Capitolo 1

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15 settembre 2017, venerdì,
ore 7:59, Parigi

Com'era ormai sua consuetudine, Marinette era in ritardo.

Per Sabine e Tom era diventata una routine. Quasi non si accorsero della figlia che saettò giù dalle scale, rischiando due volte di inciampare e provocarsi una commozione cerebrale, e uscì maledicendosi da sola.

«Uno...» iniziò Sabine.

«Due...» continuò Tom.

Al tre congiunto degli sposi, Marinette fu di nuovo dentro: non poteva di certo andare a scuola senza zaino.

«Non cambierà mai.»

«No.»

La fortuna volle che riuscisse a entrare in classe e sistemarsi al suo banco prima che la professoressa di matematica fosse lì. L'anno scolastico era iniziato da poco più di una settimana e lei già collezionava ritardi; che ai professori ne sfuggisse qualcuno ogni tanto non poteva dunque essere che positivo.

«Certo che per abitare qui dietro l'angolo è incredibile come tu riesca ad arrivare sempre in ritardo» la canzonò Alya con affetto mentre la sua amica prendeva posto di fianco a lei.

«Ti prego, non ti ci mettere anche tu, Alya.»

Frattanto, dietro di loro, alcuni compagni di classe avevano deciso di approfittare del ritardo dell'insegnante per chiacchierare tra loro.

Marinette non era interessata a origliare le conversazioni altrui, ma un commento di Rose su un certo arrivo del giorno dopo attirò la sua attenzione. Tuttavia non fece neanche in tempo a girarsi per unirsi alla discussione e chiedere chiarimenti che subito entrò la professoressa.

15 settembre 2017, venerdì,
ore 15:13, Parigi

Furono libere dagli impegni scolastici alle tre del pomeriggio, e Marinette minacciava di cadere a terra come un peso morto. Non bastava essere rimasta sveglia fino a tardi a causa dell'ansia che aveva per l'imminente partita ed essersi dimenticata di fare colazione, adesso ci si mettevano pure gli allenamenti di pallavolo pomeridiani. Di venerdì. Dalle cinque alle otto. Tuttavia, prima che dovesse correre a casa e poi in palestra, le due amiche ne approfittarono per concedersi un breve stacco. Si fermarono al parco lì vicino, alla loro solita panchina, e si rinfrescarono con un gelato, siccome il clima ancora lo permetteva.

«Alya, ti prego, ammazzami» la implorò con teatralità, accasciandosi contro la sua spalla. Era ancora metà settembre e già i mille impegni di quando era nel periodo scolastico sembravano travolgerla come un mare in tempesta.

«E tu mi lasceresti da sola con Chloé?»

«C'è pur sempre Nino.»

«Se io t'ammazzassi, le ragazze della squadra ammazzerebbero me.»

Marinette rise. Nonostante fosse talmente maldestra da cadere pure con i piedi incollati al pavimento, nello sport che praticava da sette anni, la pallavolo, era molto coordinata e guidava la squadra come il capitano che era. Quando si trovava sul campo, tutto ciò che rappresentava nei panni di Marinette Dupain-Cheng spariva: diventava in tutto e per tutto la numero 1 che i compagni di squadra amavano e gli avversari temevano.

«L'allenamento è alle cinque, giusto?» domandò Alya, più per introdurre il discorso che per averne conferma, dato che oramai conosceva bene gli orari della migliore amica.

«Sì.»

«Allora ci conviene sbrigarci, o tu farai tardi e Nino mi tirerà per i capelli.» Si alzò dalla panchina, cominciando a racimolare la sua roba.

Tra fantasmi di allora e ombre di adessoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora