XIV

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L'ho baciata. Non so neanche come sia successo. Non riuscivo a dormire, era notte fonda e stavo pensando a lei, che è diventata il mio pensiero costante, la mia unica ossessione. Ho lasciato Freya da sola nella nostra camera e sono uscito, sperando di trovare un po' d'aria. 
L'ho sentita arrivare, ma pensavo si trattasse di un sogno; tutti i miei sogni ultimamente riguardano lei. Tutta quella scena aveva del surreale, lei bellissima e nascosta in un mantello, l'odore di sangue e neve e io che sembravo un pazzo senza pena. L'ho baciata, l'ho stretta tra le mie braccia e mi sono sentito al sicuro, me stesso, semplicemente Ibrahim e non un Gran Visir freddo e senza cuore. 
Ancora non riesco a capacitarmi dei sentimenti che provo per questa ragazzina impertinente che gioca a fare la sovrana, ma so, che per amor suo, ho tradito il mio migliore amico, mio fratello e il mio orgoglio e onore. Non so cosa succederà adesso, non sono sicuro di come tutto questo andrà a finire. Sento solo una brutta sensazione che mi opprime il cuore, ma cercherò di ignorarla. Mi sento una ragazzina in preda al primo amore. Che cosa mi ha fatto?”

C'era stata una cena, un mese dopo, nella quale Fatma e Mustafà furono presentati come futuri sposi e avevano ufficializzato il fidanzamento. Sull'anulare della bella ragazza bruna brillava un anello grande e costoso, ma nonostante ciò non sembrava essere felice. Il matrimonio sarebbe avvenuto di lì a due settimane.
Sul suo viso, Mehmed lo poteva notare, c'era un sorriso malinconico di circostanza. Se qualcuno le domandava cosa avesse, rispondeva con un semplice sorriso e scrollata di spalle, giustificando il tutto con l'ansia del matrimonio e dei vari preparativi. Diventare sultana non era cosa da tutti, sopratutto se si era così giovane.
Aveva visto spesso, mentre servivano le varie bevande durante la cena agli invitati, il modo in cui guardava Ibrahim. Era lo stesso modo in cui Zafiraa, dall'altro lato della stanza, veniva guardata da Mustafà o il modo in cui lui guardava Alexandros. C'era qualcosa nel suo sguardo, un mix di malinconia, tristezza e amore, che non aveva un nome preciso, ma che solo uno sguardo poteva far intendere.
Probabilmente era il modo in cui sua madre e Ibrahim si guardavano, quando nessuno poteva osservarli, molto diverso dal modo in cui i suoi genitori si guardavano. Il loro era il tipo di amore puro, consolidato durante gli anni, sincero; quel tipo di amore che gli uomini cercano durante tutta la vita e che in pochi trovano, quello duraturo e forte.
Con Ibrahim era diverso. Da ciò che aveva letto e dal modo in cui gli occhi di sua madre si intristivano quando per caso si parlava di lui, il loro era stato quel tipo di amore passionale, che ti consuma, che brucia, distruttivo, quel tipo di amore per il quale moriresti, ma per il quale non vivresti a lungo. Il legame che c'era tra sua madre ed Ibrahim era dotato di vita propria, un assassino, che inevitabilmente, avrebbe ucciso uno dei due.
Alexandros gli passò davanti, reggendo un vassoio sul quale c'erano dei piatti vuoti e sporchi, e gli fece l'occhiolino, sorridendogli. Mehmed abbassò lo sguardo, nascondendo un sorriso, mentre si guardava le mani.
Si chiedeva quanto tempo aveva ancora da vivere e se per lui e il suo amato ci sarebbe stato un futuro. Lo amava, come non aveva mai amato nessuno ed era grazie a lui, ma anche a Zafiraa, se aveva avuto la forza di abbandonare i suoi libri e la sua camera, per vedere altre facce. Era grazie a lui, se si era sentito normale per la prima volta in diciotto anni. Era tutto merito suo e non voleva abbandonare la ragione di tutto. Per la prima volta nella vita, Mehmed non desiderava di morire.



Mustafà entrò nella sua stanza, dopo quella cena che sembrò durare in eterno, con Zafiraa dietro di lui. La ragazza avrebbe dovuto intrattenersi per ridare una sistemata, ma aveva chiesto la sua presenza, una volta che i sultani e i loro ospiti erano andati a dormire, così la ragazza ha dovuto seguirlo.
Il principe si tolse la spada e la cintura con la quale era legata al corpo, buttandola sul letto, mentre Zafiraa spinse la porta, che non si chiuse e rimase socchiusa. Non ci badò, poiché sapeva che tutti i servi erano impegnati in qualcosa e i padroni erano già nei loro letti. Erano le due del mattino.
-Donna, oggi sei mia prigioniera e dirai e farai tutto ciò che ti chiedo io. -
-Come, scusa? Come mi hai chiamata? - Zafiraa incrociò le braccia al petto, alzando un sopracciglio. Aveva intrecciato i capelli in due trecce particolari e complicate, aiutata dalle sapienti mani di suo fratello. Quei maledetti erano cresciuti talmente tanto che avrebbe potuto farci una coperta. - Chiamami un'altra volta così e donna ti ci faccio diventare io. -
Mustafà rise, andando verso la ragazza e abbracciandola. La stranezza, man mano che ci si abituava, stava passando e l'abbracciarsi, il prendersi in giro, lo scambiarsi tenerezze, era diventato sempre più normale, tant'è che ormai non ci pensavano quasi più. Zafiraa gli sorrise, sospirando.
-Dovresti cercare di essere più gentile con Fatma. Non sarà facile sposare un uomo che non l'ama e conviverci per il resto della vita, Mustafà. -
-Credi che lei provi qualcosa per me? -
-No, non credo. Ma tu a stento le parli. Dovrebbe trovare una persona fidata in te, sarai pur sempre suo marito e... -
-Smettila di ripeterlo. -
-Perché? E' una cosa che accadrà, ci siamo già passati sopra quest'argomento. Lo devi fare per il regno; io lo farei. - Zafiraa lo guardò, seria. I suoi grandi occhi chiari lo guardavano con sincerità, ma poteva scorgerci anche della leggera tristezza. Non è mai facile vedere l'uomo che ami e che ti ama, sposarsi con un'altra, soprattutto se questa è più bella ed elegante di te.
-Smetti di ripetere una cosa che non accadrà. - Ripeté Mustafà con più convinzione. Un sorrisetto furbo si nascondeva dietro le sue labbra.
-Ma che cosa stai dicendo! Ti avrà fatto male il cibo? Non dirmi che è stato avvelenato! -
-No, niente di tutto ciò, mia adorata! Ti devo chiedere una cosa molto importante. Posso? - Mustafà la guardò con i suoi profondi occhi scuri, accanto ai quali si formavano delle rughette quando rideva.
-Parla, maledizione! Mi farai morire di crepacuore e mi stai spaventi quando fai così. Ti ho già detto che non riesco a gestirti quando sei euforico! -
Mustafà rise, frugandosi nelle tasche e trovando ciò che stava cercando. Prese la mano della donna e vi posò sopra un oggetto di piccole dimensioni. Zafiraa sgranò gli occhi, non sapendo come interpretare quel gesto. Si trattava di un anello, ma niente di scintillante o costoso come quello di Fatma. Era un semplice anello, fatto con gusci di conchiglie e che odorava di mare. L'odore più buono del mondo.
-L'altra volta sono andato al mare, senza dirti niente, volevo prendere un po' d'aria fresca e vedendo sulla spiaggia, c'erano miliardi di conchiglie di vari colori e una sola completamente bianca. Guardandola, ho pensato subito a te e l'ho raccolta. Volevo regalarti qualcosa di speciale ed unico; una sorta di simbolo. -
-E' bellissima, grazie Mustafà, non me lo sarei mai aspettata. - Zafiraa si era sinceramente commossa, era stato un gesto veramente dolce. Nessuno lo aveva mai fatto per lei.
-So che le cose pretenziose e costose non ti piacciono, perché sei molto semplice. - Mustafà le sorrise, baciandola sulle labbra. La guardò per qualche secondo, prendendo tempo. - Tutto questo giro di parole per dirti che... -
-Sposami. -
-Come? - Mustafà sgranò gli occhi; era l'ultima cosa che si sarebbe aspettato da lei.
-Sposami e mandiamo tutti i loro piani a puttane. Una volta sposati nessuno potrà mai dirti nulla. Potremmo anche inventarci di star aspettando un bambino. - Zafiraa scrollò le spalle, infilandosi l'anello sull'anulare sinistro. Prese un coltellino che nascondeva sotto al vestito e tagliò uno dei lacci del suo vestito bianco. Lo prese e lo legò attorno all'anulare del ragazzo, che la guardava divertito. -Io amo te e tu ami me, cosa c'è di meglio? Sposami. Perché l'ultima cosa che voglio vederti fare è sposare una donna che non ami, vederti infelice, quando so, che assieme, avremmo potuto, possiamo, avere una vita meravigliosa. Ci siamo trovati e in tutta la tua vita non hai mai detto nulla di più giusto e sensato. Sei tu, sei sempre stato tu a rendere tutto più semplice, a rendere tutto più bello, anche in tutto questo. Con te, ho dimenticato la vendetta. Con te, ho perdonato il mio peggior nemico. Con te, sento di essere una persona migliore. -
-Sì, tutto molto bello ciò che hai detto, ma sai che dovresti comprarmi un anello come quello di Fatma? - Mustafà le accarezzò la guancia, sorridendole teneramente. Non voleva darlo a vedere, perché recitare quella parte da ragazza era già imbarazzante per lui, ma poteva scoppiare a piangere, come quando era un bambino, da un momento all'altro. Non aveva mai provato un sentimento del genere, non pensava di esserne capace. Le riempiva il cuore di gioia.
-Quando avrò un lavoro decente, uomo, adesso dammi una risposta. - Zafiraa lo guardò e Mustafà fece lo stesso. Un momento di serietà che sembrò durare anni con il cuore nelle orecchie e il sangue che circolava velocemente.
-La mia risposte è un sì, ma ci ho dovuto pensare perché è la proposta di matrimonio più bella che qualcuno mi abbia fatto; persino più bella di quella che volevo fare a te, prima che mi interrompessi. Ci tengo al mio ego, come ben sai. -
Zafiraa sollevò gli occhi, facendo finta di sembrare annoiata da tutta quella vanità. Mustafà tornò serio all'improvviso e la abbracciò, unendo le loro fronti.

Rinnegati: Neve e FuocoWhere stories live. Discover now