paradise

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song for the chapter ; heaven, troye sivan







«Non saltare! Ti scongiuro, non farlo!»








* * *







Jeon Jungkook era sempre stato un normalissimo ragazzo di diciassette anni.
Apparentemente, e agli occhi di tutti, era così.

Eppure nessuno era a conoscenza del suo grande segreto, quello per cui avrebbe voluto sotterrarsi, semmai fosse venuto a galla.
Amici, videogiochi e feste per lui non erano la quotidianità.
Era esattamente l'opposto, nel profondo, di un liceale comune.

Jungkook soffriva di una lieve forma di depressione.

Non ne andava fiero, era per questo che avrebbe preferito sparire dalla faccia della terra, piuttosto che far conoscere alle persone la sua malattia.

Così, ogni giorno, Jungkook si svegliava, prendeva le sue medicine mattutine, e andava a scuola come sempre.
Tornava a casa, prendeva i farmaci pomeridiani, e si rinchiudeva nella sua camera senza spiccicare parola.
Arrivava la sera, e Jungkook si alzava abitualmente dal suo letto, scendeva giù in cucina per prendere una tazza di latte, e sgattaiolava di nuovo nella sua tana, alla ricerca del familiare calduccio sotto le coperte.
Era così che si nascondeva, e che nascondeva al mondo la sua patologia.

I genitori erano gli unici a conoscenza del disturbo del figlio, lo avevano capito molto tempo prima, quando il loro piccolo di dodici anni aveva cominciato a comportarsi in modo piuttosto insolito. D'improvviso notarono che era diventato più irascibile, più stanco per ogni movimento, aveva sviluppato nel tempo una forma di ipersonnia che non gli permetteva di rimanere concentrato per più di cinque minuti, e piangeva... piangeva in silenzio, senza una ragione specifica.
Comportamenti simili da parte di un bambino appena dodicenne li avevano fatti riflettere, e non poco.
Tuttavia non si erano mai veramente preoccupati.

Si erano recati dal loro medico di fiducia, che gli aveva diagnosticato la malattia e stabilito degli appuntamenti con uno psicologo, poi una serie di cure per evitare che la situazione peggiorasse, andando in tal modo verso una tipologia più grave che lo avrebbe portato solo ad una lenta degenerazione.

In realtà, Jungkook stava già degenerando, nel suo piccolo silenzio, senza che nessuno se ne accorgesse.

Sua madre, suo padre, suo fratello... Tutta la sua famiglia era completamente ignara di ciò che stava subendo il ragazzo.
Non parlava, mangiava poco, per questo era esile quanto un chiodo.
Era diventato una vera e propria ameba, nessuno che si curasse veramente di lui.

Fu un giorno, che questo inquietante silenzio scoppiò in un grido disperato di aiuto.

A Jungkook non bastava più il suo piccolo mondo, era rimasto deluso e ferito anche da quello stesso nascondiglio che si era creato.
All'universo non importava più nulla di lui, quindi perché a lui avrebbe dovuto importare qualcosa dell'universo?

Pensò che il metodo migliore fosse utilizzare il colore rosso.

Fu sua madre a capire per prima che qualche bullone, nel cervello del suo dolce e quieto figliolo, non era avvitato bene da molto, molto tempo.
Quel piccolo aggeggio stava solo aspettando il momento giusto per smontarsi e far crollare l'intero meccanismo.

Quanto può essere fragile la mente di una persona?

Gridò quando lo vide, privo di sensi, steso in una pozza di sangue rosso, nel bagno del suo rifugio preferito.
Era l'11 maggio 2012, quando Jungkook tentò di suicidarsi per la prima volta.

BTS ONE SHOTS ; ♡Where stories live. Discover now