Capitolo 10 "La notte degli sventurati"

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Lo sparo veniva dal Wall Maria.
«Forza soldati! Dobbiamo rientrare il prima possibile!»
Urlò il comandante allarmato.
Guardai la caposquadra.
«Caposquadra, posso?...»
«Sbrigati! Vai dai Erwin! Torna qui e riferisci»
Gridò in riposta ella per farsi sentire nel trambusto.
«Sì signore!»
Accelerai di corsa.
Mi fiondai in avanguardia.
Mi avvicinai al comandante in galoppo.
«Comandante! Comandante!»
«Soldato!»
«Comandante!»
«Cosa c'è?!»
Gridò ancora.
Stavo svenendo per la stanchezza.
«Che succede al Wall Maria?!»
«Non ne ho idea. Tu rimani qui. Appena saremo abbastanza vicini ti dirò e andrai a riferire! Chiaro?!»
«Si signore!»
Continuammo a galoppare velocemente.
Quando fummo ad un chilometro dalle mura il comandante parlò.
«I giganti hanno distrutto il distretto di Shiganshina! T/C corri a riferire!»
Rimasi paralizzata.
«Come è possibile?! Quelle mura sono alte cinquanta metri comandante! Ci deve essere uno sbaglio!»
«Non farti troppe domande! Muoviti!»
Corsi dalla seconda unità a passo svelto.
«T/C cosa succede?!»
Ancora sconvolta parlai.
«I giganti! E il Wall Maria! Lo hanno distrutto caposquadra!»
Strabuzzò gli occhi annuendo mentre io mi rimettevo in formazione.
Appena i trovammo sotto le mura non avemmo neanche il bisogno di farci aprire i cancelli, dato il grande foro.
In quel l'attimo prima di entrare pensai però a tutte le donne e tutti gli uomini, i bambini, gli animali, gli anziani che proprio quel giorno avessero pagato con la vita debiti che non avevano.
Sarà stato uno scempio, una strage.
Immaginai.
Poi dovemmo rientrare per salvare la gente ed un po' di nervosismo mi assalì dato che le mura spaccate fossero di cinquanta metri.
Ci guardammo intorno e poi il comandante parlò.
«Soldati, ascoltate attentamente ciò che sto per dire! Non importa come, ma dovete fare fuori più gigante possibili! E se trovate gente sotto le macerie portatela all'ingresso del Rose! Provate almeno a recuperare il distretto, svelti!»
Purtroppo ad assisterci non c'era né la Guarnigione né la polizia militare, poiché quasi sicuramente gia andate via.
Quanto erano utili le nostre unità di difesa
Ero d'accordissimo col mio pensiero.
Comunque da quel momento in poi i miei ricordi sono abbastanza offuscati.
Ricordo che ci fu un omicidio di massa.
Tutti i soldati che si muovevano sveltamente per il distretto.
Non rammento bene quanti titani abbia effettivamente ucciso, credo solo che in quel giorno ne ho di sicuro uccisi il doppio di quelli che avevo accumulato in quattro spedizioni.
Purtroppo non riuscimmo a riparare tutto e fummo costretti -ormai a tardo pomeriggio- a rientrare nel Wall Rose dove ovviamente ad accoglierci ci furono i soliti commentini degli abitanti.
"Spendiamo i nostri soldi per queste persone!"
"Saranno la nostra rovina!"
"Mai una volta che facessero qualcosa di buono!"
Ma statti zitto che vorrei vedere te in mezzo ad una tempesta con un umanoide alto quattro metri che guarda caso vuole mangiare proprio te. Poi voglio vedere come commenti di nuovo le nostre missioni.
Credo che tu abbia avuto una crisi isterica in quel momento.
Si, mi ero arrabbiata.
Avevamo perso tanti soldati.
Tra di loro i miei amici.
È come al solito la spedizione era andata uno schifo.
Quando arrivammo al centro del Rose incontrammo gli accampamenti dei sopravvissuti e ci fermammo lì perché Erwin si voleva accertare personalmente dello stato in cui vivevano i rifugiati in attesa di ordini dall'alto.
Saranno state forse le otto o le nove quanto il comandante finalmente acconsentì a riportarci in caserma.
Quasi lo volli ringraziare, poiché mi aveva salvato dall'auto-commiserazione che il mio cervello stesso si stava infliggendo.
Rientrati fummo accolti dal poco personale di cui disponevamo.
Andammo tutti a lasciare liberi i cavalli nelle stalle e poi sparimmo tutti per una propria direzione.
Chi a farsi medicare le ferite.
Chi a cenare.
Chi a festeggiare l'essere ancora vivo con gli amici.
Chi a prendere la carrozza per andare in città.
Chi a riposare o addirittura dormire.
E quelli come me.
Che volevano solamente sparire dalla faccia della terra.
Decisi anch'io di unirmi però al gruppo di quelli che volevano riposare.
Percorsi da sola il gelido corridoio mentre ancora il vuoto e la furia mi assalivano.
Volevo urlare al mondo che non dovevano morire, che non lo meritavano.
E pensai anche che il dormitorio sarebbe diventato noiosissimo senza Kaede che organizzava le nottate con tutta la camerata.
E che non sarei più stata così disponibile a spiegare cose sul mondo esterno a nessuno come facevo a Isabel.
Mi buttai a capofitto sulla maniglia.
Mentre stavo per fare leva qualcuno mi afferrò una spalla.
Mi girai e vidi Levi che mi scrutava.
Aveva degli occhi bellissimi anche se in quel momento erano iniettati di sangue.
E forse avrei giurato anche un poco lucidi.
«Non chiedo come stai perché sarebbe ridicolmente sdolcinato, quindi riformo la domanda. -strinse un po' la prese sulla mia spalla- stai uno schifo, vero?»
Chiese con un filo di voce.
«Si»
Risposi abbassando lo sguardo al livello del suo torace.
Ad un certo punto il corvino fece un gesto che era tutto tranne che aspettato.
Mi abbracciò.
Spalancai gli occhi.
Rimasi rigida per qualche secondo.
Poi, anche se incredula, congiunsi anch'io le braccia dietro la sua schiena e lo strinsi verso di me.
Anche se al tempo non l'avrei mai ammesso mi mancavano i gesti così.
Quelli fatti sul momento.
Quelli non pensati.
Non era una persona che amava gli abbracci.
Non gradivo il contatto fisico in generale.
Mi dava fastidio doverlo dare e doverlo ricevere sia dai miei amici che da mia sorella e mia madre.
Odiavo a morte quel gesto perché lo trovavo finto.
Non aveva senso abbracciare qualcuno.
E se ci pensiamo a volte è vero.
Una persona abbraccia un'altra perché sì.
Chi di noi riuscirebbe a rispondere alla domanda "perché lo abbracci?"
Tutti a parte te
Non era indirizzata a te la domanda
Però si può rispondere con "perché gli voglio bene"
Io non gli voglio bene
Allora è un'altra storia, scusa. Mi dileguo.
Sarà meglio
In quel momento sentii che per la prima volta persino lui, se avesse stretto anche di poco la presa, sarebbe riuscito a frantumarmi in mille pezzi.
Sentii il bisogno di riposare un po'.
Di fermarmi.
Mi lasciai completamente andare.
Appoggiai il volto nell'incavo del collo del mio compagno.
Inspirai il profumo della camicia.
Un misto di lavanda e the.
Me lo ero sempre immaginato così.
Quando Kenny e mio padre si incontravano mentre mamma era in servizio, ne parlava spesso.
Non diceva tante cose belle, però una volta me l'ha descritto.
"Chi? Quel moccioso di mio nipote? Ah. Se proprio ci tieni ragazzina; allora... È bassino quasi come te, ha la carnagione molto chiara e ora che ci penso sembra maiolica. Poi ha gli occhi molto chiari color ghiaccio e i capelli neri molto scuri, non li taglia quasi mai infatti ha sempre i ciuffi davanti. È un tipico moccioso ragazzina. Come te e come tua sorella"
Era uguale a come diceva Kenny.
Anche se lui non aveva precisato che suo nipote fosse anche la persona più fastidiosa di questo emisfero.
Più precisa e più puntuale.
Pignola ed arrogante.
Antipatica? Si, forse.
Però in quel momento fu proprio lui a starmi vicino.
Piansi.
Mi spaventai mentre sentivo la camicia del corvino bagnarsi insieme alle mie guance.
Non ricordavo nemmeno quando fu l'ultima volta che piansi.
Neanche quando morì mia madre.
Avevo fatto un casino assurdo, ma non piansi neanche lì.
In tutto questo Levi era rimasto in silenzio.
Io mi sentivo ancora tradita da lui e dagli altri.
«T/N... Mi dispiace»
Disse solo.
«Anche a me dispiace»
Dissi tirandomi su.
Sobbalzò un attimo mentre mi guardava.
«Mi sono ridotta male, eh?»
Chiesi sarcasticamente avendo notato il gesto.
«Sei sempre ridotta male, tu»
Constatò con medesimo tono lui.
Lui rimase con le mani dietro la mia schiena per attimi indecifrabili.
E potrei giurare di aver sentito nel ghiaccio di cui mi ero ricoperta un qualcosa di incredibilmente bollente.
Poi quasi simultaneamente allontanammo le braccia dall'altro.
Poggiai una mano sulla maniglia, guardandolo ancora.
«Riposati mocciosa. Buonanotte»
Spinsi, aprendo la porta per poi rispondere.
«Fallo anche tu nanetto. 'Notte»
Entrai nel dormitorio e mi sedetti sull'unica poltroncina che si trovava accanto alla finestra rimanendo -nel caso qualcuno di voi pensasse che mi fossi seriamente messa a dormire dopo tutto quello che era successo- sveglia a fissare il cielo.
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"That rose blossomed in the ice" 🌹[LevixReader] Where stories live. Discover now