Capitolo 2

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19 settembre 2017, martedì,
ore 16:07, Parigi

In classe, Marinette evitò ogni possibile incrocio di sguardi con Adrien. Lo stesso, purtroppo, non poté fare con l'argomento pallavolo. Per sua fortuna, le telecamere, finito il match, non avevano ripreso niente, e nessuno a parte Adrien aveva sentito le cose sconclusionate che aveva detto. Restava però ancora aperta la questione che Marinette fosse l'incredibile alzatrice delle Coccinelle e Adrien il fenomenale schiacciatore laterale dei Gatti Neri. Insomma, due esordienti campioni nella stessa classe, le cui squadre erano entrambe accedute alla semifinale delle due categorie. Fantastico, no? Peccato solamente che Marinette non sopportasse Adrien.

Proprio in quel momento, Kim si stava complimentando per la sua performance del giorno precedente. «Quella schiacciata che hai fatto alla fine... wow! Sei più veloce di Alix con i pattini.»

«Nei tuoi sogni, Kim!» lo rimbeccò immediatamente Alix. «Però è vero che sei stato bravo, Adrien.»

«Grazie» rispose semplicemente lui. Nessuno l'avrebbe mai detto, eppure Adrien, nonostante la fama già guadagnata come modello, non era completamente a suo agio con i complimenti per la semplice ragione che poche volte si era trovato a confrontarsi con ragazzi della sua età.

«Marinette, tu che ne pensi?» Adrien e Nino sedevano in seconda fila, due posti avanti rispetto ad Alya e Marinette: a separarli c'erano proprio Max e Kim, per cui all'atletico compagno di classe bastò girarsi per interpellarla nella questione.

Il giovane la stava osservando in attesa di una risposta, ma a metterla più a disagio era lo sguardo di Adrien: non sembrava tradire alcuna emozione negativa, eppure la faceva sentire inadeguata. Non sapeva che cosa dire o fare: Adrien era sicuramente bravo, ma ammetterlo le sembrava quasi come riconoscere che le piacesse; però non poteva nemmeno dire che non giocava bene, perché anche il più incompetente in materia avrebbe capito che mentiva.

Ad arrivare in suo soccorso fu Alya. «Scusate se vi interrompo, ragazzi, ma ho urgente bisogno della mia migliore amica.» E così dicendo prese l'amica per un braccio e se la portò via.

«Se avessi un euro per ogni volta che mi salvi la vita,» cominciò la giovane pallavolista quando furono fuori dalla classe «adesso potrei erigere una statua d'oro in onore di Sant'Alya. O in alternativa fingere la mia morte e farmi una nuova vita. Che cosa ne dici dell'Italia? Troppo vicina? Oh! Forse l'America?»

«In realtà preferivo la prima opzione.»

«Immaginavo» ridacchiò. «Grazie, comunque» aggiunse poi, aprendosi in un sorriso di sincera gratitudine.

«A cosa servono le amiche, sennò?»

Continuarono a camminare per i corridoi dell'istituto e Marinette si concesse alcuni minuti per riflettere su ciò che era appena successo. Quanto sarebbe andata avanti, quella storia? Non era passato che un giorno da quando sapeva chi fosse il nuovo titolare dei Gatti Neri e già non ne poteva più. Come giocatore lo ammirava, ma non poteva fare a meno di pensare a che genere di persone fosse; perché lei oramai li conosceva, i tipi come Adrien o Chloé. Da quando, in passato, aveva sperimentato una brutta esperienza con un paio di bulli, non li vedeva di buon occhio. Come si poteva vivere bene con se stessi facendo del male agli altri, questo lei proprio non lo concepiva. «Alya, tu che cosa ne pensi di Adrien?»

L'amica le lanciò un'occhiata, poi tornò a guardare davanti a sé. Stavano ancora camminando. «Gioca bene, ma non mi piace.»

Marinette annuì: come c'era da aspettarsi. Eppure, l'impressione che qualcosa non andasse non accennava ad andare via. Forse si sentiva combattuta perché Adrien, pur essendo una brutta persona, condivideva con lei la sua stessa passione; però non poteva dire con certezza se fosse quella o meno la causa del senso di angoscia che avvertiva dentro di sé.

Tra fantasmi di allora e ombre di adessoWhere stories live. Discover now