CAPITOLO QUINTO - AGORÀ

46 9 0
                                    

Vivevo in un mondo nel quale il sonno non era mai esistito. Sinceramente non riuscivo a ricordare quando fosse stata l'ultima volta in cui avevo dormito. Attesi, avvilito e svuotato, le cosiddette ore della veglia, anche se, nelle atmosfere simulate di questa metropoli, non esisteva veramente un giorno e una notte. Tutto poteva variare da un piano all'altro secondo delle regole e delle consuetudini che mi erano del tutto oscure. Il tempo era incalcolabile. Forse ero lì da un solo giorno, forse ero lì da alcune settimane. Mi sovvenne il terribile sospetto di essere nato in quel luogo e di non essermi mai mosso. Materialmente parlando non era un affermazione falsa: mi ero materializzato nella nuova Parigi e in tal modo ero come rinato in essa, sebbene totalmente reincarnato nel mio sé preesistente.

Attesi a lungo una risposta dall'olofono che non arrivò mai. Poi decisi di vagare, nell'improbabile speranza di incontrare Amal o, per lo meno, di coglierne un immagine sfuggevole tra gli assembramenti di giovani, più incoscienti che spensierati, che si raggruppavano attorno a un locale alla moda o si sparpagliavano più semplicemente nelle piazze a fare baldoria.

I rumori scivolavano su di me, mescolandosi in un concerto di cacofonie incomprensibili. Le luci imprimevano, su asfalti e ciottolati fittizi, l'ombra dei miei passi incalcolabili.

Ti ho inseguito, in un paese d'illusioni. Così vicina e irraggiungibile, tu sei il mio sangue. Ombra della Senna che non è più, volevo affogare nei tuoi flutti. Ti ho cercato, disperandomi in silenzio e tu eri lì: dove le mie orme s'erano appena estinte. La tua immagine mi perseguitava, come uno spettro. Eri le mille donne che mi davano le spalle. Così vicina e irraggiungibile, ombra. Dalle cime di false vedute, la mia vista spaziava su fluorescenti lumi, cercando la luce oscura dei tuoi occhi.

Densi sbuffi di fumo mi accompagnavano, mentre la pipa bruciava, arancio brace, lenta e intermittente. La speranza si allacciava a questi sbuffi di nebbia, lentamente dissipandosi, di giorno in giorno, di minuto in minuto... Mi portasti via le tue mani, mi portasti via il tuo viso... Il silenzio rimbombava dentro di me, come un grido terrificante che aveva il sapore di morte. Da dove veniva questo terribile presentimento? Questo annichilimento che non era mai stato parte di me, prima che tu lo inventassi di proposito?... solo per me.

Ero sbucato in una larga piazza ad impianto medievale. Tutto il lato sud era occupato dalla replica di una chiesa in stile novecentesco con tanto di affreschi esterni. Nella strada contrapposta c'erano una serie di edifici semi-restaurati, al di sotto dei quali scorreva un lungo porticato a volte. Ovviamente era un ambiente completamente simulato, ma il sistema dava un tale effetto d'immersione che ci si abituava quasi subito a vagare nelle sue illusioni.

Sentii un urlo esagerato di euforia. Appena dietro un largo incrocio, vidi un ragazzo di colore slittare su un hoverboard: una sorta di tavola volante. Il ragazzo saltò all'indietro in maniera goffa, lasciando scivolare in avanti la tavola che andò a urtare violentemente un passante. Dietro di lui c'era una compagnia mista di ragazzi e ragazze che ridevano chiassosamente. Il passante protestò irritato e in cambio ottenne una risposta scurrile. Alcuni dei ragazzi seguivano la scena, mentre altri continuavano le loro futili e spensierate conversazioni. Non potevo sapere se fossero felici, ma lo sembravano, o almeno davano l'impressione di divertirsi, come se non ci fosse questione o problema che li potesse sfiorare. Erano belli nella loro spontaneità e semplicità. Mi sovvenne che anch'io avrei potuto essere stato così, in un tempo che non ricordavo, anche se non troppo lontano. Sentii una fitta al cuore. Tra di loro c'era Amal! La si vedeva completamente a suo agio in quel contesto. Non era finzione. Si sentiva bene e il suo stato d'animo traspariva, palesandosi nel suo modo di ridere, sempre esagerato, a bocca spalancata, ma che le donava una simpatia singolare.

DEDALUSWhere stories live. Discover now