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(...) TRA I SEGRETI NASCOSTI TRA LE TUE GAMBE

Ed ora mi dica, Park: se le chiedessero cos'è l'amore, lei come lo descriverebbe?
Perché io non riesco a non pensare ad altro che a ragnatele, alla patina di polvere depositata sulle pagine gialle dei miei libri preferiti, portanti il suo dolce odore e il suo caro nome.
Al dolore che accompagnava il mio gracile cuore, e gridava al suono di tiepide melodie o alla vista dei suoi occhi tristi.

Yoongi, ti rattristava il fatto che a toccarti fossi io? Appena sfioravo il candore delle tue cosce con l'orlo dei miei polpastrelli tremanti qualcosa in te si spegneva, una luce che neppure la fiamma del desiderio riusciva a restituirti. Neppure le mie labbra, il miele caldo del mio amore, neppure più io.
Non sapevo più sfiorarti, perché come ti sfiorava lui non sapevo farlo io.
Chi era il tuo amante, mio dolce amore? E da quando diventai io l'impostore?

La mattina ti alzavi sempre presto con una scusa per sgattaiolare velocemente via, dopo una tazzina di caffè e tre biscotti. A pranzo non c'eri mai, e non facevi che ripetermi "è l'università, l'università" o addirittura affibbiare la tua assenza al lavoro, però poi ti sentivo sussurrare sottovoce quando ti telefonava qualcosa, qualcosa che mi faceva impazzire, e poi ti sentivo ridere, arrabbiarti, prendere appuntamenti e scappare nuovamente via.
La notte non mi accarezzavi più, ma per me era già un lusso averti accanto.
La nostra relazione era diventata una squallida frase, quella che ripetevi sempre tu:
«Joonie, non ho voglia».
Non avevi più voglia di andare al cinema, mangiare fuori, non avevi più voglia di andare al mare, giocare con Jun e le sue bambole.
Non avevi più voglia di amarmi, di lasciarti andare tra le mie braccia senza dover pensare più a niente, perché quelle braccia ti avrebbero sorretto sempre.
Quelle braccia, quelle braccia erano diventate solide soltanto per te, Yoongi, e tu non te ne sei mai accorto.
Cercavo solo di trattenerti un po' di più, ma era giunto il momento di mettere fine ai nostri tira e molla, sperando ci fosse un per sempre.
Per sempre insieme, per sempre lontani.
Ma non sempre le cose vanno come previsto.

Tornasti prima a casa quella sera, a casa mia, perché tua aveva smesso di esserlo da tempo ormai. 
Io ero uscito da poco, avevo ordinato cibo da asporto dal cinese sotto casa e mi ero distrattamente dimenticato il tuo quadernino sulla scrivania del mio studio.
Passavo ore e ore a rileggerlo, sperando che quelle parole mi sarebbero risultate indifferenti con il passare del tempo, o l'abitudine.

Ecco, lo lasciai proprio lì, vicino il computer sul quale Yoongi studiava, vicino le sue cose, i suoi libri. Lo lasciai in bella vista, e agli occhi di Yoongi di certo non sfuggì.

Come una spina, bucai le ali alla mia piccola farfalla nel tentativo di abbracciarla.

Come una spina, bucai le ali alla mia piccola farfalla nel tentativo di abbracciarla

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amore che vieni,

amore che vai
(seconda parte)

Ballava leggiadro sotto le fioche luci della stanza, seguendo un ritmo tutto suo, avvolto in una sua melodia.
Com'era bello con quel sorriso.
Com'era bello con la sua aria serena, i capelli corvini attaccati alla fronte e il corpo riluttante in quei vestiti scomodi.
Tutti gli invitati si fermavano un po' a guardarlo, anche solo per poco, come fosse un quadro di David, ed io che stavo all'angolo della stanza, con un bicchiere di gin tonic in mano e una sigaretta, non potevo che biasimarli.
Ma ciò che ci differenziava, era la mia fame. In molti avevano timore anche solo di sfiorarlo, come se quella visione così appagante si potesse sgretolare da un momento all'altro, ed io non facevo che sperare che ciò accadesse davvero.

Appassisci, tesoro mio. Vieni qua, sfiorisci e vienimi in mano, fammi piangere un po' e risorgi dalle tue ceneri, mia fenice.
Vieni qua sotto questa luna indiscreta e spegniti mentre mi baci, ardi mentre cerchi di accendermi.

Come facevano gli altri a non volerlo come lo volevo io?
Perché quando mi guardava sentivo la smania di gettargli le braccia al collo e stringerlo, morderlo, sentivo il desiderio farmi stringere i denti come fossi un cane rabbioso e lui il mio unico sfogo! Ma fosse stato soltanto uno sfogo, la mia libellula.

Lo conobbi una sera, ad una festa.
Eravamo entrambi ubriachi marci, lerci, lui camminava per la stanza cantando e brindando, mentre io mi fermavo a ridere e parlare con tutti.
Fu quando inciampò in me e mi versò il bicchiere di vino addosso che ci conoscemmo, tra le mie bestemmie e il suo divertimento.
«scusami, scusami» non faceva che ripetere, con un sorriso sulle labbra, mentre cercava di tamponarmi la chiazza sulla camicia con dei fazzoletti. «perdonami stellina, ma non ci sto stasera con la testa»
Mi squadrò allora dalla testa ai piedi, altezzoso e sfrontato, poggiando il calice di vino su una mensola lì vicino prima di concedermi la sua massima attenzione. «ci conosciamo?»

E non gli servì molto per presentarsi, chiedermi un po' di me e poi usare la scusa della musica per parlarmi sottovoce, nelle orecchie.
Rise ai miei aneddoti, finse di avere soltanto me in testa e, chapeau!
Quando mi poggiò la mano sul fianco non seppi più dire se le guance erano rosse per l'alcool o la sua gentilezza, e sul balcone da soli tutto ciò che desideravo era averlo un po' più vicino.
Così quando mi mormorò schietto un "posso baciarti?" non esitai a dirgli di sì, ad accarezzargli i capelli e a lasciar da parte il resto.

Così, quando finimmo in camera sua, capii che non mi sarei più liberato di lui, e per la prima volta non mi sentii in colpa ad ammettere che a me andava bene così.

Frigobar
Franco126
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note

Sono sul bus per tornare a casa e mancano ancora dodici ore circa, non ho la testa né per correggere né per essere coerente.
Ho in corpo ancora la sbronza dell'altro giorno, quindi perdonate se questo capitolo fa schifo.

Fate finta che abbia aggiunto alla lettera di Yoongi "Chapeau" di Carl Brave e Frah Quintale.
Sentitela se vi va.

"Poi tu mi fumi il cuore come una Lucky Strike"

Stefania

Pesca Vaniglia [k.nj, m.y]Wo Geschichten leben. Entdecke jetzt