Capitolo 12

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26 ottobre 2017, giovedì,
ore 17:47, Parigi

Marinette ci aveva pensato a fondo. Aveva creduto che le ci sarebbe voluto un po' di tempo per assimilare la notizia, tuttavia le parole di Adrien le avevano fatto assumere una concezione differente: contrariamente a quanto aveva sempre immaginato, anche lui pensava ancora al loro incontro di dieci anni prima, e in verità gli sarebbe piaciuto poter nuovamente rivedere quella bambina. Sarebbe stato felice di sapere che si trattava della stessa ragazza con cui era ormai abituato a passare buona parte dei suoi pomeriggi, giusto?

Probabilmente, la novità che non avrebbe preso altrettanto bene era la confessione di Marinette. La ragazza, infatti, era convinta di non essere ricambiata; tuttavia, tenere Adrien all'oscuro dei suoi sentimenti non avrebbe fatto altro che peggiorare le cose, perché, dopo la fine dell'amichevole che avrebbero disputato di lì a poco, le Coccinelle e i Gatti Neri non si sarebbero più allenati né avrebbero giocato assieme. Quindi, qualunque riscontro avrebbe ottenuto, Marinette preferiva essere franca con Adrien una volta per tutte: essere rifiutata avrebbe fatto male, certo, ma la ragazza non voleva vivere con il dubbio che se solo avesse parlato al momento giusto, allora le cose avrebbero potuto andare diversamente.

In quanto al modo per farlo, Marinette non ne aveva la più pallida idea. In ogni caso, comunque, aveva deciso di aspettare il momento opportuno, ossia dopo la fine della partita, perché non voleva che né lei né Adrien venissero distratti da qualsiasi cosa sarebbe scaturita a seguito della sua confessione.

Marinette era così assorta nei suoi pensieri che intravide a malapena la figura di Adrien farsi sempre più vicina. «Nervosa?» le domandò quest'ultimo, il tono di voce moderato e gentile.

«Abbastanza. Tu?»

«Non pensavo che ci sarebbe stata tutta questa gente ad assistere.»

L'altra sorrise con aria colpevole. «Sì, be', credo che sia in parte a causa mia...» disse, ricordando la recente conversazione avuta con Nadja Chamack, quando le aveva rivelato che le amichevoli contro le Aquile e le Serpi avevano attirato l'attenzione di una piccola rete locale, nonché di un considerevole numero di spettatori – questo grazie alla voce sparsa in giro dai quattro allenatori.

Poco più tardi, la partita ebbe inizio dopo che le Aquile e le Serpi ebbero scelto il possesso di palla, lasciando così agli avversari la scelta del campo.

La squadra rivale partiva sempre schierando al servizio un giocatore di nome Julien, ossia il capitano delle Aquile noto per la sua grande potenza e precisione. Il suo era un servizio scomodo da domare anche per un libero, nonostante Paul1, che aveva giocato tre partite su cinque inclusa quella ora in corso, ci avesse fatto ormai l'abitudine.

«Quel tipo non mi era affatto mancato» commentò Adrien.

«Tranquilli, ci penso io!» esclamò Paul rivolgendosi a tutti i compagni attualmente in campo.

Prima che Julien servisse, il ragazzo fletté ulteriormente le gambe e si posizionò con le braccia pronte a ricevere in bagher o in palleggio, in un invito implicito a servire con tutta la forza di cui disponeva, tanto non sarebbe riuscito a fare suo quel punto con il solo utilizzo del servizio.

Com'era ormai risaputo agli spettatori, le quatto – o meglio due – squadre disponevano di eguale forza, e continuarono a darne prova per tutta la durata del primo set e anche oltre. Una delle due passava in vantaggio, ma veniva presto raggiunta ed eventualmente superata, oppure riusciva a tornare nuovamente in vantaggio, senza però un distacco di più di tre punti. Continuò così finché le Coccinelle e i Gatti Neri non strapparono agli avversari il primo set, mentre sia il secondo sia il terzo gli furono portati via per un soffio. Era una battaglia lunga, estenuante, e, man mano che si andava avanti, di logoramento.

Tra fantasmi di allora e ombre di adessoWo Geschichten leben. Entdecke jetzt