CAPITOLO QUINDICESIMO - LA CITTÀ DEI DANNATI

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«Questo osservatore non entrerà nella città di Dite insieme a te. La schermatura al piombo non permette a nessuna macchina di varcare la soglia di Dite. Tutti i droidi che vedrai nella città sono stati costruiti direttamente al suo interno. Lo ritirerò in uno degli hangar nei paraggi. Abbi pazienza e non temere, verrò a prenderti di persona». Detto ciò, l'osservatore si sollevò di qualche metro e si allontanò velocemente. Risalì al girone superiore per poi sparire oltre la balza più vicina. Rimasi solo sulla zattera mentre questa proseguiva la sua corsa fino a giungere ad uno scolo, dove il rumore assordante di un depuratore sovrastava l'intenso affaccendarsi dei dannati all'interno della città. Scesi su un'ampia e pesante piattaforma di piombo che conduceva ad una larga gradinata, fatta dello stesso materiale. Ai lati della gradinata c'erano due alte colonne di metallo che terminavano in due grovigli di tubi snodati e retrattili. All'estremità di ogni singolo tubo spuntava un piccolo scanner bioelettrico. Nell'avvicinarmi, quei grovigli di tentacoli si protesero, quasi con una sferzata, verso di me, come per osservarmi con curiosità. Rimasi immobile senza sapere come comportarmi.

«Medusa! Lascia che il nostro amico varchi la soglia della disperazione!». A quel comando le serpi si ritirarono posizionandosi in un motivo che ricordava una pianta sottomarina. La voce proveniva da un uomo dalla fronte alta e i capelli corvini rigati da strisce di bianco, la sua bocca era distesa in un sorriso un po' forzato. Vestiva di una tunica bianca molto simile ad una toga. Era una figura vagamente familiare, ma non ricordavo dove l'avessi vista prima di allora.

«Finalmente ti sei ricordato dei vestiti!», esclamò l'uomo con un tono di voce sonoro. Riconobbi la voce dell'osservatore che mi aveva accompagnato, anche se prima, attraverso l'altoparlante della macchina, il timbro ne riusciva attenuato e distorto. Osservai il mio corpo dalle braccia ai piedi. Indossavo una camicia a righe molto anonima e paio di pantaloni beige un po' sgualciti, ma sostanzialmente puliti. Non ricordavo assolutamente da dove avessi preso quegli indumenti e, meno che meno, quando li avessi indossati, eppure sapevo che erano miei.

«Ma cosa..??», domandai tra me e me sottovoce.

«Rinuncia a comprendere le leggi di questo mondo, oppure abbracciale nella loro più completa integrità», rispose la figura che mi stava di fronte, cogliendo la mia perplessità, «entriamo, dannato!», esclamò.

Quando attraversai le colonne vidi un complesso sistema cittadino che si delineava con sagome improbabili. Stradicciole di metallo sospese si attorcigliavano attorno a quelle geometrie, e numerose scale si inerpicavano in ogni direzione con svolte impossibili. Il lavorio costante delle persone che vi abitavano produceva un rumore quasi ipnotico. Pochissimi parlavano tra loro, ognuno era indaffarato nelle proprie faccende e nel proprio esistere, senza turbare il prossimo con questioni che non fossero strettamente necessarie. Il canale proseguiva al di là del rumore assordante del depuratore, entrando direttamente nella città. L'efficacia di questo marchingegno era degna di nota. Le acque vi entravano putrescenti e puzzolenti di olio, per poi uscirvi, scorrendo secondo un complesso sistema di canali, all'interno dei vari sobborghi di Dite, completamente ripulite, limpide e inodori.

Dimenticatomi, improvvisamente e stranamente, della questione dei vestiti, proprio come se li avessi sempre avuti dall'inizio, e colto da una nuova perplessità, rivolsi la mia attenzione all'uomo che mi stava davanti e chiesi: «Io ti ho già incontrato da qualche parte? Ci siamo già conosciuti? No... devo averti semplicemente visto... nel Dedalus... ».

«Non escludo questa, seppur remota, possibilità. Sicuramente non ero io. Ma ciò che tu probabilmente vedesti, potrebbe essere stata una mia forma alterna o addirittura la mia forma prima, chissà?!!». Mi invitò a proseguire il cammino con un gesto della mano accompagnato da un sorriso quasi paterno e, mentre passeggiavamo, continuò la spiegazione: «i tuoi ricordi sono letteralmente mescolati e confusi, in quanto, essendo dannato, sei una copia errata, come tutti coloro che dimorano in questo luogo. Le tue memorie e ciò che conosci, provengono da frammenti di ricordi ed esperienze di altre copie o della tua forma prima».

DEDALUSTahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon