III

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Mustafà aveva fatto di lei la sua serva personale, che amava maltrattare e sottomettere a suon di frustate violente sulla schiena. Si era dovuta piegare, dopo una settimana di soprusi, accettando, non senza ribellarsi ogni volta, ogni ordine che le veniva imposto.
I suoi genitori e la sua famiglia non avevano ancora trovato il modo di venirla a liberare; probabilmente stavano elaborando un piano vincente per poterla salvare, senza provocare un gran numero di morti. Essendo una persona molto influente e avendo a disposizione un intero castello in una provincia dell'impero, Mustafà doveva anche disporre di un gran numero di soldati pronti a dare la vita in caso di attacchi esterni. La loro ciurma contava un numero cospicuo di pirati, ma non abbastanza per poter sconfiggere un intero esercito di eunuchi neri.
La teneva lontana dalla famiglia, ovvero dai figli e dalla moglie, e lasciava che si affiancasse solo ai servi, una volta schiavi, provenienti da altre terre.
Il primo giorno di prigionia era stata rinchiusa in una angusta cella che puzzava di piscio, escrementi e paglia; un mix che le faceva rivoltare lo stomaco. Lei era riversa per terra con un brutto taglio in testa che sanguinava ancora un po' e sicuramente era più pallida del solito. Mustafà era entrato con sguardo trionfante, disarmato e felice, dopo aver mandato via le due guardie che sorvegliavano la cella. Zafiraa si era ricomposta velocemente, non volendo far trasparire il suo malessere. Si sentiva profondamente debole. Aveva messo su la sua solita maschera di ghiaccio, priva di emozioni e impenetrabile a tutti, tranne alla sua famiglia. Il suo sguardo, due occhi di un verde particolare, era gelido.
-Eccoci qui, io e voi, Zafiraa. Direi che adesso il vincitore sia io e non più voi. - Il turco ghignò, avanzando di qualche passo verso la nemica. Zafiraa notò con grandissimo piacere ch'egli aveva ancora il viso tumefatto da tutti i suoi colpi.
-I giochi non sono ancora finiti, Mustafà. Che cosa volete da me? Uccidermi, torturarmi? Fate pure, ma aspettatevi la mia vendetta. -
-Non potrei mai uccidervi, voi mi servite, mia cara strega. Siete molto più importante di quanto pensiate. Adesso mettetevi questo. Vestitevi da donna, com'è giusto che sia. -
-Io mi vesto come diavolo mi pare e piace. Non sarete di certo voi a dirmelo con le vostre idee da signorotto turco. Non sono una donna qualunque, sono una pirata, il futuro capitano di una nave. -
-Non fatemi ridere. Non vedrete mai più il mare o una nave in vita vostra, ladruncola che non siete altro. Potete dire addio a tutto ciò che eravate, adesso siete una serva, la mia serva e come vostro padrone, io esigo che vi vestiate come tutte le altre donne. -
-Mai, mai obbedirò a questo vostro ordine, Mustafà. -
Un sonoro schiaffo le fece girare la testa; ne aveva avuti così tanti da quelle mani grandi e callose che ormai non le facevano più male. Bastò solo quello per farla arrabbiare e saltargli addosso. Lottarono vivacemente, prendendosi a pugni, schiaffi, morsi, dicendosi le peggio cose, ma Zafiraa non era forte abbastanza per tenergli testa, ecco perché lui riuscì a placcarla al suolo. La teneva ferma con il peso del suo corpo, mentre le braccia con le mani. Avvicinò il viso a quello della donna, ghignando divertito. -Siete mia ora, non potete fare nulla per liberarvi. Posso fare di voi ciò che più mi aggrada. - Zafiraa gli sputò in faccia, girando il viso di lato per non guardarlo. Mustafà con movimento veloci le strappò tutti i vestiti, la giacca pesante, la camicia bianca e larga e i pantaloni, avendo la decenza di lasciarle solamente la biancheria, ovvero una canottiera bucherellata in lana, dei pantaloncini in cotone e gli stivali neri. Le fece indossare l'abito grigio, che le lasciava scoperte braccia e spalle, ma che aderiva troppo al corpo, evidenziando le sue forme.
Mustafà la fece sollevare, guardandola attentamente per tutto il tempo. Sembrava una poco di buono, poiché il vestito le metteva in evidenza il seno in modo poco elegante. Era bella, questo glielo concedeva, una bellezza delicata che veniva celata dagli abiti maschili e dal comportamento rozzo. I capelli completamente bianchi li aveva legati, ma le arrivavano fin sopra il sedere, gli occhi da cerbiatta erano di un particolare verde, sembravano ci fossero delle sfumature marroncine, le labbra piccole ma carnose, che sanguinavano dopo i colpi ricevuti.
-Smettetela di guardarmi così. - Mustafà si passò la punta della lingua sulle labbra, deliziato dal metterla in imbarazzo. Si avvicinò ancora una volta, ma lei non si mosse, non aveva paura. E con un movimento veloce le afferrò i capelli, slegandoglieli, fece sì che le ricadessero sulle spalle per studiarli meglio. Non ne aveva mai visto di quel genere. Sapeva esistessero dei tipi di capelli molto chiari, una delle sue favorite li possedeva poiché di origini nordiche, ma bianchi... completamente bianchi, mai li aveva visti.
-Io posso fare tutto ciò che voglio, Zafiraa. Tutto di voi è mio, t u t t o. -
Zafiraa cercò di colpirlo ancora una volta, ma Mustafà la bloccò, sbattendola contro la parete in roccia. Il labbro continuava a sanguinarle e per provare ancora una volta il suo potere su di lei, lo leccò sulla ferita, sentendo il suo gemito di disgusto.
-Ah, considerato che adesso sei una mia serva, posso liberamente darti del tu. -

Rinnegati: Neve e FuocoWhere stories live. Discover now