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BAMBINO DI LUGLIO

Quando lo conobbi, era una soleggiata giornata di Luglio, afosa come poche.
Casa sembrava impossibile da rinfrescare, così come la piccola Jun non faceva che piangere e lamentarsi.
«Papà, papà, fa tanto caldo, perché non andiamo al mare?» continuava a chiedermi, mentre io le cambiavo in continuazione i vestitini, cercando di sceglierle quello più fresco.
«Non possiamo, tesoro, papà deve lavorare.» sbuffavo, e rimpiangevo i tempi in cui, fare il padre, non era così difficile, soprattutto con altre due mani ad aiutarmi.
«E chi gioca con la piccola Jun? Papà lavora sempre, e caccia via le poche amiche che ho!»
Naturalmente, con questo Jun si riferiva alle numerose babysitter che avevo chiamato, e che poi, non trovandole adatte alla mia delicata bambina, avevo mandato via. «Hai mandato via anche Angie!»
Angeline era stata l'ultima, e probabilmente la peggiore.
La sua pazienza era del tutto inesistente, e portava sempre Jun alle lacrime.
Il culmine arrivò, però, quando un giorno le tirò uno schiaffo, intimandole di fare silenzio, ed io non esitai due volte ad esonerarla dal suo compito.
Fu proprio a causa di quest'ultimo fallimento che mi ritrovai a cercare qualcun altro adatto al compito, e trovai lui.
«Ricordi? Oggi viene una nuova persona a prendersi con te il tè delle cinque. Farai la brava, vero?»
Jun incrociò le braccia al petto, e tirò un sospiro.
Per soli sette anni, era una bambina molto paziente, e più sensibile di quanto avrebbe dovuto essere.
Nei suoi occhi, scorgevo già l'ombra di una ragazzina, e mi lasciava l'amaro sulla punta della lingua il pensiero che l'avessi costretta a crescere troppo in fretta.
Non potevo permettermi i giochi che desiderava, né di assecondare i suoi capricci e darle le attenzioni che reclamava.
A ventotto anni, essere un padre giusto, per giunta solo, è difficile.
«Jun è sempre buona, e papà Joonie le fa le coccole soltanto a letto!»
Proprio durante quella dolce discussione, il campanello suonò, facendo balzare in piedi Jun, che cambiò repentinamente umore.
«È lui, papà?»
«Andiamo a vedere insieme?»
Le presi la mano, ed attraversammo il corridoio insieme.
Quando aprii la porta, rimasi sorpreso dall'esile figura che si stagliava dinnanzi ai miei occhi, piccola abbastanza da farmi avere la paura che Jun potesse sovrastarla.
«Papà, non mi avevi detto che avrei avuto un amichetto!»
Lui rise, e si abbassò verso Jun, porgendole la mano.
«Ciao, piccolina, mi chiamo Min Yoongi.»
Entrò nel cuore di Jun da quell'istante, e nel mio dal sorriso che le fece scoppiare.
Fu il primo ragazzo a mettere piede nel nostro appartamento, e a legare con lei con così tanta gentilezza.
«Io sono Jun, e non hai caldo vestito così?» Jun indicò i suoi jeans lunghi, e poi la sua scura maglietta. «Dovresti provare a metterti un vestitino, come il mio!»
Ridemmo di nuovo, e Yoongi si rialzò, con un sorriso gentile sulle labbra.
«E' molto bello il tuo vestitino, ma non penso mi starebbe bene.»
Yoongi incrociò il mio sguardo, e mi sorrise, così come aveva fatto con Jun prima.
«E' un piacere averti qui, Min Yoongi.» dissi, con formalità al sapore di miele. «Io sono Kim Namjoon. Prego, entra pure, ti va una tazza di caffè?»

Aveva gli occhi da bambino, ma osservai abbastanza il suo corpo da scorgervi ferite da adulto.
Min Yoongi aveva soltanto diciannove anni, compiuti da qualche mese, la pelle lattea e le labbra rosee, eppure nei suoi atteggiamenti vi era un fascino del tutto inusuale per la sua età.
Aveva una compostezza ammirevole, così come dei modi educati che mi affascinarono subito.
«Così, Yoongi, vai all'università?»
«Sì, studio medicina.»
Sentii nella sua voce una punta aspra, ma non volli fare domande.
Non potevo permettermi una confidenza che non avevo, né di perderlo per una mia curiosità.
Mi sembrava la persona più adatta per Jun, e avevo un disperato bisogno di una mano.
«E lei, Namjoon?»
«Sono un giornalista e uno scrittore a tempo perso.»
«Cosa scrive?» Yoongi posò la tazza di caffè nel piattino non appena ne ebbe bevuto il contenuto, e lasciò le mani congiunte in grembo.
«Romanzi, poesie, in base alle mie voglie.»
«Papà scrive anche fiabe per me! Vuoi leggerne qualcuna?»
Jun riusciva sempre a tingere l'atmosfera di colori caldi e, per quanto a volte risultasse complicato gestirla, era piacevole la sua compagnia.
«Se posso, certamente.»
«Non sono niente di che.»
Mi giustificai, imbarazzato, e non potei fermare un roseo alone sulle gote.
«Sono le mie preferite! Papà, possiamo andare a giocare, ora, io e Yoongi?»
Dovevamo ancora discutere del costo, orari, dei caratteri più formali di quel contesto, ma al gigantesco sorriso di Jun, entrambi non riuscimmo a dire di no.
In fondo, la disponibilità l'avevo richiesta dal primo giorno, e Yoongi sembrava più che felice di condividere attimi e spensieratezza con lei.
Per la prima volta, negli occhi di qualcuno non scorsi soltanto denaro, sguardi che tramutavano Jun in una fonte di guadagno.
Yoongi le stringeva la mano come se, a sua volta, avesse bisogno di cure.
Perché in fondo, Yoongi, non era altro che un bambino in cerca di quattro mura e un po' di affetto.

You Are The Right One
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note

Spero che il primo capitolo vi sia piaciuto, benché sia soltanto servito ad introdurre i personaggi.

Non ho molto altro da dire al riguardo, quindi lascio a voi la parola.

Grazie per supportarmi, grazie per leggere le mie storie e viverle insieme a me.

Questo sarà il mio augurio per l'anno nuovo, mi dispiace di non averlo saputo rendere uno dei migliori.

—Stefania

Pesca Vaniglia [k.nj, m.y]Where stories live. Discover now