Capitolo 10 - In the Eyes of a Sister

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Guy lasciò andare la mano di Marian solo un attimo prima di entrare nella sala grande.
Lunghi tavoli erano stati apparecchiati nella sala e la maggior parte degli ospiti era già seduta al loro posto quando Guy e Marian entrarono nella sala.
Gisborne si sforzò di non fare caso agli sguardi ironici che si erano puntati su di lui non appena aveva fatto il suo ingresso e lui e la ragazza presero posto accanto a Sir Edward.
- Ah, Gisborne. - Disse lo sceriffo, maligno. - Sei ancora qui, vedo. Hai intenzione di dispensarci altre perle di saggezza oggi?
Guy non alzò lo sguardo e scosse appena la testa.
- No, mio signore. - Disse in tono umile.
Sapeva che lo sceriffo aveva appena iniziato a divertirsi a sue spese e che l'unica cosa sensata da fare era sopportare ogni insulto e aspettare che si stancasse.
Marian gli prese una mano sotto il tavolo e gliela strizzò leggermente. Guy chiuse le dita su quelle della ragazza, grato per quel gesto di conforto.
- Buon per te, Gizzy. Bada di tenere la bocca chiusa oppure potrei decidere di punire la tua insolenza. Non credo che ti sia rimasta molta pelle sana sulla schiena, se fossi in te farei il possibile per conservarla integra.
Vaisey era sul punto di dire altro, ma in quel momento entrarono nella sala i servitori carichi di vassoi di cibo e di brocche di vino pregiato e iniziarono a servire il pasto e a riempire i calici degli ospiti.
Lo sceriffo fermò con un gesto imperioso il servitore che stava per versare il vino nel calice di Guy e parlò a voce abbastanza alta perché tutti potessero sentirlo.
- No! Per Gizzy solo acqua, non vorrei assistere nuovamente a certe scene disdicevoli. Dovresti ringraziarmi, non trovi? Evito che possa renderti ancora più ridicolo di quanto tu non abbia già fatto.
Un brusio percorse la sala mentre gli occhi di tutti i presenti si fissavano su Guy in attesa di una sua reazione. L'insulto dello sceriffo era abbastanza grave da spingere un cavaliere a reagire con violenza per difendere il proprio onore, ma sapevano anche che mettersi contro lo sceriffo di Nottingham sarebbe stata una follia da pagare con il sangue.
Guy si alzò in piedi e lasciò vagare lo sguardo sugli ospiti seduti ai tavoli prima di fissarlo nuovamente sullo sceriffo. Né sua sorella, né suo marito erano presenti, notò distrattamente prima di rivolgersi a Vaisey.
- È vero, mio signore, il mio comportamento di ieri mattina è stato vergognoso e desidero scusarmi con chi è stato costretto ad assistervi. Ma a mia discolpa posso dire che non sono il solo colpevole per quello che è successo: anche Lady Marian ha una buona parte di responsabilità.
Marian trattenne il fiato e gli lanciò uno sguardo ferito.
Perché Guy aveva parlato così? Voleva metterla in ridicolo davanti a tutti?
Anche Sir Edward era accigliato e lo fissava con aria severa, mentre tutti gli altri erano curiosi di sentire come avrebbe proseguito.
Guy prese Marian per un braccio per farla alzare in piedi e le sorrise, poi tornò a rivolgersi agli altri nobili.
- Lady Marian è colpevole perché ha accettato di sposarmi e io ammetto di aver celebrato con troppo entusiasmo il nostro fidanzamento. La gioia di averla al mio fianco come futura Lady Gisborne mi ha spinto a esagerare con il vino e a perdere il controllo delle mie azioni. È stato sicuramente sciocco e inopportuno da parte mia e vi prego di nuovo di accettare le mie scuse più sincere, ma spero che vedendo la mia promessa sposa possiate capire il motivo della mia sconsideratezza.
Marian lo guardò, felice e commossa, poi si accorse che gli sguardi che gli altri nobili rivolgevano a Guy erano sempre divertiti, ma meno sprezzanti di poco prima.
- L'ho sempre detto che quella donna ti avrebbe rovinato. - Commentò lo sceriffo in tono annoiato e disgustato. - È come la lebbra, Gisborne, guarda come ti sei ridotto.



Robin guardò Meg, perplesso: la ragazza stringeva in mano un pezzo di gesso e lo stava usando per tracciare un simbolo su una delle travi esterne della locanda.
- E pensi che possa funzionare? - Chiese scettico.
La ragazza alzò le spalle e sistemò meglio il cappuccio del mantello che le nascondeva il viso.
- Allan ha detto che all'epoca era questo il modo con cui contattava Gisborne. E comunque so che il tuo metodo è più divertente, ma non puoi metterti a scagliare frecce all'interno delle finestre del castello. Anche perché non sai quale sia la stanza di Guy.
Robin non poté obiettare e la seguì all'interno della locanda.



Guy guardò Marian e le sorrise da lontano. La ragazza era stata circondata dalle altre donne presenti che volevano ammirare l'anello di fidanzamento o che desideravano coinvolgerla in qualche pettegolezzo divertente e Gisborne era contento di vederla in compagnia.
Quando si era diffusa la voce che fosse la sua amante, Marian era stata isolata e trattata con disprezzo, ma forse ora l'annuncio del loro fidanzamento stava iniziando a sistemare le cose.
Certo, c'era sempre la possibilità che quelle donne fossero solo curiose di sapere se lui si comportava da perfetto imbecille anche in privato, ma non aveva molta importanza.
Marian sembrava essere contenta di chiacchierare con quelle giovani e a lui faceva piacere vederla serena.
La lasciò alla compagnia di quelle nuove amiche e si ritirò dalla sala grande.
Aveva consolato e rassicurato Marian e forse era riuscito a rimediare almeno un po' alla brutta figura del giorno prima, ma aveva ancora un problema da risolvere e stavolta Guy aveva l'impressione che non sarebbe stato così semplice.
Isabella.
Gisborne sospirò.
I suoi ricordi di quello che era successo erano piuttosto confusi, ma ricordava perfettamente l'emozione che aveva provato nel vedere il viso di sua sorella dopo tanto tempo.
In lei c'era ancora una debole traccia del suo volto di bambina, quello che lui ricordava così bene, ma Isabella era una donna ormai, maturata da una vita che lui non conosceva affatto.
Cosa aveva fatto in tutti quegli anni? Erano stati i sorrisi a scolpire i tratti del suo volto oppure i suoi occhi erano diventati così luminosi per colpa delle lacrime di qualche dolore passato?
Aveva lasciato alle sue spalle una adolescente acerba e aveva ritrovato una donna nel fiore della sua bellezza.
Il giorno prima Guy aveva espresso malamente i suoi pensieri, ma non aveva mentito: Isabella non assomigliava molto a Ghislaine se non per il colore dei riccioli scuri e della pelle candida, ma aveva in sé qualcosa della fierezza di loro padre.
Guy si chiese che impressione avesse fatto lui agli occhi della sorella, a parte quella di un villano ubriaco ovviamente.
Quando l'aveva data in sposa a Thornton, le mani di Guy non erano ancora macchiate di così tanto sangue, anche se il suo cuore portava sempre la colpa della morte dei loro genitori. Allora Guy ancora non sapeva cosa significasse uccidere un uomo a sangue freddo, ancora non aveva venduto la propria anima alla spietatezza dello sceriffo.
Come era cambiato lui in tutti quegli anni? C'era ancora in lui qualcosa di quel Guy di Gisborne che era stato il fratello di Isabella?
Voltò l'angolo di un corridoio e sussultò nel trovarsi faccia a faccia con l'oggetto dei suoi pensieri.
Isabella era sola, seguita solo da una domestica, e per un attimo sembrò sorpresa di trovarsi di fronte a Guy, poi il suo sguardo si indurì e fece per proseguire, ignorandolo completamente.
- Isabella! Aspetta! - Disse Guy, muovendosi per sbarrarle la strada.
La sorella lo guardò con disgusto.
- Non ho nulla da dirti. Torna ad affogare i tuoi vizi in qualche taverna.
- Ieri non ero in me, ho detto parole che non intendevo, ma è stato un caso, te lo assicuro, non ho l'abitudine di ubriacarmi.
- Peccato. - Disse Isabella, gelida e Guy la guardò, perplesso.
- Perché?
- Di solito gli ubriaconi muoiono prematuramente.
Gisborne la fissò, sconvolto dal tono della sorella, carico d'odio.
- Vorresti vedermi morto?
- Sì, Guy. Se esistesse una giustizia divina, di te non resterebbero altro che ossa e cenere.
Guy fece un passo indietro, spaventato dallo sguardo di Isabella.
Sua sorella non stava esagerando e le sue non erano parole impulsive dettate dalla furia del momento o da vecchi rancori. Isabella avrebbe preferito davvero saperlo morto, avrebbe voluto posare una lapide di marmo sulla tomba di suo fratello e cancellarlo per sempre dal suo mondo.
Scosse la testa, desolato.
- Perché? - Riuscì a chiedere a bassa voce.
- Sai cosa mi hai fatto?
Guy capì che si stava riferendo al matrimonio con Thornton.
- Ho cercato di darti un'opportunità. Ho afferrato l'unica occasione che avevamo in quel momento...
- No.
- Cosa allora?
- Mi hai uccisa. Mentre eri tu quello che meritava di morire.
Isabella gli voltò le spalle e si allontanò senza dire altro, ma Guy non provò nemmeno a seguirla.
Fece un altro passo indietro e si appoggiò alla parete di pietra con la schiena, tremando.

From Ashes, Through the Fire (Italiano) (From Ashes Vol.3)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora