Chapter 1

7.6K 389 54
                                    

Chapter 1

Londra, 1856.

Qualche mese prima..

Diana rimase a fissare i bambini che giocavano in giardino dalla finestra della “camera delle torture” così sopranominata dalla direttrice del London Orphanege, Mrs Robinson.  Una donna crudele e senza cuore che si divertiva a mettere in punizione i bambini anche se non avevano commesso alcuna infrazione. Diana aveva solo mangiato una patata in più a pranzo, presa dal mio piatto, che ci era costato una settimana in isolamento e due giorni in questa stanza dalle pareti nere che dava sul giardino. Ovviamente per me non era importante giocare con tutti gli altri bambini, perché tra poche settimane avrei compiuto 18 anni e avrei portato via Diana da questo posto infernale. Il segreto era resistere, ma più si avvicinava la fine, più Mrs Robinson intralciava i nostri piani. Non sapevo bene se conoscesse già tutto, o non ne era al corrente, ma quando lo dissi a Diana, un giorno, vidi un’ombra ferma davanti alla porta, qualcuno stava origliando ma non sappi mai chi. “Diana, ce ne andremo da qui, è una promessa.” Le sussurrai poco dopo, troncando così il discorso. Lei annuì contenta e saltellò per tutta la stanza. Quella gioia che ora nel suo sguardo mancava.

«Diana, ti va di giocare a “Inventa una storia”?» proposi fingendo un sorriso. Diana sbuffò infastidita, e continuò a rivolgere la sua attenzione a quei bambini che si stavano divertendo senza di lei.

«Vuoi essere una principessa o una guerriera che in sella al suo drago salva la città?» continuai esultando vigorosamente. Nessuna risposta. Diana decise di restare ferma, con una mano sotto il mento reggendolo e lo sguardo perso nel vuoto. Che altro potevo fare? Mi sentii impotente davanti alla tristezza di una bambina.

«Hai ragione, Dì, sono un disastro.» sospirai, chiamandola con il soprannome che odiava tanto. Volevo una sua reazione.

«Smettila di chiamarmi in quel modo, Rose.» commentò seria, rivolgendo i suoi occhi su di me. Erano tremendamente lucidi e sul punto di piangere. I suoi bellissimi occhi color oceano. Eppure eravamo sorelle di sangue, ed io avevo degli insignificanti occhi marroni.

«Comunque non sei un disastro, sei la miglior sorella del mondo!» le sorrisi e venne ad abbracciarmi, distogliendo la sua attenzione da quel pozzo di infelicità che la stava facendo star male. Come poteva Mrs Robinson odiare così tanto i bambini? Erano una delle sette meraviglie del mondo.

«Grazie, Diana.» mi prese una mano tra le sue ed iniziò ad accarezzarla. Vidi una lacrima lasciare il suo bel viso, e l’asciugai.

«Manca poco ormai. Saremo fuori di qui, piccola mia. Promesso.» la cullai tra le mie braccia, fino a quando non si addormentò e mi lasciò sola con i miei pensieri. I suoi capelli biondi e lunghi toccarono il pavimento, visto che questa stanza era vuota, non c’era proprio nulla. Li invidiavo perché erano morbidi e lucenti, mentre i miei erano castani e corti, senza una forma. Mrs Robinson li aveva tagliati una settimana prima perché avevo dato la Buonanotte a Diana dopo il coprifuoco. La sua crudeltà non aveva mai fine, e forse era proprio infinita. Stava rendendo questi nostri ultimi giorni un vero inferno, ma io e Diana avremmo resistito anche alle torture più atroci se questo avesse voluto significare uscire fuori di qui. Qualcuno bussò alla porta e la serratura scattò facendo riemergere dall’oscurità quella donna che tanto odiavo. Mi guardò duramente, con un sorriso beffardo e soddisfatto in viso. Il suo lungo vestito largo e nero si addiceva molto alla sua personalità e al grigio dei suoi capelli. Il tempo aveva marcato anche lei, inesorabilmente. Si passò una mano tra i capelli, raccogliendo una ciocca caduta dal suo chignon, mentre nell’altra mano teneva un paio di chiavi che aprivano tutte le porte di questo edificio. Si avvicinò a grandi passi verso di me con ancora Diana tra le braccia. Fu così vicina da lanciare un calcio alla gamba di mia sorella facendola sobbalzare. Diana si svegliò bruscamente ancora inconsapevole di chi aveva davanti.

«E’ finita l’ora del riposino, Signorina Diana! Vada subito in isolamento!» tuonò con cattiveria. Prese il polso di Diana ed iniziò a scuoterla violentemente, fino a quando il fragile corpo di mia sorella non fu sull’attenti pronto ad andare verso l’inferno. Mrs Robinson la studiò con attenzione, accompagnandola lontano da me. Rimasi immobile, ancora con il fiato corto e il terrore, incapace di aiutare Diana. Scossi la testa e lanciai un pugno sul pavimento, facendomi male alla mano. Era assurdo sentirsi impotenti e non fare nulla. Riconobbi il suono della passi di Mrs Robinson lungo il corridoio arrivare fino a me. Si sistemò la collana col crocifisso che portava sempre al collo e ritornò seria.

«Per quanto riguarda te, Rosemary, hai del lavoro da svolgere.» senza che lei potesse dirmi qualcosa mi alzai e la sfidai con il mio sguardo. Dovevo resistere ancora per qualche settimana. «C’è da rastrellare le foglie dell’albero maestro in giardino. Sarà bene che ti sbrighi, o il vento rovinerà i tuoi sforzi.» continuò velenosa. Non dissi una parola. Mi limitai ad annuire e superarla con passo svelto. Sentii il suo sguardo bruciarmi la schiena, ma continuai la mia strada verso il giardino. Quando l’albero maestro si mostrò a me, sorrisi. Era il mio posto preferito. Da piccola restavo qui a leggere qualche libro, o semplicemente a vedere le foglie che cadevano leggere sul prato. Ogni volta era sempre la stessa domanda: Qual era il senso della vita? Vedevo quelle foglie nascere, crescere ed invecchiare velocemente. Poi lasciavano la loro casa e si depositavano a terra, disgregandosi completamente attraverso il tempo e le circostanze. Questo era uno degli affascinanti misteri della vita. Il ciclo che ogni essere vivente doveva conseguire, nel bene o nel male. Rassegnata al mio destino, mi caricai di forza e coraggio, e con il sacco di stoffa in mano e l’uso delle mie arti superiori, iniziai a raccogliere le foglie che a causa del vento sfuggivano alla mia presa. Le invidiai. Potevano volare libere lontano da qui, mentre io ero ancorata ancora a questo posto che mi aveva distrutta giorno dopo giorno. Se non ci fosse stata Diana a darmi la forza per andare avanti, sarei morta mentalmente, lasciando al mio corpo l’inutile sofferenza di vivere ancora.

«Oh, Mayer.» la voce di Emily Owen mi fece sobbalzare. I suoi capelli castano scuro caddero magnificamente sul suo viso, contornandolo alla perfezione. Era accompagnata da Carla Mills e Amber Russell, le sue amiche. Qualcosa mi suggerì che non avevano buone intenzioni, e che come sempre erano venute per farmi qualche dispetto e mettermi ulteriormente nei guai.

«Vuoi ignorarci?» risero in coro. Sbuffai e continuai a raccoglie le foglie dal prato. Forse, se non le avessi degnate di uno sguardo mi avrebbero lasciato in pace. Sentii dei passi venire verso di me, e con un rapido gesto Emily strappò il sacco di stoffa dalle mie mani e lo svuotò, lasciando che le foglie fossero portate via dal vento. Dovevo rifare tutto d’accapo. Rimasi in silenzio, con la testa bassa, a fissare le mie scarpe. “Solo pochi giorni, Rosemary. Non perdere la pazienza.” Mi convinsi mentalmente. Lasciai che il mio corpo si calmasse, e la mia rabbia sbollisse. Dovevo pensare a Diana, alla sua felicità. Era mio compito proteggerla e portarla via da qui. Ci sarei riuscita, anche a costo di sopportare ogni minima tortura. Diana veniva prima di tutto.

«Guardatela, ha perso la lingua.» ad ogni battuta di Emily, le sue amiche ridevano, prendendomi in giro. Chiusi gli occhi e lasciai uscire tutta l'aria dai polmoni, stringendo le mani in pugni pronti ad esplodere. Alzai lo sguardo e incontrai i suoi occhi grigi che mi guardavano con superiorità. “Diana, pensa a Diana, Rosemary.” Ancora quella voce nella mia mente.

«Che sta succedendo qui!» deglutii a fatica quando Mrs Robinson spuntò dal nulla. I suoi occhi erano pieni di rabbia, ed io ero già rassegnata. Un’altra punizione. Stavolta che mi avrebbe fatto? «Voi 3, andate in camera vostra, subito!» tuonò incapace di controllare il tremore che scosse il suo corpo. « E tu, brutta ribelle che non sei altro..» si avvicinò pericolosamente a me, impugnando i miei capelli tra le sue mani e tirando forte «Stasera non cenerai, né dormirai. Domani mattina voglio trovare i bagni delle ragazze splendenti come specchi.» oh no «O potrei tagliare quei bellissimi capelli biondi a tua sorella.» minacciò seria. «Adesso finisci il tuo lavoro qui, e poi torna subito dentro.» mollò la sua presa sui miei capelli, e massaggiai la cute per il dolore. Mia sorella era in pericolo, e dovevo salvarla.

Camelia ∞Unde poveștirile trăiesc. Descoperă acum