CAPITOLO SEDICESIMO - IL LAMA

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La situazione mi metteva in soggezione. Mi voltai indietro in cerca di Cicero, ma non c'era. Il mio accompagnatore era improvvisamente sparito e io mi trovavo da solo al centro di questa spaziosa sala, spaesato e leggermente intimorito. Ma dove era finito? "Forse mi sta aspettando fuori", pensai.


E adesso? Dovevo forse tentare invocare il Lama? Chiamarlo e aspettarmi una sorta di apparizione?


"Lama", che strana parola, era il titolo di un'importante figura spirituale nell'ambito dell'antica religione buddista. Mi accorsi improvvisamente, e con una certa sorpresa, che quella parola era esattamente il palindromo di "Amal". Una coincidenza?


Mi sovvenne poi che, in una qualche occasione passata che non ricordavo, avevo trovato qualcun altro (o qualcun'altra) con un nome che suonava stranamente simile a questa parola, quanto meno per assonanza. Nella mia mente sondavo le varie possibilità : "Amal... Lama... Mala... Alma?... Com'era??". Proprio mentre ero assorto in questi pensieri pindarici, una voce femminile, decisa, ma dolce nel tono, si diffuse nella sala; non ero in grado di capire da dove provenisse.


«Benvenuto Cacciatore! Lama ti accoglie nel suo tempio di analisi e risoluzione problemi. Puoi rivolgere a Lama tre domande. Prego, direziona la tua voce verso la proiezione olografica di ricezione al centro del tempio... ».


Il mio sguardo era rivolto verso l'alto, nell'inutile ricerca dell'origine di quel messaggio vocale, che sembrava tuonare da ogni dove. Seguendo le istruzioni abbassai immediatamente il capo verso il centro del tappeto rosso che adornava il pavimento del tempio. Un gatto nero era improvvisamente apparso di fronte a me. Stava accovacciato su un fianco, con la schiena curva a forma di chiocciola. Nel vedermi, sollevò il musetto ed emise un tenue miagolio. Notai che aveva dei canini innaturalmente lunghi e sottili per essere un semplice gatto domestico.


Quando vidi quell'esserino, scuro come la notte, in testa mi esplose un'immagine: rividi distintamente il canale magnetostatico che conduceva al Dedalus. Il ricordo si sovrapponeva paradossalmente al momento in cui avevo attraversato la passerella per giungere al Tempio. Ne colsi le analogie e le differenze, lasciando che la mia mente componesse una serie di libere associazioni, delle quali non sapevo assolutamente spiegarmi il significato. Mi trovai tuttavia a pensare al fatto che il gatto, in quell'occasione, era sparito... "anche Cicero è sparito...", pensai. Ma che razza di collegamento era? Cicero non era mica un gatto! Quasi senza accorgermene, disperso nel marasma della mia confusione mentale, la mia bocca pronunciò queste esatte parole: «No, non ho capito niente! Mi state forse prendendo per il culo?».


«No, Cacciatore, hai ancora due domande a tua disposizione!».


Cosaa? Avevo appena sprecato una domanda???


Sembrava la scena di un fumetto demenziale di epoca pre-aggregata.


Dentro di me esplosi in una risata, che tuttavia si palesò a malapena in un sorriso accennato, come se fossi costretto, dal luogo e dalla situazione, a mantenere un decoro che mi ero appena preso il lusso di trasgredire, sia con la mia reazione avventata che con il mio lessico inappropriato. Avevo risposto reagendo esattamente alla maniera di Amal: con avventatezza e senza pensare. Era evidente che mi trovavo di fronte ad una macchina o a un computer e che avrebbe interpretato alla lettera ogni mia richiesta. Dovevo pesare le mie prossime parole con attenzione. Stranamente, una voce femminile con un timbro diverso, molto più umano e caldo, anche questa volta familiare, sembrò interpretare il mio pensiero. Era come se la voce provenisse direttamente da dentro il mio cervello, ma avevo la grottesca impressione che fosse il gatto che mi stava di fronte a parlarmi. Rimanendo accovacciato, l'animale mi guardava con occhi sottili e faceva le fusa.

DEDALUSWhere stories live. Discover now