.capitolo uno.

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Una porta che sbatte. Passi pesanti in corridoio. Un'imprecazione neanche troppo ben nascosta -non gli aveva forse gentilmente chiesto di smetterla di dire parolacce dentro casa?-. Uno zaino che sgraziatamente veniva lasciato cadere a terra.

Chiunque si sarebbe chiesto chi diavolo era a fare tutto quel casino, abbastanza anche per svegliare chi dall'altra parte del globo dormiva, il ragazzo in cucina che stava pulendo l'insalata non mosse un muscolo.

-Problemi in paradiso?- chiese senza nemmeno poggiare il coltello, limitandosi a rallentare impercettibilmente i suoi movimenti. -Che ti ha fatto stav-oh-.

Sulla soglia della cucina, appoggiato allo stipite della porta, c'era un ragazzino efebico, magro come uno stecco, con le gambe lunghe e il collo ancora più lungo, che vibrava letteralmente di rabbia. Così tanto da far cadere a sbuffi la farina che lo ricopriva.

-Felix, dire che sembri albino è un eufemismo. Che avete combinato stavolta?- Felix, che non vedeva semplicemente l'ora di andare a farsi una doccia nonostante fosse appena tornato da scuola, fossero le due del pomeriggio e il suo corpo gli suggerisse di mangiare prima e lavarsi poi, scrollò le spalle, con il risultato di depositare a terra un altro dei mucchietti di farina che gli appesantivano le spalle. -Niente. Ha fatto tutto lui, Chan, come al solito-.

-Ma davvero- commentò Chan, che aveva ripreso in mano il cespo con il quale era stato occupato fino ad un momento prima. -Felix, io ti avviso, la prossima volta che rientri a casa in queste condizioni, ti porto a scuola di persona e ti costringo ad andarci d'accordo. Non può essere che voi due non riusciate a stare a meno di dieci metri di distanza l'uno dall'altro senza prendervi a parole o ad arrivare le mani. È la tua Stella, maledizione-.

-Io te lo dico sempre che dovresti passare oltre questa stronzata! Rassegnati, evidentemente non funziona bene per tutti come ha funzionato bene per te-. Felix aveva smesso di tremare dal nervoso e aveva cominciato a scrollarsi via la farina dai capelli, ma a giudicare dalle labbra pressate l'una contro l'altra fino ad arrivare ad assumere il colore della roba che aveva addosso, era ancora arrabbiato.

Chan aveva impugnato il coltello in un modo che faceva temere che avrebbe finito col pugnalare il fratello. -Non rigirarti la frittata. Non è una cazzata di moda negli ultimi anni, è una tradizione della tua terra che va avanti da millenni e fino ad ora non ha mai fallito nel mettere insieme due persone. Non ha mai sbagliato con nessuno, e forse tu e Changbin fareste meglio a seppellire l'ascia di guerra e a realizzare che siete destinati a stare insieme, piuttosto che continuare con questa guerriglia che, se posso essere sincero, ha già ampiamente stufato chiunque vi stia intorno, e io francamente non capisco come sia possibile che dopo cinque anni non vi siate ancora rotti le scatole-.

Il ragazzino sulla porta era rimasto lì, bianco come era entrato nonostante i suoi sforzi. Era evidente, però, che quello che gli aveva detto il fratello lo aveva lasciato scosso più che infuriato; aprì leggermente la bocca per dire qualcosa, ma ci ripensò, chiudendola subito dopo e preferendo dirigersi in bagno e chiudendosi la porta alle spalle con una tale violenza che Chan sentì distintamente una delle foto appese in corridoio cadere a terra.

Rimasto solo, il ragazzo si concesse il lusso di sospirare profondamente. A volte sognava davvero che quella strana magia, o quello che era, che permetteva a tutti di trovare la propria anima gemella, servisse invece a rintracciarsi un fratello meno problematico. Quello strano incantesimo, il modo che Chan preferiva per chiamare quella strana sensazione che gli attanagliava le viscere ogni volta che guardava la sua di Stella e lo convinceva di aver fatto la cosa giusta, lavorava in modo davvero strano. Se avesse fatto comparire magicamente un cartello luminoso sopra la testa del predestinato sarebbe stato più facile, ma ovviamente, non funzionava così.

Tutti e sette i milioni di abitanti nel mondo avevano un'immagine teorica piuttosto precisa dell'universo in cui vivevano, ma non tutti avevano la possibilità di alzare lo sguardo e constatarlo di persona. Quello poteva farlo solo chi aveva già trovato il suo compagno, perché, accidenti a chi aveva stabilito che il mondo doveva girare così, senza la propria anima gemella non si riusciva a vedere altro che una spessa cappa nera.

Ricordava il giorno di cinque anni prima nel quale tutto era cominciato. Felix, che allora era semplicemente un quattordicenne meno scheletrico e meno serio di adesso, era appena tornato da scuola. Aveva tirato per aria lo zaino facendo quasi fuori una mensola, e aveva trovato opportuno mettersi ad urlare di aver trovato la propria Stella. Una volta che Chan lo aveva calmato e lo aveva messo a sedere di fronte al proprio pranzo, aveva cominciato a raccontare, molto più lentamente a causa della bocca piena, della sensazione che gli aveva attraversato i sensi quando il suo sguardo aveva incrociato per sbaglio quello di un ragazzino del suo anno, uno dalla pelle un sacco pallida e i capelli un sacco neri. Di come si era sentito per un attimo, solo per un attimo, sospeso in aria, galleggiante in un universo che non era più solo nero, ma che si stava illuminando di piccoli puntini luminosi, che gli fiorivano intorno e illuminavano anche lui. E lì, in mezzo a quelle scie colorate, Felix aveva provato la rassicurante sensazione di non essere più solo.

Quella era stata l'unica emozione positiva che la presenza di Changbin aveva mai suscitato in lui, visto che il ragazzino si era dimostrato uno stronzo colossale dal giorno dopo quella strabiliante visione, quello in cui lo aveva finalmente incontrato di nuovo nel corridoio della sua nuova scuola, e, armato di un sorriso che andava da orecchio a orecchio, era andato a parlargli.

Non era noto il motivo per il quale quello si fosse sentito in diritto di trattare Felix come una pezza da piedi, ma che lui non avesse avvertito ciò che aveva provato Felix era un dato di fatto. Per tutti quegli anni, il meglio che Felix aveva ottenuto da lui erano state parole aspre; il peggio, scherzi di cattivo gusto, come quella cretinata da bambini di dieci anni della farina. Chan sciacquò il coltello e lo sistemò al suo posto, nel cassetto delle posate: probabilmente quel pomeriggio non avrebbe parlato con Felix, che sarebbe stato impegnato tra il cercare di lavare via quella robaccia che aveva addosso, l'architettare una vendetta adeguata per quel Changbin e ritagliarsi un attimo per lo studio, dato che frequentava l'ultimo anno e lui sapeva per certo che non ce la facesse più a frequentare quella scuola e che quindi di ripetere l'anno non avesse la minima voglia.

Squillò un telefono, Chan lasciò che la suoneria si disperdesse nell'aria per qualche secondo prima di realizzare che fosse quella del suo cellulare. Lanciò un'occhiata alla porta chiusa prima di rispondere: magari era vero, anche se aveva funzionato per lui e per tutti gli altri, non doveva essere così anche per Felix. Lo sapeva che non serviva per forza qualcuno affianco per essere felice, ma lui con la sua Stella c'era cresciuto insieme, e una vita senza di lui non è che fosse poi tanto in grado di immaginarsela. Sapeva che il ragazzo era perfettamente autosufficiente, ma a volte lo guardava tornare a casa e lanciare maledizioni a distanza a quell'anima gemella che sembrava avere la sua stessa carica magnetica, e si rammaricava che le cose fossero andate così. Perché è bello sapere di essere forti abbastanza da farcela da soli, ma appoggiarsi a qualcuno era una sensazione che a quel punto Chan non era sicuro che Felix avrebbe mai provato.

stella mia - changlix.Where stories live. Discover now