Epilogo

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Ogni giorno d'un passo scendiamo nell'Inferno,
senza orrore attraversando un puzzo di tenebra.”

Charles Baudelaire.




Otto anni più tardi...



Fu come vedere un fantasma per il Magnifico.
I suoi capelli bianchissimi, gli occhi chiari e l'aria viziosa poteva riconoscerli ovunque, perché lei, quella che aveva osato rimettere piede nel suo impero sapendo di poter venire uccisa, adesso aveva il coltello dalla parte del manico.
Una bella corona brillava sulla sua testa piccola, sulla quale erano ricomparsi i suoi folti capelli di quel colore particolare, malato, maledetto. Non indossava più abiti stracciati, luridi, puzzolenti, ma delle migliori fatture, preziosi, profumati; ne cambiava tre al giorno a seconda delle occasioni.
Erano passati otto anni, dal giorno in cui aveva ucciso suo figlio, rovinato la sua famiglia e la sua esistenza. Otto anni nei quali il fantasma di Mustafà, di Hurrem e Ibrahim non facevano altro che colpevolizzarlo per le sue mani sporche di sangue, traditrici.
E proprio quando aveva quasi dimenticato e la sua salute mentale si era risollevata dal baratro, lei ricompariva. Zafiraa, ora regina e consorte del re di Danimarca.
Aveva ventisei anni e anche per lei il tempo era passato, poiché le prime rughe cominciavano a farsi notare.
Il re danese, grande amico di Mustafà, gli aveva inviato una lettera nella quale chiedeva il permesso di venire a trovare la tomba del suo grande amico con la moglie e il figlio, dopo aver saputo della sua tragica morte.
Il sultano aveva accettato, non avendo nulla da obbiettare. Non aveva idea che Zafiraa gli si sarebbe palesata davanti agli occhi e soprattutto con un bambino di otto anni dai capelli scurissimi e ricci e gli occhi azzurri-verdi, che poteva essere la copia sputata di Mustafà. Aveva portato suo nipote, il suo primo nipote, quello che aveva rinnegato, sotto i suoi occhi malati e confusi. L'aveva chiamato Poul, un nome che non corrispondeva assolutamente con il sangue che gli scorreva nelle vene, sangue ottomano, fiero, dei più puri e valorosi.
Selim era seduto sul suo trono, quando erano entrati i tre. Prima il re danese, Jens Jonsen con la sua aria gentile, dagli occhi chiari e i capelli scurissimi; poi Zafiraa con il vestito verde ricamato con pietre preziose e una corona che brillava perfettamente sulla sua bella testolina e infine Poul, ancora impacciato, dagli occhi curiosi e stupiti da tanto lusso e sfarzo. Guardava il vecchio viso del sultano, i suoi occhi gentili, da dietro la gonna della madre, sembrava molto timido. Ma infondo, gli europei avevano un diverso modo di allevare i propri eredi.
I tre si erano inchinati davanti e Selim e lui aveva fatto lo stesso, baciando la mano bianchissima della regina, che non riusciva a nascondere il disgusto e la sfida nei suoi occhi chiari. Era lei a parlare per tutti, poiché era l'unica a conoscere la lingua. Jens si guardava intorno, così come il figlio.
-Vedo che abbiate portato mio nipote, vostra maestà. - Gli occhi del sultano scivolarono sul viso del bambino che si nascose dietro la madre. Zafiraa alzò un sopracciglio, guardandolo. -Non è mai stato vostro nipote. I suoi nonni sono in Danimarca, lì dov'è nato e cresciuto. Qui non avrebbe avuto nulla, se non vedere la morte del padre, ucciso dal suo stesso nonno. - C'era dolore nei suoi occhi, tanto dolore. Non sarebbe passato mai, lo sapeva Selim, si sarebbe solo affievolito, ma sarebbe sempre stato lì, a ricordargli che cosa aveva perduto.
-Ho notato che non ci avete messo molto a rimpiazzare mio figlio. -
-Avete perso anche il diritto di chiamarlo a quel modo. Voi non siete un padre, siete un mostro egocentrico. Non sarei mai tornata in questa terra maledetta se non fosse stato per Jens. Era molto legato a Mustafà e vorrebbe visitare la sua tomba. -
-Badate a come parlate, mia cara, non siete più in Europa, qui le donne non possono esprimere la loro opinione così facilmente. -
-Qui le donne trovano altri modi per esprimersi, sua magnificenza, come ad esempio stregare talmente tanto i mariti da renderli come giocattoli tra le loro mani. Vostra moglie è stata una bravissima giocattolaia, devo dire. -
-Hvad er der, min dronning? -
-Intet, vi diskuterer, min kærlighed. -Zafiraa sorrise al marito dolcemente. Amava Jens, ma non nel modo in cui amava Mustafà. Mai come lui, nessuno come lui. - Mio marito vuole sapere quando possiamo vedere la tomba. -
-Andate. Prima lasciate questo paese, meglio mi sentirò. -
-Il sentimento è ricambiato. Lad os gå. -
All'ordine della sovrana, figlio e marito si inchinarono e andarono avanti, seguendola. Sapeva la strada, era inutile sprecare il suo tempo e la sua compagnia con un figlicida.





Rinnegati: Neve e FuocoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora