XVI

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Zafiraa si svegliò, urlando. Ci impiegò qualche minuto per riconoscere il luogo nel quale si trovava e chi la stava guardando con gli occhi iniettati di sangue, l'espressione distrutta e stanca. Mustafà.
Era in camera sua, stesa sul suo comodo letto e lui le era seduto accanto, molti centimetri li separavano; non erano mai stati così tanti.
Gli sorrise, sussultando quando provò a muoversi.
Per un attimo aveva dimenticato ciò che aveva provato, qualche ora prima. Bayezid l'aveva torturata, le aveva urlato le peggio meschinità che una bocca potesse gridare, le sue sporche mani che la toccavano ovunque, i coltelli che affondavano nella pelle, la nausea e il voler proteggere la creatura che stava crescendo lentamente nel suo ventre. Poi era arrivato Mustafà, che aveva cominciato a picchiare quel pezzo di merda e lei gli aveva tagliato il collo, prima che compisse un fratricidio e si pentisse per tutta la vita.
In quel momento, nel quale stava pensando a raccogliere i pochi pezzi che le erano rimasti e stava cercando di rimetterli insieme, quando stava cercando la dignità con ancora i coltelli infilati nella carne, lei aveva pensato a lui, alla sua incolumità mentale. Era stato il suo primo pensiero e aveva agito d'impulso.
Era tutta dolorante e non sapeva quanto avesse dormito, ma era ancora lì e lui era ancora lì, vivi, distrutti, con una brutta cera, senza capelli, ma vivi. Sapeva che era rimasto sveglio tutto il tempo per vegliare su di lei.
-Ciao. -
Ma non la guardava. Evitava il suo sguardo con tutto se stesso e aveva anche gli occhi lucidi.
-Come stai, hai bisogno di qualcosa? -
-Che tu mi guardi. -
-Non posso, non posso guardarti. -
-Perché? -
-Fa male. -
Zafiraa sentì qualcosa rompersi nel petto e le mancò il fiato per qualche attimo. Non sapeva se fosse il dolore per ciò che Mustafà provava o le ferite causate da Bayezid, psicologiche e fisiche. Sentiva ancora il suo ghigno tra le orecchie, il sapore della sua sporca lingua nella bocca, il suo sguardo malizioso sul suo corpo completamente nudo e le sue mani tra i capelli, capelli che adesso non aveva più.
Incredibile come la dignità di una persona possa venire calpestata tanto facilmente.
Si avvicinò all'amore della sua vita, ma egli non si fece toccare. Si scostò, si alzò, si allontanò. Provava rabbia, dolore, si dava la colpa.
-Abbracciami. - Zafiraa gli si avvicinò di nuovo, guardandolo con i suoi grandi occhi verdi e privi di lacrime. Aveva imparato a non piangere, non più, non ne valeva mai la pena. Il viso era pieno di lividi, naso e labbra spaccate, tumefatto.
Quel viso, quel viso che aveva baciato tantissime volte, sembrava urlargli contro 'è tutta colpa tua, tu mi hai fatto questo!'.
-Non posso. - Mustafà era sofferente. Non poteva lasciarsi andare di nuovo, non adesso che le avevano fatto così male per colpa sua, non adesso che suo padre lo cercava, non adesso che la situazione era veramente critica. Doveva proteggerla.
-Ho bisogno di te, Mustafà. Stringimi e dimmi che va tutto bene. Io farò lo stesso. -
-Devo proteggerti. -
-Non ho mai avuto bisogno della tua protezione, ma di te, Mustafà, solo di te. Io me la caverò, ne ho avute di peggio, lo sai. -
-Non posso farti del male di nuovo, non reggerei a vederti così. -
-Io ti amo, Mustafà. Ti amo e non lo dico spesso, lo sai. Se tu mi abbandoni, se lo fai anche tu, di me non rimarrà nulla. -
-Vederti così mi distrugge. Tu non hai idea di che cosa vorrei fare a mio padre, al mondo, in questo momento! - Mustafà scoppiò in lacrime, stringendo quell'essere fatto di ossa, brutto carattere, vita. La strinse forte a sé, respirando il suo odore, sentendola vicina un'ultima volta. - Ti ridò la tua libertà. Adesso non sei più una serva, prendi tuo fratello e scappate. Andate via, trovatevi una nave e non tornate mai più su questa terra fatta di dolore e sofferenza. Io me la caverò. -
-Quale vita potrei mai avere senza di te? Mi rimani solo tu e nostro figlio. Alexandros non abbandonerebbe mai Mehmed. -
Mustafà spalancò lo sguardo, sbiancò. Era scioccato.
-Ma che cosa dici? -
-Sono incinta, Mustafà. -
-E me lo dici così, adesso?! -
-Avrei voluto dirtelo in un altro momento, ma purtroppo la situazione è questa. Adesso che mi hai ridato la mia libertà, possiamo fuggire, via, lontano da tutti e tutto. Possiamo farci una vita tutta nostra. Ti ho perdonato per la morte dei miei genitori e tu hai perdonato me per quella dei tuoi figli. Per te sto lasciando perdere la mia vendetta, perché ormai siamo una famiglia. Tu sei diverso dai tuoi genitori, così come io lo sono da Ibrahim e Hurrem. -
-Tu lo sapevi? -
-Ho finito quel diario in una notte, Mustafà. Pensavi di nascondermelo? -
Mustafà sorrise, colpevole. - Scusa. -
-Quello che sto cercando di dirti, Mustafà, è che non siamo i nostri genitori, non dobbiamo fare i loro stessi sbagli e soprattutto questo paese ha deciso di rinnegarci, nessuno ci vuole qui. Soprattutto dopo la morte di Bayezid, Hurrem vorrà la nostra testa. Quindi fuggi con me, stanotte, e saremo felici. -
-Se me lo chiedi così, credi che io abbia la forza di rifiutarti? -
I due si abbracciarono e si baciarono delicatamente. Poi Zafiraa si stese e dormì per altre tre ore, mentre Mustafà preparava tutto il necessario.



Rinnegati: Neve e FuocoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora