XVII

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“Alla mia preziosa amica, la mia esistenza, la mia sultana, colei che conserva sempre i miei segreti,  il mio primo e unico amore. La  più bella tra le belle, la mia primavera, il mio amore pieno di gioia. Il mio giorno, il mio cuore, la mia sultana ridente. Oh tu che sei il mio prato, il mio fiore più bello e profumato. L’unica che non mi fa pesare nulla, l’unica che non mi angoscia, la mia Istanbul, la mia Anadolia, la mia Bagdad, la mia Damasoco, la mia terra

Era un brutto giorno per partorire, lo sapeva, lo sentiva, l'aveva intuito per tutto il giorno, ma non aveva potuto farci nulla. Il bambino voleva uscire e lei non avrebbe potuto negarglielo, per quanto avesse paura, poiché il primo. Per tutto il giorno si era sentito l'odore della pioggia e l'elettricità aveva riempito tutto l'ambiente circostante.
Era entrata in travaglio all'improvviso e tutti a Palazzo erano impazziti, correndo a chiamare il Guaritore, il Gran Visir, l'unico presente al momento, poiché il sultano era partito per una breve gita con la sorella.
-Hurrem Sultan, sta per partorire! - Urlavano le serve, affaccendate tra le mille commissioni da svolgere, gli asciugamani e l'acqua da portare. Le urla della sultana si udivano per tutto il castello e il Gran Visir aveva lasciato il trattato che stava scrivendo, per correre nelle stanze della ragazza, perché a quei tempi era solamente una ragazza. Troppo piccola per poter diventare madre, ma troppo grande per aspirare a qualsiasi altra cosa.
Ibrahim era entrato di corsa nelle stanze dei sultani, aveva spalancato la porta, pallido e sconvolto, con i capelli neri sparati in tutte le direzioni e lo sguardo come spiritato. Stava per diventare padre, Hurrem se ne rendeva conto, ma non avrebbe potuto rivendicarlo come suo figlio, poiché Selim pensava fosse suo.
Quando lo vide entrare, fu come se tutto il dolore sparisse all'improvviso e ci furono solo loro due, come sempre era capitato e come sempre sarebbe successo. Il suo Ibrahim si schiarì la gola, andandole incontro e sedendosi accanto a lei, la cinse per le spalle, mentre intrecciò le dita alle sue. Roxelana, perché era così che voleva essere chiamata quando era in sua compagnia, poggiò la testa sulla sua spalla e strinse le mani del suo amante, del padre del suo primo figlio e spinse. Notò il Guaritore distogliere lo sguardo dai due e le due serve che assistevano guardarli storto, ma non le importò. Doveva solamente espellere quella cosa dal suo grembo.
Nacquero insieme, Zafiraa e Mehmed, mano nella mano. Tirarono fuori prima lei e poi lui e nessuno riuscì a separarli subito. Si tenevano le manine paffute con forza, Mehmed piangeva e Zafiraa aveva aperto subito gli occhi e sembrava stesse guardando male il Guaritore e le serve.
Li aveva guardati e si era sentita orgogliosa di se stessa. Lei e Ibrahim li avevano tenuti e cullati per qualche minuto, l'uomo aveva addirittura pianto, guardandoli dormire vicini. Poi si era come svegliato e aveva detto: - Non possiamo tenerli entrambi. -
-Cosa, perché?! -
-Sono gemelli, un maschio e una femmina. La legge dice che due gemelli non possono essere eredi diretti per il trono, uno di essi dovrà essere ucciso e considerato che c'è una femmina, uccideranno lei. Devo portarla via, Roxelana, non possono uccidere mia figlia. -
Il Guaritore aveva tossito. Per un momento si erano dimenticato della sua presenza.
-Non direte nulla al sultano. Vi pagherò il triplo e darò una terra per il vostro erede. Quando il sultano giungerà qui, dovrete dirgli che ha un erede maschio al trono, in salute. Sono stato abbastanza chiaro? -
-Sì, mio Gran Visir. Ma se posso chiedere, cosa ne farete della bambina? Non potete uscire con lei da qui, vi vedranno. -
-Ho già un piano, non preoccupatevi. Andate, per cortesia, a farmi sellare un cavallo. Il mio, quello più veloce. Il sultano starà per arrivare, l'ho mandato a chiamare. -
Il Guaritore annuì, inchinandosi prima di uscire dalla stanza.
Ibrahim le strappò dalle braccia la bambina, aveva il dolore negli occhi. Roxelana, che tra le braccia aveva ancora Mehmed, si sporse per vedere il suo piccolo viso paffuto venire nascosto da una spessa coperta. Mehmed cominciò a piangere, non sentendo la presenza della sorella e la rossa cercò di consolarlo in tutti i modi possibili, senza riuscirci.
-Non doveva andare così, Ibrahim. Non possiamo mandarla via così, è nostra figlia.-
-Sarà al sicuro con Drake e Fiammetta, Roxelana, te lo giuro. Crescerà lontano, ma sarà viva e potremmo andare a farle visita ogni volta che vogliamo. -
-Ma non saremo noi i suoi genitori! -
-Lo so, ma non abbiamo altra scelta. -
Ibrahim si chinò, stampò un bacio sulle labbra dell'amata e sulla testolina del figlio maschio e corse verso uno dei passaggi segreti, sparendo subito dopo.
Quello fu il giorno in cui seppellì sua figlia.



Rinnegati: Neve e FuocoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora