Storia di un tampax e della vongola che gli insegnò a volare

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Storia di un tampax e della vongola che gli insegnò a volare

Il nemico era lì.

Sotto il mio stesso tetto, condivideva i miei spazi, respirava la mia stessa aria.

Sgusciava minaccioso lungo gli scaffali pieni di libri, seducendo chiunque con il suo fascino innato di divoratore di mutandine di pizzo, e io mi domandai cosa mai avessi commesso nella mia precedente vita per meritarmi un simile supplizio. Forse ero stata la creatrice della pizza con l'ananas? Avevo versato il parmigiano sugli spaghetti con le vongole? Avevo pronunciato arancini invece che arancine come voleva mia nonna? Oppure mi ero macchiata del peccato di non credere nella divulgazione scientifica?

Non lo avrei mai scoperto, questo era certo, l'unica sicurezza rimastami era che adesso avrei dovuto aver a che fare con un EL per tutta la giornata e che, proprio per questo motivo, avrei rischiato l'infarto ogni secondo.

Avevo pure tentato di mandare un SOS a mia sorella Patrizia, scongiurandola di venire da me e saltare le lezioni per venire ad aiutare sua sorella maggiore, vittima di quella tremenda tortura, l'unica risposta che avevo ottenuta era stata:

Non posso, Cass, sono a lezione di educazione sessuale e ci stanno spiegando come si mette il preservativo femminile. Sto prendendo appunti ora, ci sentiamo più tardi.

Ero appena stata silurata dalla mia sorellina adolescente per colpa dei suoi ormoni impazziti che non vedevano l'ora di sfornare sorpresine degli ovetti kinder qual erano le sue ovaie.

Tutta colpa degli uomini, di nuovo.

Oltre a ciò, Ugo stava facendo del suo meglio per tormentarmi, perché, da grande stronzo qual era, ci teneva a ricordarmi che era unicamente colpa della mia fobia se lui si ripresentava ogni mese per tormentarmi. Le ovaie sembravano d'accordo con lui, inoltre, per non dire che festeggiavano alla grande all'idea che potessi concepire qualche Cicciobello con quell'Essere Lucente. Loro, purtroppo, non credevano nei dieci comandamenti della popolazione brutta e se ne fregavano altamente della mia situazione. Avevo paura degli uomini? Pazienza, tanto l'unica cosa che le interessava erano i loro fuscelli dalla testa di cocomero e la coda di serpente.

Maledette stronze.

Da quando avevo esplicitamente dichiarato che io e lui non avremmo mai potuto avere alcun tipo di rapporto per colpa del suo non disporre di una vongola fra le gambe, Simon non mi aveva più parlato. Lo avevo visto allontanarsi poco dopo con Tamara e avevo ascoltato i due mentre si bisbigliavano strane frasi, probabilmente il rosario delle persone dotate di bellezza stratosferica. Infine, lui si era voltato, mi aveva guardata, aveva lanciato il suo sorriso, che aveva indotto le mie ovaie a tirare fuori la fisarmonica e cantare la versione porno de La donna immobile, ed era risalito al primo piano.

Da allora, non l'avevo più visto, principalmente perché avevo trovato ogni scusa possibile per non salire a mia volta le scale e dover avere a che fare di nuovo con il suo bel volto da arcangelo sceso in terra per diffondere il seme del suo splendore nel ventre di altre donzelle.

La giornata era proseguita, con mio sommo stupore, piuttosto tranquillamente. Tamara mi aveva fornito il contratto da firmare, per ora impostato solo per il primo mese di prova, e io avevo attentamente studiato ogni clausola e orario da seguire, per poi ricordarmi di essere una donna estremamente asociale e che qualunque fosse stato il mio turno di lavoro, io non avrei avuto comunque niente da fare.

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