coffee shop

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song for the chapter ; bts, scenery ( lullaby version )




« Our story will never end »










«Un caffè macchiato e una fetta di torta al cioccolato, la ringrazio» dissi alla gentile cameriera che stava annotando la mia ordinazione sul suo blocchetto di fiducia.

Non appena mi ritrovai solo, al solito tavolino, seduto comodamente sulla mia poltroncina in pelle bianca a colore con le candide pareti del piccolo bar, cominciai ad estrarre il mio quaderno e una matita finissima appena appuntata.

Come ogni giorno, mi incantai a fissare dalla finestrella accanto al mio posto tutti i passanti, le strade di Daegu e il cielo che in quel primo pomeriggio era tinto di un chiaro celestino sbiadito, ornato da batuffoli sparsi di nuvole che parevano cotone.

Prendevo molta ispirazione dai momenti, dalle situazioni.
Osservai per lungo tempo una giovane mamma intenta ad allattare il suo bambino, poggiato sul seno con uno sguardo beato e sognante, e un tenero amore dipinto sulle sue guanciotte rosee e paffute.

I miei occhi vagabondavano sempre più del dovuto. Avrei potuto trascorrere ore, addirittura giorni ad esaminare ogni più piccolo e insignificante dettaglio del territorio a me circostante. Tutto poteva tornarmi utile, qualsiasi cosa che catturasse la mia attenzione. Dopotutto, un vero pittore dovrebbe saper fare proprio questo, lasciarsi trascinare dalla bellezza e dalla particolarità di ciò che lo circonda, ed essere in grado di riportare su tela quel capolavoro secondo la propria ottica, trasformando tutto in sua arte personale.

Questo era quello che cercavo di imparare ogni giorno, guidando abilmente su un foglio di carta la mia mina preferita, facendola voltare e rigirare più volte, fino a quando la massima espressione di ciò che veramente provavo dentro non ne sarebbe venuta fuori.

Non mi consideravo un artista, per niente. Non mi davo arie, bensì lo facevo per puro divertimento. I miei lavori mi piacevano, ma mai abbastanza da definirli professionalmente delle opere di grande valore, e non mi pagavano assolutamente per disegnare, né io volevo essere pagato.
Neanche osavo vendere i miei quadri, perché l'idea di potermi separare da uno di loro mi faceva stare male. Ciò che dipingevo era strettamente personale, tutto proveniva direttamente dal mio cuore... sarebbe stato come permettere ad un qualsiasi estraneo di sbirciare in un pezzo della mia anima, e non avrei mai desiderato che ciò accadesse.
Ero molto geloso della mia mente, così come della mia arte.

E in quello strano pomeriggio, stavo proprio cercando un qualche cosa di unico su cui focalizzare la mia attenzione, cosicché ne uscisse un primo abbozzo che sarebbe diventato di veramente grande importanza.

Squadravo tutto ciò che mi passava davanti agli occhi, in una caccia famelica per un soggetto da riprodurre sul mio foglio, rimasto bianco per troppo tempo.

Troppo concentrato a perdermi nella mia testa e per i semafori in strada, non mi accorsi che la signorina disponibile di qualche minuto prima mi aveva già portato quanto richiesto, sempre con un sorriso stampato in volto, che io ovviamente ricambiai subito. La vedevo ogni santo giorno, e ricordava sempre ciò che chiedevo.
Sembrava che amasse il suo lavoro, per l'impegno che ci metteva nel portarmi in orario ciò che ordinavo, e tutto perfettamente disposto.
Il solito caffè, con la stessa fetta di torta che prendevo quasi giornalmente. Era diventata un'abitudine andare in quel localino tranquillo e indisturbato, sia perché dopo l'università riuscivo a trovare un po' di pace dallo studio rifugiandomi in fretta nel mio posticino per bere una veloce bevanda, sia perché adoravo l'atmosfera presente. Una musichetta rilassante di sottofondo mi conciliava sempre il disegno, e ormai ero diventato un cliente abituale da qualche mese.

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