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Costantinopoli, qualche settimana dopo.

-Sono passati anni dall'ultima volta che sono venuta da te, amore mio. Diciotto oggi, che la ferita che hai lasciato nel mio cuore sanguina senza mai smettere. Percorro ogni corridoio, ogni stanza, ogni angolo del giardino nella speranza di incontrarti, di vedere il tuo fantasma almeno... Ma tu non ci sei, sei sepolto su questa collina, lontano dagli altri Gran Visir, lontano dal tuo castello, dal tuo migliore amico, dai tuoi due figli e dalla donna che ti ha amato e che continua ad amarti con tutta se stessa.
Oh, Ibrahim, se potessi tornare indietro farei di tutto per salvarti. Sono stata accecata dal potere e dai soldi per chiederti di fuggire con me e probabilmente lo eri fin troppo anche tu. Mi manchi così tanto che la notte mi sveglio urlando, ma al mio fianco non ci sei tu, c'è il tuo assassino, che ho perdonato perché amo, mio malgrado.
Ho cercato di smettere di pensarti per tutto questo tempo, ecco perché non sono venuta a trovarti per sedici lunghi anni, ma non ci sono riuscita. Oggi sono qui perché ti devo dare due notizie, entrambe cattive, anche se suppongo tu le sappia già. - Ci fu un'improvvisa brezza che mosse i capelli rossi della sultana. Roxelana sorrise e accarezzò la lapide senza nome, che riportava solo la data della sua morte. -Drake e Fiammetta sono morti, li ha ammazzati Mustafà in modo atroce per ordine di Selim. Questa terra ci ha portato tanta ricchezza e potere, ma a quale prezzo se tutto ciò che abbiamo lo viviamo nella tristezza e nella solitudine?
Ma le cattive notizie non finiscono qui... Nostro figlio sta morendo, affoga nel suo stesso sangue e non ha più via di scampo. Ti prego di vegliare su di lui, portalo con te, quando sarà il momento. Ha solo diciotto anni, è troppo giovane e non è mai uscito da palazzo. Quella maledetta strega, è stata lei a maledirlo, rendendo i suoi capelli e la sua pelle bianchi come un lenzuolo. -
Si zittì, versando altre lacrime. Non poteva sopportare la perdita di un figlio, soprattutto il primo, quello concepito con Ibrahim, l'amore della sua vita.
-Nostra figlia invece è stata catturata ed ora vive con noi a palazzo, assieme a tuo nipote Alexandros. Stanno bene, se la cavano, nonostante svolgano lavori pesanti ed umilianti, ma tengono duro. Si chiama Zafiraa e sembra essere uscita dalla tua costola, per quanto ti somiglia. Avete gli stessi modi duri e le occhiatacce gelide, gli stessi occhi di quel verde particolare e lo stesso bel viso. Ma nonostante ciò, sembra stare bene e non soffre degli stessi problemi di salute di suo fratello. Devo fare in modo di farli incontrare, amore mio, non possono sapere l'identità l'una dell'altro perché sarebbe troppo pericoloso, ma devo farli incontrare, chissà che, così facendo, Mehmed si riprenda... -
Roxelana, perché lei non aveva altro nome al di fuori di quello, accarezzò la tomba del suo amante, immaginando di fare lo stesso col suo viso.
Erano passati anni e se lo era dimenticato con il passare dell'età, ma ricordava qualsiasi momento trascorso con lui, il loro primo incontro e tutti i bisticci. Ricordava il loro primo bacio, avvenuto tra sangue, fuoco e neve... Ricordava tutto.
E ricordava anche, in quella piovosa notte di diciotto anni prima, di come avevano rinnegato la loro unica figlia, separandola dal fratello gemello, tutto per salvarla dalla morte.
Eppure nonostante i loro sforzi il destino della sua famiglia e della sua discendenza era stare in quel maledetto palazzo, essere schiavizzata da quel maledetto popolo e privata della loro libertà, così cara e vitale.
Zafiraa avrebbe sofferto e se le andava bene, avrebbe avuto anche momenti di gioia. Si trovava nell'unico posto dove avrebbe potuto avere delle risposte, vicino a sua madre, a suo fratello e nel luogo in cui suo padre visse tutta la sua vita prima di morire, ma nessuno di loro si sarebbe avvicinata a lei, reclamando diritti famigliari che ormai non spettavano più. I suoi genitori erano stati Fiammetta e Drake e adesso erano morti. Suo fratello era Alexandros ed era riuscito a scampare alla morte per miracolo, ma per quanto ancora?
Zafiraa, si rassegnò Roxelana, era solo una estranea, una figlia morta, un fantasma mandato da Allah per torturarla. Zafiraa non era più sua figlia.



-Che cosa succede qui? - Mustafà li sorprese all'improvviso e Bayezid sorrise in modo angelico, nascondendo Zafiraa alle sue spalle. La collana brillava nella leggera scollatura pallida del vestito celestino che indossava. Gliel'aveva appena regalata il principe, dicendole che la pietra portava il suo stesso nome. Si trattava di uno zaffiro, tra le più belle pietre preziose e di colore blu, che richiamava dolorosamente il colore degli occhi di suo padre, Drake.
Zafiraa l'aveva guardata e qualcosa all'interno del suo petto le aveva fatto male, un dolore così acuto, affilato, insopportabile che provava solamente quando ripensava alla morte dei suoi genitori.
-Assolutamente niente, caro fratello. Io e la tua serva stavamo solo parlando. - Bayezid era un bel ragazzo. Di un solo anno più piccolo di lei e per i tratti, merito soprattutto della madre, sembrava essere europeo. Due occhi grandi e del colore dell'oceano, quando era talmente profondo da poter inghiottire l'intera America, si sistemavano su un viso elegante, dai lineamenti fini e dalla pelle abbronzata, causa delle innumerevoli ore passate ad allenarsi con i fratelli nell'uso della spada e delle altre armi. Era bello, come doveva esserlo stato suo padre il sultano, e riscuoteva parecchio successo, nonostante la sua giovane età.
La pirata si era accorta che egli provava dell'interesse nei suoi confronti e aveva deciso di sfruttare la cosa a suo favore. Se doveva trovare un modo per sopravvivere in quell'impero maledetto, non le costava assolutamente nulla fingere o stare al gioco di quell'inetto del principe, per quanto la cosa la disgustasse. Senza armi e senza una ciurma a cui dare ordini, era solo una semplice donna, una serva la cui parola non valeva assolutamente nulla, l'ultima della catena alimentare del castello Topkapi; perciò doveva cercare di usare i metodi che altre donne più astute di lei, come la maggior parte di quelle che abitavano a palazzo usavano. Non vi erano più neanche schiavi, a cui essere superiore, poiché Hurrem, la sultana, era riuscita a cancellare qualsiasi tipo di schiavitù all'interno dell'impero ottomano.
-Meglio per te che tu le stia lontano. E' come le dannate sirene che infestano l'oceano. Ti affogherà lentamente fra dolci parole e baci e poi si ciberà dei tuoi testicoli. - Mustafà la guardò, notando con piacere il suo rossore dovuto alla rabbia che stava cercando in tutti i modi di reprimere. -Adesso meglio che tu vada. Tua madre ti stava cercando e non vorrai mica che ti veda in compagnia di una serva, malata per giunta.-
Mustafà spinse il fratello, che guardò tristemente la ragazza. Ella gli sorrise, incitandolo ad andare via e lui le obbedì anche se contro voglia.
-E così il mio fratellino si è innamorato di te. - L'erede al trono le si avvicinò, afferrando con due dita il gioiello appeso al filo nero. Fece un ghigno divertito, guardando prima Zafiraa e poi la collana. Ella, invece, non si muoveva e lo guardava con un sopracciglio sollevato e a testa alta. - Speri in una scalata sociale, ricambiando il suo amore? Sai che sua madre e mio padre non permetteranno mai che voi due vi mettiate insieme o vi spostaste? E sei davvero convinta che mio fratello, il mio viziato, volubile e stupido fratello ti desideri realmente? Per lui sei solo un giocattolo e quando ti avrà avuta, ti farà uccidere. -
-Sono una dannata sirena, come avete detto pochi minuti fa, sua magnificenza. So come staccare i testicoli a morsi a qualsiasi uomo, soprattutto a quelli viziati, volubili e stupidi. - Zafiraa gli si avvicinò per guardarlo negli occhi. Mustafà sorrise, staccandole con un colpo secco la collana di dosso.
-Io so di che cosa sei capace, Zafiraa e non intendo sottovalutarti ancora una volta. Sono tutti loro, persino il mio amato padre, a non sapere chi tu sia realmente. Sei solo una piccola e stupida servetta, che la mia defunta moglie ha assunto prima di venire uccisa e che obbedisce solo al sottoscritto. Non tirare fuori gli artigli, mia cara, perché non vorrei che mio padre scopra la tua vera identità. Abbiamo un patto e in base al quel patto io ti ho risparmiato la vita. -
-E io ho risparmiato la tua, rammentalo questo. Perché se dovesse succede qualcosa a mio fratello, la tua testa verrà mozzata ed issata al posto della bandiera sulla mia nave. - Zafiraa ghignò, portandosi i lunghi capelli bianchi, che le erano ricaduti davanti al viso, all'indietro. Mustafà li guardò, sollevò una mano e li toccò. Era strano, ma sembrava quasi ipnotizzato da essi e Zafiraa si sentiva stranamente a disagio quando accadeva. I suoi occhi scuri come la notte sapevano essere molto inquietanti quando non la guardavano con disprezzo.
-E tu non me ne dare modo, Zafiraa. Sarebbe un vero peccato se una delle nostre teste venisse staccata dai nostri colli. - La lasciò andare, facendo un passo indietro. -Questa è meglio che la tenga io, non vorrei che la mia matrigna ti facesse impiccare per essere una ladra. -
-Non credo che Bayezid lo permetterebbe. -
-Tu non conosci Hurrem, allora. - Mustafà guardò dietro di lei, in un punto indefinito, lontano nella sua memoria, nel tempo e nello spazio. -Le sue mani sono sporche di sangue, più di quanto lo siano le nostre. -
Zafiraa non rimase colpita da quella affermazione; era piuttosto affascinata da quella figura enigmatica.
I suoi capelli rossi erano insoliti per il luogo in cui viveva e da ciò che udiva nelle cucine e tra tutti i servitori, era l'unica in tutto l'impero a portarli. Lei, che aveva viaggiato per quasi tutto il globo, sapeva che esistevano altre persone come lei, con la stessa tonalità di rosso, più chiara e ancora più scura, ma non aveva mai trovato persone vive che possedevano capelli bianchi come i suoi.
Doveva essere stata dura, pensò Zafiraa mentre seguiva Mustafà nelle sue stanze, farsi largo ed arrivare così in alto. Riuscire a farsi accettare nel consiglio assieme agli altri visir e al sultano, poter esprimere la sua opinione in quanto donna all'interno di un gruppo di soli uomini, era qualcosa di ammirevole.
Ma al tempo stesso c'era qualcosa nel modo altezzoso in cui si muoveva, nel modo in cui la guardava, nel modo in cui si comportava, che non la convinceva. Era una donna pericolosa e avrebbe fatto bene a non farsela nemica, altrimenti, proprio come aveva detto Mustafà, la sua testa sarebbe finita su una picca e il suo corpo dato in pasto agli alligatori.

Rinnegati: Neve e FuocoWhere stories live. Discover now