i love you

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song for the chapter ; bts, tonight
( lullaby version )






Tutti sapevano cosa fosse successo, quella notte del cinque luglio.

O almeno, tutti credevano di sapere.











Una sirena assordante svegliò le famiglie di tutta la piccola cittadina, che in preda al panico scesero ognuna sotto le proprie case, temendo che fosse successo il peggio.

La polizia si aggirava per le strade, sfrecciando a tutta velocità alla ricerca di un qualcosa,
o meglio...
di un qualcuno.

Avevano raccolto abbastanza prove, sufficienti per acciuffare la persona di cui avevano sempre sospettato.
L'assassino si era presentato sopra un bellissimo piatto d'argento, sotto gli occhi di tutto il paese, raggirando per bene la comunità e nascondendosi abilmente dietro finte recite.

Adesso ce l'avevano in pugno, quel ragazzino insolente dai capelli bianchi.
Aveva sempre avuto una buona condotta, ma solo esternamente.
E ciò che pensava dentro, ciò che era veramente non lo aveva mai mostrato a nessuno.
Il suo lato più oscuro non era mai stato rivelato, fino ad allora.

Ma tutto il corpo poliziesco di Taebaek aveva scavato a fondo per trovare la vera identità di Min Yoongi.

Era un semplice ragazzo di diciannove anni, oppure uno spietato assassino?

La risposta sarebbe arrivata presto, più del previsto, non appena la sicurezza cittadina bussò alla porta dell'incriminato.
Pochi secondi ci vollero, affinché questa venisse aperta di poco, rivelando così una donna dai capelli castani e dal viso imbronciato, una sigaretta alla bocca e tanta indifferenza negli occhi.

«Yoongi! C'è qualcuno per te» sbuffò, prima di andarsene con lo stesso sguardo annoiato e lasciare che i poliziotti entrassero.

Ci fu un attimo di quiete, prima che l'atteso nominato scendesse dalle scale di legno mezze rotte di quella casa malridotta e barcollante.
Una vera e propria topaia.

E l'occhiata che lanciò alle forze dell'ordine fu tranquilla, e addirittura piena di speranza.

«Ci sono novità? Avete notizie riguardo Jiminie?» chiese con una vocina flebile, quasi intimorito di sentire la risposta.
Aveva paura che gli arrivassero brutte notizie.
Era veramente così?

«Deve venire con noi, signor Min. Dobbiamo interrogarla ancora una volta, per altri dettagli sulla scomparsa».

Min Yoongi fu portato alla stazione di polizia, segretamente sospettato della scomparsa e dell'omicidio del suo migliore amico, Park Jimin.

Era un tipo tranquillo, apparentemente.
Ma il ragazzo aveva per certo una doppia vita, oscurata dalle sue buone maniere e dalla sua apparente ottima educazione.
Come avevano fatto tutti i sospetti a ricadere proprio sulla figura del buon ragazzo di famiglia, gentile e sempre disponibile?

Tante testimonianze contro di lui.
E sopratutto, la voce di bambini innocenti a confermare che lui, di buono, non avesse proprio un bel niente.

La polizia decise di concentrarsi sulle preziose parole delle sue sorelline.
Una mossa saggia, perché probabilmente i suoi genitori avrebbero cercato di coprirlo in tutti i modi, se lui fosse davvero stato il colpevole di quell'omicidio.

Parve strano che dalla bocca di tre piccole creaturine indifese potessero uscire certe cose.
Sostenevano di aver visto più volte il loro bravo e amato fratello che cercava di stuprare il suo stesso migliore amico, la persona con cui era letteralmente cresciuto, e che lo aveva sempre aiutato nei momenti di sconforto.

E lui avrebbe osato ripagarlo in questo modo? Usando violenza su di lui?
Qualcosa non era chiaro.

Ma una volta giunti sul luogo, dopo essere entrati in una stanzetta grigia e occupata solo da due sedie e un tavolo, la verità sembrava più vicina che mai.

«Yoongi, abbiamo bisogno di porti un'essenziale domanda» cominciarono a turno, in cerchio al bianco che giaceva spaesato e confuso al suo posto, in preda al panico più totale.

«... Sei stato tu ad uccidere Park Jimin? Il tuo amico? L'hai ucciso tu, Yoongi?».

A quelle domande lancinanti, il ragazzo si sentì mancare il respiro in gola.
Lo stavano forse accusando di un omicidio? Su che basi? Con quali prove?

«Cosa?! No! Io... io non ho più visto Jimin da prima della sua scomparsa, come potete insinuare ciò?» cominciò a sudare, non poteva più contenersi.

Arrivarono sempre più domande, identiche l'una all'altra, così come le risposte.
Yoongi sembrava un disco rotto.
Continuava a ripetere la sua versione, mentre lo assillavano sempre di più, in ogni modo possibile.

«Non ho ucciso il mio migliore amico! Sottoponetemi al siero della verità se non ci credete! Io sono innocente! Dovete trovare il vero assassino!» implorava.

Nessuno aveva una pista, nessuno sapeva più come estorcere una ipotetica confessione.
Avrebbero dovuto provarci, in ogni caso. Tanto valeva utilizzare questo metodo, come ultima chance.

Yoongi si sentì scorrere il farmaco tra le vene, e una sensazione di torpore gli attraversò il corpo, la sua mente fu per qualche istante annebbiata, e sembrava non prestare più attenzione a nulla. Ma era ancora convinto di ciò che affermava saldamente, senza batter ciglio.

«Ve l'ho già detto, non sono stato io!» piagnucolava sempre la stessa identica frase, in risposta alla stessa identica richiesta.

Fino a quando un uomo, dal fondo della camera, non fece una domanda inaspettata, che Yoongi non aveva mai sentito, e alla quale non era del tutto preparato.

«Yoongi, cosa ti ha detto Jimin mentre lo ammazzavi?»

E il ragazzo si guardò le mani, sudato e confuso, totalmente stravolto dalla medicina che aveva preso possesso della sua testa fino a fargli perdere il controllo, prima di dichiarare una triste verità e un'ultima frase decisiva, con gli occhi bagnati e un'espressione del tutto apatica sul volto.

«Ti voglio bene, Yoon».

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