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CASINI DEL SABATO SERA E LED ZEPPELIN

La prima volta che Yoongi mi chiamò sul cellulare, era ubriaco.
Verso la mezzanotte di una stopposa serata di Agosto, ricevetti la sua chiamata, che destò tanto il mio sonno, quanto quello di Jun.
«Yoongi?»
«Namjoon, ti prego, potresti passarmi a prendere?»
Non avevo mai sentito Yoongi piangere prima di allora.
Lo avevo visto giù di morale, arrabbiato, deluso, a volte gli avevo concesso di colmare la sua stanchezza con quella di Jun, e li avevo guardati dormire serenamente abbracciati sul largo divano della cucina.
Non lo avevo mai visto però a pezzi, così tanto da sgretolarsi, e la preoccupazione sbocciò in me come una petunia.
«Dove sei?»
«Papà, che succede?»
Gestire le situazioni d'emergenza e la paternità mi è sempre risultato come una spina nel fianco, soprattutto in quelle ore dove, gli unici svegli, eravamo noi.
Di giorno, avrei potuto tranquillamente lasciare Jun alla vicina, una signora anziana di cui nutrivo un profondo rispetto, ma svegliarla, ora, mi sembrava piuttosto sconveniente.
«Jun, vai a metterti le scarpe, tesoro. Yoongi, dimmi dove sei.» Ribadii, e continuavo a sentirlo semplicemente annaspare dietro al telefono, come avesse il fiato corto.
«All'ingresso di un parco, non so quale.»
«Mandami la posizione, non muoverti da lì.»
Il tempo mi sembrò una montagna russa: nei secondi che impiegai per chiudere la chiamata, mi sembrò rallentare, come in salita, e velocizzarsi nei restanti, abbastanza da mozzarmi il fiato.
Uscii con i calzini di differenti colori, i capelli disordinati e con la consapevolezza addosso di aver dimenticato la luce accesa in camera.
Ma, in quel momento, non mi importava, perché tutti i miei pensieri erano proiettati verso un'unica figura, quella di Yoongi.
Yoongi, Yoongi, cosa combini? mi lamentavo, in preda al nervosismo e ad un silenzio forzato.
Se solo Jun non si fosse riappisolata nei sedili posteriori, mi sarei volentieri lasciato andare alla frustrazione.
Quando arrivai, Yoongi mi corse incontro, ed io non esitai due volte a scendere dalla macchina e lasciarlo riparare sul mio petto.
Non sapevo cosa fosse successo, né perché Yoongi stesse piangendo e sussurrando mille "mi dispiace" sul tessuto della mia maglietta, ma non mi importava.
Lo tenni semplicemente stretto, azzardando mille conforti che, in altre circostanze, non mi sarei mai permesso di offrirgli.
Piccolo era tra le mie braccia, così piccolo che sembrava scomparirvi, e il cuore si sciolse sotto i mille tremolii che tempestavano la sua schiena.

In macchina, Yoongi guardava fuori dal finestrino in silenzio.
Puzzava d'alcool e vomito abbastanza da nausearmi, ma le sue mani strette sul tessuto del jeans mi lasciavano intuire che fosse meglio non proferir alcuna parola al riguardo.
«Namjoon, posso stare da te questa notte? Non voglio tornare a casa.»
Lo fissai per un breve istante, ed annuii, senza chiedergli ulteriori spiegazioni.
Non servivano in quel momento, non volevo forzarlo a parlare di qualcosa di sconveniente, né ne sentivo il bisogno.
Mi bastava vellutare la mia preoccupazione, ed averlo accanto sfamava le mie paranoie.
«Grazie, Namjoon, grazie.»
Yoongi sussurrò, poggiando la testa sulla mia spalla.
«Di nulla, adesso riposa.»
Dissi, intrecciando la mia mano alla sua, per un breve istante.
I Led Zeppelin in sottofondo, a basso volume, accompagnavano quel momento con la straziante tristezza di Stairway to Heaven, baciando le nostre tempie e le palpebre ora chiuse di Yoongi, che si lasciò andare a tanto calore.

Brooklyn Baby
Lana Del Rey
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note

Grazie, è tutto ciò che sento di dire.

Al prossimo aggiornamento.

—Stefania

Pesca Vaniglia [k.nj, m.y]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora