27) Devo aiutarlo

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Avere papà a casa per Henry significava sostanzialmente farlo sentire in colpa e giocare con la sua pietà, così da avere un po' di libertà e poter andare a vedere i suoi amici, senza la reclusione forzata di sua madre e suo fratello.

Il capostipite dei Gray se ne usciva tutte le volte con la frase: «Cosa volete che succeda? È grande abbastanza. Ha bisogno di un po' di libertà e autonomia.»

Peccato che tutte le volte tornava a casa con i residui di una scazzottata, gli occhi di chi ha fumato un intero camion di maria e con scorte che riusciva a nascondere con furbizia tra i vestiti.

Ma quella volta Henry non sarebbe neanche tornato a casa.

Aveva incontrato Jessie al solito posto, sotto al ponte in cui facevano affari e il suo amico era stato felice di vederlo. «Pensavo fossi morto, cazzo. Non ti vedo da una vita in giro.»

«Mio padre è stato via troppo a lungo.» non bastava altra spiegazione. Jessie aveva già capito.

I due amici avevano fatto i soliti giri, Jessie lo aveva aggiornato sugli ultimi eventi e aveva dichiarato che la sua apparizione era stata una benedizione dal cielo. Quella sera stessa avrebbero fatto un grosso, grossissimo colpo.

Era riuscito a rubare la chiave del magazzino di Oliver Toms - uomo fin troppo stupido per essere uno spacciatore - e avrebbero potuto svaligiarlo senza problemi. Beh, svaligiarlo era un parolone. C'era buste e buste piene di cocaina là dentro. Bastava prenderne un paio per potersi divertire a dovere. E così avevano fatto.

Jessie si era riempito il bagagliaio, per poterla usare anche una volta arrivato a casa.

E poi era finita male. I due avevano iniziato a litigare, solo perché Henry aveva affermato che avrebbe potuto venderla.

Stava pensando di raccogliere abbastanza soldi per raggiungere sua sorella in America. Aveva sempre voluto vedere le terre oltre il continente.

La prossima volta che suo padre gli avesse dato il permesso di uscire sarebbe andato dritto in aeroporto.

Ma Jessie non era dello stesso parere. Aveva iniziato ad insultarlo, dicendogli che non doveva farlo. Vendere quella busta significava far insospettire Oliver Toms e con alte probabilità li avrebbero scoperti.

«Dalla a me. Te ne darò un po' quando vorrai usarla.»

Henry si era arrabbiato all'istante. «No, è mia.» aveva sibilato, prima di iniziare la rissa con il suo migliore amico. Diavolo, erano entrambi idioti. Ma dopotutto erano abituati a picchiarsi almeno una volta sì e una volta no quando si vedevano. Era anche per quel motivo che stavano bene insieme. Personalità troppo scoppiettanti.

Henry si era piegato in due per un cazzotto sullo stomaco e Jessie aveva afferrato la busta di coca.

«No, Jess! Cazzo!» aveva detto, cercando di non urlare nel bel mezzo della notte, dopo aver visto il suo amico lanciare la busta oltre un cancello.

«E adesso riprendila, figlio di puttana.»

Era strano se Henry non aveva neanche pensato a quello che stava facendo? No, era solo questione dei suoi impulsi sballati e delle pillole che aveva rifiutato da suo fratello.

Non poteva rischiare di mischiare medicinali e droga. E non poteva rischiare di lasciare quella busta all'interno di una proprietà che non era sua. Doveva recuperarla.

Jessie si era ormai allontanato. Ed Henry non aveva esitato a trovare degli appigli sul cancello e scavalcarlo. Era incredibile quella sua capacità, ogni tanto si sentiva un po' come Spiderman.

Non aveva pensato alle conseguenze di quel gesto.

Fortunatamente nessun cane era libero all'interno della proprietà. E se doveva essere sincero, non sentiva neanche i cani che abbaiavano dalle loro gabbie, forse a causa dei suoi sensi offuscati dal tiro di coca precedente.

Sex Resolution ◎Niall Horan◎Where stories live. Discover now