Capitolo 19 "Memorie di soldati prima di una spedizione"

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Che ci crediate o meno, la dolce e tenue atmosfera creatasi quella notte non impiegò molto tempo a dissiparsi.
I due soldati rimossero tutte le parole che si erano detti ed erano tornati a battibeccare come se nulla fosse. Anzi, a dire il vero si erano chiusi ancora di più a riccio. T/N in particolare, aveva perso tutta la bontà che aveva riacquistato stando a contatto con i ragazzi. Lei stessa, suppongo, non sapeva spiegarsi ciò anche se col senno di poi di certo si era sentita spoglia davanti al corvino a cui non aveva dato delucidazioni particolari la mattina dopo.
Si era alzata e senza dire neppure una parola era uscita sbattendo la porta, era tornata in camera sua e si era preparata per la giornata. Era scesa in mensa, aveva rivolto un saluto a tutti ma non aveva nemmeno degnato il corvino di uno sguardo, cosa che -irrimediabilmente- non era sfuggita agli occhi attenti della squadra ricognizioni speciali, che preferì tuttavia tacere.
Quello era un giorno importantissimo per tutti, tensione a mille in tutto il Wall Rose.
Sarebbe impossibile contare quanti soldati in quel decimo di secondo si stavano sistemando la divisa allo specchio o semplicemente stavano tirando un respiro profondo per calmarsi. Quello che stava per essere compiuto quel giorno era uno dei più importanti passi dell'umanità intera e nessuno avrebbe voluto rimetterci le penne, troppo curioso o trepidante di conoscere quel "dopo" di cui tanto si parlava.




Hanji sedeva alla scrivania del suo ufficio, sistemandosi ossessivamente i ciuffi che non entravano nell'elastico della coda e ridacchiando di felicità mentre si immaginava tutti gli esperimenti che avrebbe fatto da lì a poco. Poi ripensava a tanti ammassi di ricordi, e il sorriso diveniva una smorfia ovattata.
Si guardò intorno, facendo leggeri scarabocchi con la matita sulla superficie in legno della sua scrivania per poi cancellarli con il gommino; il suo sguardo attento e minuzioso si soffermò su una scatola poggiata sulla sua libreria.
Non aprirla, Hanji.
Suggeriva il suo buonsenso.
Aprila, Hanji.
Diceva invece lei stessa al suo noioso buonsenso. Per questo si alzò, afferrando la scatola e rigettandosi poco signorilmente su una poltroncina palissandro di pelle antica. Inspirò profondamente, assaporando l'odore che la seduta spargeva per il suo personale studio, successivamente alzò la levetta di ferro aprendo la scatolina.
Lettere
Non lettere qualsiasi però. Le sue lettere.
Non avrebbe mai ammesso a nessuno che ancora le conservava tutte; afferrò quella che sembrava essere più marcata dal tempo.

Paradis, Wall Rose, 21 settembre 833
Cara zia Hanji, oggi Erwin mi ha insegnato a impostare una lettera e non vedevo l'ora di scrivere a qualcuno e dato che sei via, chi meglio di te?
Come va nel Sina? Hai conosciuto tante persone? È vero che per quanto sono stretti i corsetti le femmine non riescono a respirare? E le portano davvero le parrucche bianche? Ma anche i maschi si truccano?
Mi avevi letto un libro dove i maschi si truccavano, ricordi? Io si, ora che ci penso sarebbe forte vedere un uomo truccato dal vivo!
Penso che ora prenderò gli ombretti della mamma e truccherò Erwin! Poi lo disegnerò e ti spedirò il mio disegno. Salutami tanto papà, se lo vedi. Anzi, forse non salutarmelo, non importa.
Mi manchi, oggi Erwin mi ha detto che "senza quella rompiscatole (in verità ha detto un'altra cosa ma Erwin si arrabbia se la ridico) che entra senza bussare per ogni cosa questo studio è del tutto silenzioso".
Divertiti però, ti vogliamo bene, torna presto!
Un abbraccio,
T/N.
Ps. Poi dimmi se secondo te ho scritto una bella lettera!

La castano si fece scappare un sorriso malinconico,  tirò un sospiro per poi rimettere il foglio giallognolo al suo posto, si alzò e ripose la scatola sulla mensola.
Solo ricordi. È colpa sua.
Solo colpa sua.
"Da quanto tempo più nessuno mi chiede spontaneamente di parlargli dei miei esperimenti"
Rifletté ancora, domandandosi di nascosto da sé se fosse realmente giusto come si stava comportando con la ragazza.
«Caposquadra... È ora!»
Ovvio che è sua la colpa. Di chi altro, sennò?
Ella fu riportata sulla terra dal suo sottoposto Moblit Berner, suo personale assistente e fidato amico.
«Eh?... Ah sì, giusto!»
Dopo aver fissato il vuoto per qualche secondo si ricordò che giornata importante era quella e tutti i pensieri -giusti o sbagliati che fossero- furono abbandonati su quella poltrona.





"That rose blossomed in the ice" 🌹[LevixReader] Where stories live. Discover now