CAPITOLO QUARTO - CUBICULUM

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Il drone ronzava fluttuando lentamente di fronte a me. Le mie valigie galleggiavano a mezz'aria appena sotto di esso, avvolte da un campo magnetico invisibile. Camminavo lungo un infinito corridoio squadrato, freddo e metallico, le cui pareti lucide riflettevano le nostre immagini distorte e oblunghe. Su entrambi i lati, a intervalli regolari, comparivano delle porte dissolventi di vetro oscurato, simili a quelle delle cabine del Materializzatore, ma queste erano di forma ottagonale e si aprivano tramite una chiave a riconoscimento genetico. Le strutture abitative dei piani intermedi, come l'hotel cubicolare in cui mi trovavo, erano molto simili a degli alveari. Si dividevano spesso in piani intermedi che seguivano il bordo esterno della struttura. I cubicula erano abitazioni tutte identiche, sia nella conformazione interna che nell'accesso esterno ed era pressoché impossibile distinguerli. Mi chiesi con una certa preoccupazione come avrei fatto a ritrovare il mio cubiculum una volta uscito.

Il corridoio proseguiva senza sosta, quasi rettilineo, solo molto in lontananza si poteva intravedere una lieve svolta verso sinistra che lasciava intuire la conformazione circolare del piano interno in cui mi trovavo. Il drone si fermò improvvisamente di fronte ad una delle porte e fece scivolare dolcemente verso il basso i miei bagagli. Si rivolse a me emettendo dagli altoparlanti una voce cordiale, che simulava perfettamente quella di un maggiordomo e disse: «eccoci a destinazione monsieur». Allungò un asticella meccanica porgendomi un oggetto che assomigliava ad un sottile orologio da polso e aggiunse: «ecco a lei la chiave della sua abitazione. Possiede molte funzioni. Per conoscerle può consultare la guida in linea alla voce "aiuto". Tra le varie funzionalità inoltre, grazie al dispositivo di guida e localizzazione, la sua chiave genetica può individuare il percorso da seguire per raggiungere la sua dimora. Questo ovviamente nel caso decidesse di allontanarsi, per esplorare le meraviglie del Dedalus». Potevo quindi smettere di preoccuparmi. Tutto, in questa neo-società, sembrava pensato e calcolato per rendere facile e automatica l'esistenza degli abitanti. Sembrava quasi che le persone, per qualche assurda e innaturale consuetudine acquisita, dovessero avere il diritto di essere dispensate da ogni minimo sforzo.

«Le auguro un'incantevole permanenza monsieur». E con queste parole il mio maggiordomo si congedò, allontanandosi con lo stesso monotono ronzio che aveva accompagnato la nostra passeggiata d'accoglienza. Indossai l'orologio e allungai timidamente la mano facendola passare oltre il vetro. Volevo semplicemente assicurami che la chiave funzionasse evitando di andare a piantare il naso contro una lastra impenetrabile; cosa che sarebbe inevitabilmente successa se avessi tentato di attraversare una qualsiasi altra porta.

Il vetro conduceva ad una cabina angusta ma ampiamente illuminata. Ai due lati c'erano altre due porte a dissolvenza. Sul vetro di entrambe, come in uno schermo, appariva un simbolo che indicava la stanza che era stata predisposta all'interno di ogni porta. Come in ogni cubiculum, questo stretto spazio in cui mi trovavo era definito: cabina di conversione. In pratica, quando si voleva cambiare stanza, bastava selezionarla con un semplice slide della mano di fronte allo schermo e, quasi istantaneamente, la stanza assumeva la forma desiderata, perfettamente riassettata e ripulita, con gli oggetti predisposti esattamente così come li si aveva lasciati. Gli imperativi erano comodità, economia ed efficienza. I muri interni delle stanze erano costituiti da pannelli interattivi che potevano essere impostati con qualsiasi genere di motivo o immagine, oltre che fungere da schermo per qualsiasi genere di applicazione.

Gli hotel cubicolari occupavano generalmente piccole porzioni delle circonferenze periferiche della struttura. Il centro era invece costituito da spazi più larghi e variamente dedicati ad aree comuni di vario genere: commerciali, sociali, culturali, aree di produzione e aree definite bucoliche.

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