VI

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-Zafiraa, giusto? - La sultana la sorprese alle spalle, facendola sussultare. Non le aveva mai rivolto la parola in tutte quelle settimane e pensava non lo avrebbe fatto per il resto della sua vita; cosa poteva mai volere da lei?
Era una bella donna, adesso che la guardava da vicino, per la sua età. Aveva qualche ruga intorno agli occhi chiari e alla bella bocca rosea, che le conferivano un'aria matura. I suoi occhi erano di ghiaccio, talmente freddi da metterle i brividi. Quando ti osservava sembrava ti stesse giudicando in malo modo. Tutto in lei trasudava potere, ricchezza e bellezza.
Se fosse stato un uomo, avrebbe sicuramente provato dell'interesse verso quella donna glaciale.
Probabilmente però erano i suoi capelli ad essere la cosa più bella che avesse mai visto. Rossi, come il fuoco; sembravano bruciare con una tale intensità, ardore, magnificenza da potersi consumare subito. Probabilmente la sua anima doveva essere così. Chissà se da giovane era stata mai impulsiva e ribelle, non così trattenuta e glaciale come appariva adesso. Doveva aver sofferto molto, per non sorridere mai.
-Sì, mia signora. In cosa vi posso essere utile? - Odiava comportarsi in questo modo, servile e ubbidiente, non era assolutamente nella sua natura. Lei non indossava vestiti femminili, non si inchinava davanti nessuno, non parlava in quel modo, lei era libera, felice, spericolata. Lei era una sirena. Non aveva bisogno di uomini, perché lei se li mangiava con la sua spada.
Non aveva bisogno di nessuno.
Lei era forte.
-Va' nelle stanze di mio figlio Mehmed Sultan e preparagli un bagno con gli aromi riportati su questo foglio. Sai leggere, vero? - Zafiraa annuì. Sapeva leggere, ma non si applicava da anni e pensava di essersene dimenticata. -Meglio così. Se non capisci qualcosa, ti do il permesso di chiedere direttamente a mio figlio. -
Zafiraa si inchinò, pensando che la conversazione fosse chiusa e cercò di andarsene. Hurrem Sultan continuava ad osservarla con un'espressione indecifrabile, che cosa voleva ora?
-Ho visto, inoltre, che mio figlio Bayezid abbia sviluppato un certe interesse nei tuoi confronti. - Hurrem arricciò le labbra, nascondendo un sorrisetto di scherno. - Ti ha anche regalato una collana, non è vero? -
-Sì, sua magnificenza. Ma Mustafà me l'ha requisita e... -
-Chiami il tuo padrone con il suo nome? Avete così tanta confidenza voi due? - Hurrem Sultan alzò un sopracciglio, squadrandola da capo a piedi. Aveva, nonostante tutti questi anni, ancora un lieve accento straniero. Sembrava russo. -Pensavo fossi una serva della nave di Drake e Fiammetta non una puttana capitata per caso... -
Zafiraa strinse i denti, assumendo la sua solita espressione dura. Aveva davanti la sultana di metà mondo, questo è vero, ma non si sarebbe fatta mettere i piedi in testa da nessuno.
-Mia signora, capisco che voi siate la mia padrona e che abbiate le capacità e le forze di farmi e dirmi ciò che volete. Ma non intendo essere insultata da voi o da nessun altro qui dentro. Io ci tengo alla mia libertà. - Zafiraa alzò un sopracciglio, rincarando la dose di freddezza. Hurrem assunse per un momento un'espressione terrorizzata e sembrò impallidire, come se avesse visto un fantasma spuntare all'improvviso.
Pronunciò un nome e una frase in una lingue gutturale e dura e se ne andò, o meglio, scappò senza aggiungere altro.
Aveva pronunciato un nome familiare, che lei conosceva bene, poiché i suoi genitori lo avevano ricordato sempre: Ibrahim.







Zafiraa borbottò qualcosa, mentre si dirigeva verso le stanze del primogenito di Hurrem e del sultano, Mehmed Sultan. Non usciva mai dalle stanze. Alexandros le aveva detto che era molto malato, tutti pensavano fosse stato maledetto quando la sultana era incinta di lui e per quel motivo era nato malato e ogni giorno che trascorreva la morte gli si avvicinava.
Passava tutto il giorno al chiuso, tranne la sera che usciva per prendere un po' d'aria.
Era curiosa di vederlo, pensò Zafiraa, mentre trasportava l'enorme secchio d'acqua.
Quando girò l'angolo, notò Mustafà ed una delle concubine di suo padre, di cui egli non usufruiva più da vent'anni, una ricca nobildonna spagnola, rapita dalla sua patria, perciò si nascose, sperando che egli non la vedesse. Erano abbracciati e Mustafà le stava sussurrando qualcosa all'orecchio, che la faceva sorridere animatamente. L'erede al trono la teneva stretta per la vita e le accarezzava i morbidi ricci neri, mentre un sorriso affascinante, da abile predatore e seduttore, gli incorniciava il viso.
-Sapete, mia cara Emeralda, nei miei numerosi viaggi, ho incontrato tante donne di bellezza diversa, ma come la vostra mai. Anzi... - Sembrò pensarci su per qualche secondo e poi la guardò con un sorrisetto furbo. Era davvero un pessimo attore. - Mi è capitato solo una volta, ma non era una persona, era un oggetto. Un zaffiro blu come l'oceano. L'ho trovato per caso e ne ho fatto una collana per la donna che un giorno mi avrebbe rubato il cuore. -
-Brutto pezzo di merda! - Ringhiò Zafiraa, guardando tutta la scena. Il secchio dell'acqua le stava tagliando le mani per la pesantezza. In quel momento Mustafà tirò fuori la collana che le aveva regalato Bayezid, quella che aveva lo stesso colore degli occhi di suo padre e la diede alla ragazza. Lei sorrise, felice e Mustafà guardò Zafiraa, divertito. Lei abbandonò il secchio per terra, non importandogliene se si sarebbe versato e andò incontro ai due.
-E' questo ciò che fate, Mustafà? Regalate a tutte le donne di questo palazzo la stessa collana, riempendole di bugie per poi lasciarle il giorno dopo? - Zafiraa lo colpì sul braccio con uno schiaffo, che doveva sembrare innocente, ma che in realtà era molto più doloroso di quanto sembrasse. Mustafà, infatti, si morse l'interno guancia per non far vedere quanto gli avesse fatto male. -A me ne ha regalate due di queste collane! Mi ha detto che il mio nome significa 'cosa bella', proprio come me e che avrebbe fatto di tutto pur di rimanere al mio fianco per tutta la vita, perché io sono la cosa più bella che gli sia mai capitata. -
Emeralda si girò verso Mustafà, guardandolo in modo stupito e arrabbiato allo stesso tempo. Si allontanò dall'erede al trono, disgustata dal suo comportamento libertino e dopo averlo schiaffeggiato gli lanciò contro la collana, che sarebbe potuta cadere per terra e rompersi, se Zafiraa non l'avesse presa e messa nella scollatura del vestito. Lì era sicura che Mustafà non vi sarebbe mai arrivato.
-Non ascoltate le parole di questa stupida serva, mia cara, mente. - Mustafà cercò, invano, di giustificarsi, ma la nobildonna non gli credeva.
-Avevo sentito delle voci su di voi e sulla ragazza dai capelli bianchi, ma non credevo fossero vere! Non mi rivolgete mai più la parola, Mustafà Sultan. Io non sono quel genere di donna! - E senza aggiungere altro se ne andò, tutta capelli neri e fruscii colorati di gonna.
Zafiraa scoppiò a ridere, notando la faccia di Mustafà, un concentrato di rabbia, stupore e incomprensione.
-Tu oggi verrai punita! Razza di idiota, hai appena oltrepassato il limite. Sei la mia serva e non puoi di certo trattarmi così davanti a tutti! - Mustafà l'afferrò per un braccio, tirandola in un angolo buio, aumentando la presa man mano che la risata di Zafiraa si faceva più acuta e divertita. - E che cosa sono queste voci che si sono sparse, eh? -
-Non ne ho idea, io non bado a ciò che i servi dicono. Ma sarà sicuramente qualcosa di falso. -
-Ti uccido con le mia mani se dovesse arrivare qualcosa di strano alle mie orecchie. Sono stato chiaro?! -
-Oh cielo, aiuto! Non ho paura di voi, Mustafà, dovete mettervelo bene in quella testaccia nera e dura. Se osate sollevare un dito su di me, io farò altrettanto. Occhio per occhio, dente per dente. Ricordate? - Zafiraa lo spinse via, facendogli perdere l'equilibrio per qualche secondo. Mustafà borbottò qualcosa di incomprensibile, mentre la osservava andare a prendere il secchio e tornare da lui.
-Non hai il permesso di stare qui. Che cosa ci fai? -
-La sultana in persona me lo ha detto. Non posso disobbedire ai suoi ordini. -
-Benissimo, fa ciò che devi fare e poi vieni da me. Sarò nelle mie stanze, ho bisogno di un massaggio. -
-Non posso. -
-Come sarebbe a dire?! - Mustafà era davvero alterato e quando lo era la sua voce, di solito possente, diventata simile ad una ragazza, nonostante lui cercasse di mascherare il tutto. Era impossibile prenderlo sul serio così.
-Devo accompagnare vostro fratello Bayezid a cavallo. -
-Non se ne parla proprio, non hai il mio permesso. -
-Non siete il mio unico padrone. -
-Questo è vero. Ma io ho la priorità su di te, sei di mia proprietà. -
-E poi non voglio passare tutto il mio tempo con voi, Mustafà, non siete altrettanto bello da guardare come Bayezid. Anche voi non siete bello. -
-Se è così ci completiamo a vicenda no? - L'erede al trono sospirò, sembrava essere ritornato calmo. - Verrò anche io con voi due. Il mio povero fratellino potrebbe fare qualche domanda inopportuna ed è meglio essere lì per rispondere. -
-Non sono stupida, Mustafà, lo sapete benissimo. -
Egli non rispose e la salutò con un gesto annoiato della mano, prima di andarsene.
Perfetto, pensò, avrebbe dovuto sopportare quel maledetto assassino per tutto il pomeriggio.

Rinnegati: Neve e FuocoWhere stories live. Discover now