Capitolo #11

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× POV LUNA ×

Attendo pazientemente che Frank finisca i suoi bisogni e sbadiglio portandomi una mano davanti alla bocca. Sono le sei e mezza di mattina e la nostra solita passeggiata mattutina é già iniziata da quasi un quarto d’ora. Ho scoperto un parchetto vicino casa, nel bel mezzo del centro di Bologna, e da allora ho sempre portato il cagnolino a fare i bisogni e una bella corsa in quel luogo. È tranquillo, soprattutto di mattina presto che non sono per niente socievole col genere umano, con le occhiaie scure e lo sbadiglio facile ogni cinque minuti, completamente struccata e ancora rigorosamente in pigiama. Questa mattina, peró, il freddo pungente mi ha completamente immobilizzata e prima di uscire ho indossato il mio cappotto pesante, uno di quelli verdi militari con la pelliccia finta sul cappuccio. Non posso permettermi di prendere malanni, soprattutto ora che il mio datore di lavoro sembra essere piú permissivo nei miei confronti. Ha peró scoperto la mancata rissa che ho ingaggiato quasi una settimana fa e mi ha apertamente detto che mi licenzia se sente cose di questo tipo. Ho ancora una volta incassato e sono rimasta in silenzio. Molte volte vorrei veramente rispondergli male, ma poi ricordo di essere in difetto nei suoi confronti, quindi abbasso la testa e sto zitta, solo per la buona convivenza di noi due.
Quando Frank completa la sua opera di bene, mi appoggia una zampa sulla gamba e io capisco che dobbiamo ricominciare a camminare verso casa. Non so come faccia questo piccolo cane, ma é davvero troppo educato e fin da subito abbiamo trovato un metodo di comunicazione efficace. La testa di lato, un abbaio, il tocco della sua zampa, piccoli metodi per farmi capire di cosa ha bisogno. È un cane calmo, non corre come un forsennato per la strada e gli sono immensamente grata di questo, soprattutto di prima mattina. Anche se.... ieri sera ha iniziato a correre verso una ragazza e fortuna ha voluto che lei avesse bisogno di me. Inutile dire che ho odiato quel momento. Aiutare le persone mi piace, lo faccio volentieri, ed é anche nella mia natura, ma quella ragazza era in lacrime, sicuramente per qualche problema in amore e mi aveva chiesto di usare il telefono. Ora avevo credito in meno e un numero di telefono che non conoscevo.
Ottimo.
Non che avessi bisogno di parlare con qualcuno, ma l’idea di aiutare qualcuno in lacrime per amore mi dà ai nervi. Cazzo, non siete in grado di non soffrire? Ma soprattutto, non siete in grado di farla pagare? Bah, troppe mammolette esistono in questo mondo.
Mentre ripenso a quel che é successo ieri, siamo arrivati a casa, giro la chiave nella serratura e sono già dentro il mio appartamento al terzo piano.
Frank si fionda verso i suoi giochi preferiti e inizia a morderli con ancora il collare al collo. Mi avvicino, gli stacco il collare e lo lascio giocare tranquillamente. Intanto mi preparo per andare al lavoro.

***

Dopo una quindicina di minuti sono pronta. Un jeans nero che, in teoria, dovrebbe rendermi piú magra ma in realtà mette in risalto i miei fianchi pronunciati; la polo rossa dell’Esselunga, la versione invernale della divisa da lavoro; capelli legati in due trecce danesi; riga di eyeliner perfetta e abbondante mascara sulle ciglia.
Indosso ancora una volta il cappotto verde militare, prendo la borsa, saluto Frank con un bacio sulla testa ed esco di nuovo dall’appartamento, questa volta diretta all’Esselunga.

***

Arrivo trenta minuti piú tardi, perfettamente in orario per l’apertura del supermercato e pronta per il mio amatissimo reparto surgelati. Ora che il freddo si fa sentire, quel reparto é quasi sempre deserto e, contrariamente all’estate, é quello dove ormai nessuno vuole andare. Per questo sono felice di aver preso in mano questo reparto a inizio settimana, almeno non devo parlare con tanta gente.
Sistemo al loro posto tutti i vari alimenti surgelati, controllando le varie date di scadenza e segnando ogni prodotto catalogato su una cartellina gialla, come quella del mio capo. Attacco prezzi e cambio le varie targhette delle offerte e piú o meno a metà mattinata sembra che abbia completato il mio lavoro.
L’Esselunga si riempie facilmente di clienti e un ciclo continuo di essi va avanti e indietro per gli scaffali, prendendo avidamente quello che li serve e correndo via verso le casse, per fare il prima possibile e ritornare alle loro case. Mi piace bloccarmi ogni tanto e guardarli, pensando magari alla vita che possano avere. Quando vedo un uomo di mezza età con un completo elegante penso sia un avvocato o un importate uomo d’affari, quando entra una signora sull’ottantina la immagino poi regalare le merendine che compra sempre ai suoi nipoti, mentre quando vedo una ragazza in tuta da ginnastica comprare quelle maledette fette biscottate al farro penso sia una nuova proposta per il fitness italiano e che la ritroveró nelle olimpiadi prossime, magari per la corsa ad ostacoli.
In tutto questo mio fantasticare creo storie, come ho sempre fatto fin da piccola, e le interseco tra loro come se fosse una vera vita reale. Cosí nascono i miei personaggi, o semplicemente lati delle loro personalità, guardando le persone attorno a me. Osservo ogni loro piccolo movimento, un tic strano che fanno con la bocca o il loro modo di vestire e lo aggiungo a quel personaggio per il quale secondo me é perfetto. Cosí nascono tutti i personaggi della mia raccolta.
- Luna, a fine settimana vorrei il resoconto di tutto il reparto surgelati. Se ci sono alimenti scaduti voglio saperlo immediatamente, la stagione invernale sta arrivando e non ha senso spendere tanto per cose che i clienti non comprano. - il mio datore di lavoro mi riporta alla realtà. Ascolto quello che ha da dire, il suo viso duro e l’espressione di ghiaccio.
Gli mostro la cartellina gialla su cui sto annotando tutto quello che trovo di anomalo, lui si congratula con me e va via, verso la sua nuova preda.
Fortunatamente mi sta lasciando piú spazio libero perché ci sono state delle nuove assunzioni e i nuovi commessi non sono proprio brillanti. Infatti ora lo sento parlare un po’ troppo ad alta voce verso un ragazzo che avrà sbagliato il luogo dei piselli surgelati. Quasi mi dispiace, ma continuo a completare il mio lavoro.
- Scusi, sa dove posso trovare il gelato? - sento una voce accanto a me e quando mi giro verso la sua direzione, la prima cosa che vedo sono dei ricci scompigliati castano scuro, due occhiali rotondi e grandi e una barba incolta.
Mi immobilizzo per qualche secondo.
Cazzo! Quanto cazzo é bello! penso guardandolo, poi ritorno in me.
- Beh, qui. È il reparto surgelati. - dico, sempre con la mia solita vena umoristica.
Mentre lui osserva attentamente ogni gelato a disposizione lo osservo meglio. Ha uno stile davvero strano per un ragazzo: jeans larghi e portati corti per far vedere dei calzini orrendi col sushi disegnato sopra, una camicia dalla fantasia improponibile e una giacca in jeans ma felpato da sopra. Se non fosse per il suo stile bislacco, dire che é proprio un bel ragazzo. No anzi, lo é veramente.
- Si mi scusi ancora, ma non trovo il gelato Hageen Dazs - continua a dire, una voce forse troppo squillante. Ora noto che ha le cuffie alle orecchie, quelle senza il filo attaccato, e una macchina fotografica compatta alla mano.
- Oh, quello non lo abbiamo piú da quasi un mese, mi dispiace. - gli rispondo, questa volta sfoggiando un sorriso a trentadue denti.
Anche lui mi sorride, mi ringrazia e passa avanti.
Lo osservo da dietro, i suoi capelli ricci che si muovono con lui. Ho un debole per i ragazzi dai ricci, é piú forte di me. Mi piacciono troppo come siano una parte a loro stante, mi piacciono quando sono soffici e quando profumano di buono.
Mentre osservo il ragazzo, noto che alza il braccio con la macchina fotografica e inizia a riprendersi, parlando da solo.
No, non ci credo! penso esterrefatta, sconvolta.
Anche lui no peró!
Non posso crederci che tutti in questa diamine di Esselunga si riprendono come dei pazzi.
Ah, non conoscono la normativa alla privacy?
Mi avvicino a passo svelto e mi paro davanti alla sua vista e lui, interdetto, si blocca.
- Mi scusi, ma non si possono realizzare video senza un permesso - gli dico calma e gentile.
Lui sorride ancora. Ha i denti troppo grandi, ma un sorriso molto sincero.
- Ah oh, non lo sapevo! Allora.... - gira la videocamera della mia direzione e mi sorride ancora - Allora dicevo, signorina mi puó ripetere quel che ha appena detto? -
Sono sconvolta dalla sua reazione insensata e rimango interdetta.
- Come scusi? - gli chiedo, alzando un sopracciglio.
- Ma si, dica di nuovo quello che ha detto a me. - di nuovo un sorriso, sembra abbastanza serio in quello che fa e questo mi preoccupa ancor di piú. Decido di assecondare la sua pazzia.
- Emh... Allora, non si possono fare video dentro i supermercati per questione di privacy - dico convinta.
Poi lui blocca la telecamera, mi guarda ancora sorridente.
- Grazie mille!- esclama, e se ne va.
Ancora piú sconvolta lo seguo e, nonostante la difficoltà a stargli al passo dato che ha due gambe lunghissime, lo blocco di nuovo.
- No senta, non ha capito. I video sono vietati! - gli dico ancora, mimando a gesti quel che dico.
- Ma dai, si faccia una risata. Sono anni che vengo qua e non succede nulla! - mi dice, convintissimo.
- Ma questa volta ci sono io, e io la vieto di.... - non mi fa finire di parlare che mi blocca.
- Senti, ho un canale YouTube, queste cose fanno views! - dice, mostrando i la telecamera come se fosse una pubblicità con occhi spiritati e la bocca aperta in un’espressione di stupore.
- Come scusa? - gli chiedo ancora, di nuovo interdetta e di nuovo col sopracciglio alzato.
YouTube, views, ma che cazzo sta dicendo?
- Ma vivi sul pianeta Terra tu?- questa volta chiede con una faccia seria, come se fosse la cosa piú ovvia al mondo.
Questa é la mia tecnica usata per trollare la gente, far finta che io stia parlando di qualcosa di serio ma in realtà non lo é. E questo ragazzo me la sta ritorcendo contro.
La mia reazione é completamente inaspettata.
Rido, piano ma rido.
Il ragazzo fa lo stesso, probabilmente ho una risata contagiosa.
- Non puoi trollare la regina del troll. - gli dico sorridendo.
- Oh scusami, non volevo! - alza le mani al cielo come per dire di essere innocente.
- Comunque seriamente non capisco di cosa stai parlando.- gli dico sincera.
- Senti, tu permettimi di mettere su YouTube questo video con te che dici quella frase, e poi ti spiegheró come va il mondo- dice tutto ció entusiasta, come se fosse un bambino davanti al suo primo regalo di Natale e mi fa sorridere istintivamente.
Ci penso su, l’idea di trovarmi sui grandi schermi non mi alletta particolarmente. I video con Giosué erano un’altra storia, sono subito stati messi del dimenticatoio. Da come parla questo ragazzo, sembra che ci vive con queste cose.
- Mh, va bene, ma solo questo video. - gli rispondo.
- Ottimo, grande! - esulta ancora, poi prende il telefono e lo sblocca. - Se mi dici come ti chiami poi ti cerco su Facebook e ti invio il link del video - dice ancora per poi guardarmi attraverso i suoi occhiali rotondi.
- Oh ecco, Luna Sciamanna - rispondo semplicemente.
Lui digita il nome e appare la schermata del mio profilo, clicca sopra la richiesta di amicizia e poi ripone il telefono.
- Non sei di qua vero? - mi chiede.
E quella domanda spegne completamente ogni possibilità di amicizia con lui. Già immagino che dopo la fantastica scoperta non vorrà mai piú parlare con me e sotto sotto mi dispiaceva perché sembrava un ragazzo alla mia portata, avrei potuto avere un amico.
- No, sono pugliese. - gli rispondo, aspettando di incassare il colpo.
- Mamma mia voi in Puglia avete un sacco di cose buone da mangiare, sicuramente tu sarai bravissima a cucinare che bello - mi dice euforico.
E io sono sconvolta da come ha preso la notizia. Semplicemente bene, benissimo. E mi fa spuntare un sorriso a trentadue denti.
- Oh si, piú o meno, diciamo.... - gli rispondo indecisa.
- Ti trovi bene qua?Spero di si, anche per me é stato difficile inizialmente... - inizia ancora con quel tono da troll, strano ma allo stesso tempo serio. Lo guardo col solito sopracciglio alzato.
- Non ci credo che sei del sud, hai un accento bolognese troppo marcato! - lo blocco immediatamente, pensa davvero di poter fare lo stesso gioco con me?
- Oh no, io in realtà sono polacco. - mi dice serissimo, senza espressione.
Non ho il tempo di controbattere che gli squilla il telefono e risponde.
- Ehi dimmi Cesu - mi fa segno col telefono e mi saluta con la mano, iniziando ad andare verso l’uscita.
Lo guardo interdetta dall’ultima notizia che mi ha dato. Ma no, non puó essere polacco, ha un accento troppo forte per esserlo e poi... Poi ricordo che non mi ha detto il suo nome.
Mi avvicino ancora a lui e alzando un po’ la voce glielo chiedo.
- Ma tu come ti chiami? -
- Nelson Venceslai - mi dice, togliendo il telefono dall’orecchio per poi continuare a parlare col suo amico.
Nelson, cazzo, forse é veramente polacco.
Ma poi l’unica cosa che penso mentre torno al reparto surgelati é che voglio incontrarlo ancora e diventare sua amica.
Per la prima volta da quando sono a Bologna voglio essere amichevole con qualcuno.
Con Nelson Venceslai, il polacco. 

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