andata!"

"Magari ha lasciato qualche indizio."

"Certo, molliche di pane."

"Sei fissato con queste favole."

"Non mi sembra il momento di scherzare."

"Okay, tralasciando tutto questo per un attimo: ti farebbe proprio schifo l'idea di diventare il mio ragazzo?"

"Ti giuro che adesso avere un ragazzo è l'ultimo dei miei problemi."

"Lo capisco bene, ma siamo stati insieme..cosa siamo allora?"

"..Non lo so?"

"Non ti colpisce nemmeno un pochino che io voglia stare con te nonostante la situazione?"

"In effetti, mi sembri fulminato."

"Un'altra persona ti avrebbe mandato a quel paese un milione di volte, ma tu continui a piacermi. Divertente."

"Non so nemmeno come si fa a comportarsi da ragazzo, è una follia. Ma tu mi piaci..cioè anche tu..nel senso."

"Sei adorabile."

"Certo, proprio l'aggettivo che mi si addice."

Sospirai rumorosamente e mi appoggiai con la schiena sul divano rosso. Newt si alzò dal suo posto e si avvicinò a me.

"Dopo questa aperta discussione...non so come ci si senta ad essere abbandonati in una situazione simile quindi non posso dire che ti capisco, Tommy. Ma so cosa significa perdere per sempre un genitore. È  brutto. Tua madre non è morta. Non è tutto perduto. Qualcosa si può fare, questo te lo assicuro. E tu? Tu sei forte come ha detto lei. Al diavolo. Te la sei sempre cavata in tutto quanto e continuerai a farlo. Per il resto, smettila di farti domande e crogiolarti negli stereotipi della società. Smettila. Okay?"

Newt pronunciò quel discorso fissandomi negli occhi, che brillavano di luce propria, e io rimasi rapito da quelle parole. Come potevo essere stato così sfortunato e nel frattempo così fortunato?

Mi avvicinai al suo viso e sfiorai la sua guancia rosea e chiara con le mie labbra.

"Penso che potremmo provarci. Io non voglio e non posso permettermi di deprimermi. E smetterò di assillarti con queste domande accettando il tuo aiuto..o almeno ci proverò."

Newt aveva le guance arrossate e la bocca incurvata, palesemente emozionato ma trattenuto. Probabilmente si tratteneva per non mettermi in soggezione. Carino da parte sua.

"Sono contento. Tanto. Ti assicuro che di me ti puoi fidare."

Non so come, ma mi ritrovai ad avere le mani intrecciate alle sue in poco tempo. Mi sentivo a casa anche se una casa non ce l'avevo.

Hope || NewtmasDove le storie prendono vita. Scoprilo ora