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DIECI, CENTO E MILLE VOLTE ANCORA

(ᴛɪ ᴠᴏɢʟɪᴏ)

«Cosa mi agghindo a fare se poi tu mi svesti?»

Yoongi giustificò così la sua nudità quella mattina. L'esser entrato in bagno in pigiama ed esserne uscito completamente nudo.
Eravamo da poco svegli, ma il desiderio nel piccolo Yoongi non si assopiva mai.
La prima mattina dei tre giorni che avevamo a disposizione per restare soli, si era tramutata in un atto di follia. Vivido bisogno. Ardente passione.
«Vieni qui, piccolo Yoongi»
Eravamo entrambi schiavi di concetti così astratti e concreti. Astratti, concreti. Astratti da non vederli, concreti da sentirli sulla pelle.
Yoongi si morse le labbra, e tornò da me. Di nuovo, come fosse la prima volta.
Da giovani, la pelle si stanca difficilmente dei baci. Anzi, arde sempre di più, e il desiderio riempie il petto di petali di rose rosse di bisogni soddisfatti e da soddisfare, che maturando prendono le sembianze di grosse spine e calvari.
Perché eccoci, a fare l'amore alle prime ore del mattino! A farlo a sera, nel pomeriggio, fino a far diventare le nostre gambe carta stagnola!
La follia di essere giovani, e di rimpiangere unioni così ostili soltanto dopo. Perché Yoongi lo avrebbe rimpianto, avrebbe rimpianto tutte le concessioni donatemi! Ed io lo sapevo, lo sapevo bene, ma lui mi rendeva egoista, così egoista.
Soprattutto quando mi sussurrava "non mi stancherò mai di te", mandandomi mille brividi lungo la schiena mentre i suoi baci accompagnavano i miei gemiti. Soprattutto quando mi supplicava "non stancarti mai di me".
«No, piccolo dolcetto, come potrei stancarmi di te?» gli rispondevo, e lui sospirava mentre ci univamo, mentre diventavamo una cosa sola.
Le sue richieste si stampavano come tatuaggi sulla pelle dei miei fianchi. Lì, dove lui amava poggiare le labbra.
«Mi fai stare bene, e male» digrignavo io i denti ogni volta che lo faceva.
«Bene come il paradiso che risiede nel cuore di chi ama, male come l'inferno negli occhi dell'amato. È un controsenso accettabile»
Le sue stupide riflessioni!
Le elogiava anche mentre scopavamo, o quando si coricava al mio fianco dopo aver momentaneamente sfinito le nostre voglie.
«Guarda come il paradosso torna!» mi esclamava quando si lamentava di qualche doglia, prendendo dal pacchetto riposto puntualmente sul comodino due sigarette. E si corrucciava, quando sorridevo di lui, e mi posizionava svogliatamente la sigaretta tra le labbra e l'accendeva, insieme alla sua.
Amava fumare con me. Guardarmi stringere tra le labbra la sigaretta mentre sul mio arco di cupido vi era ancora inciso il suo nome.
Mentre i miei capelli formavano mille onde a causa delle sue sottili dita, che finivano per tirarli mentre si concedeva a me. «Leggimi qualcosa, Joonie, fammi dimenticare di tutte le volte che hai riso di me e dei miei pensieri»
La mia parte preferita giungeva come l'estate dopo un violento inverno.
Amavo sussurrargli poesie mentre lui mi guardava immobile, come fossi il David di Michelangelo, o La Primavera di Botticelli. Un'opera d'arte.
Gli leggevo Fermine, Kavafis e altri autori, e lui rabbrividiva, immergendosi nelle mie parole con il suo nasino arrossato. Si faceva piccolo piccolo sotto la potenza di grandi parole, che io finivo sempre per dedicargli.
«Ancora, ancora»
I suoi piagnucolii diventavano simili a quelli di un bambino quando mi fermavo, perché il momento che creavo era un mondo fatto di caramelle agli occhi di Yoongi. Surreale, dove nascondeva tutti i suoi timori e preoccupazioni.
«Un bacio, dammi un bacio e ne leggerò un'altra. Dammene mille, e te le leggerò tutte» Giocavo allora io, conoscendo già l'esito.
Il nostro era un continuo tira e molla. Un morderci la pelle per appartenerci anche quando non ne avevamo voglia. O quando ne avevamo fin troppa.
Mi pizzicava, sbuffava, ma finiva sempre per baciarmi, fino a dimenticarsi delle poesie.
Il libro finiva sul pavimento, il posacenere si rovesciava sul letto, le mie dita sfioravano di nuovo i suoi fianchi e le sue natiche.

«Leggo io la prossima volta» sbuffava sempre, fingendo di non ricordarsi la promessa che molte altre volte aveva fatto e aveva sempre infranto. «Finiamo sempre per scopare alla fine.

'fanculo a te e alla mia voglia matta che ho di te»

Born To Die
Lana Del Rey
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note

Sono un gracile fantasma. Invisibile, ma continuo ad avere gli occhi sulle mie piccole opere.

Ho buttato giù questo capitolo di getto e non l'ho ricorretto, sarò sincera. Perdonate eventuali errori.

Vi sto offrendo scene di piccola quotidianità per il momento perché è quello che più sento di fare, soprattutto di evidenziare l'aspetto sessuale del loro rapporto, che ritengo sia abbastanza portante nella loro relazione.

Spero vi sia piaciuto, fatemi sapere cosa ne pensate. Torno a studiare Machiavelli.

—Stefania

Pesca Vaniglia [k.nj, m.y]Where stories live. Discover now