.capitolo cinque.

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Se Changbin ricordava qualcosa di quella loro breve 'chiacchierata', di sicuro non lo diede a vedere per tutta la settimana successiva, il che portò Felix a chiedersi cosa diavolo si stesse aspettando che succedesse.

Insomma, non era come se fossero amici. Certo non andavano a lezione insieme, la mattina, chiacchierando di argomenti futili, e mai e poi mai si sarebbero sognati di estendere un'improbabile amicizia al di fuori. Però, nei giorni immediatamente seguenti il 'fattaccio', come aveva iniziato a chiamarlo Minho, i dispetti infantili e le battutine inopportune erano decisamente diminuiti, e se qualcuno avesse chiesto a Felix, lui e Changbin si stavano civilmente ignorando. Era come se nessuno dei due fosse più il primo pensiero dell'altro, in qualsiasi senso la si volesse intendere: Changbin si limitava a guardarlo male da lontano, anche se lui non se ne accorgeva nemmeno, troppo preso dalle nuvole nelle quali si era metaforicamente rifugiato. A giudicare dalla quantità di vassoi che Chan portava avanti e indietro dalla piccola terrazza sul loro tetto, il suo fratellino non aveva alcuna intenzione di scendere da lì tanto presto per nulla che non concernesse la scuola. Letteralmente, stavolta.

Da quando aveva ottenuto la possibilità di farlo, se era turbato o semplicemente aveva voglia di pensare, Felix si rifugiava sul tetto non appena il sole calava. Ascoltando della musica che variava in base al suo umore, e che in quella nottata serena non consisteva assolutamente in tutte le canzoni che ricordava fossero presenti nell'MP3 di Changbin –riunite a caso in un'unica playlist, non era metodico come la sua Stella, lui- studiava ciò che c'era al di sopra di lui, schizzava con mano poco ferma le costellazioni che riusciva ad intravedere e ripeteva a bassa voce i loro nomi.

Erano in pochi quelli a decidere di studiare Astronomia, ovviamente. Ma a Felix sarebbe piaciuto. Non voleva davvero sprecare il dono che gli era stato fatto, e che gli sarebbe rimasto sempre accanto, anche se non ci fosse stato qualcun altro. Dopotutto, era quello che faceva già: con una coperta, un bicchiere di tè verde e un quaderno con una penna, si sistemava, alzava il naso in aria e non abbassava più lo sguardo fino a quella che poteva diventare una notte che sfociava nella prima mattina. E alcune volte, come quella sera, se non era con Dojoon, Chan si univa a lui.

-Mamma e papà sono andati a letto, e mi hanno pregato di farti scendere da quassù prima che tu ti buschi un malanno.- esordì, facendo sporgere solo la testa dalla botola che collegava la terrazza al resto della casa. –C'è posto?-.

Senza proferire parola, Felix si fece più in là; suo fratello si stese sulla coperta che si era portato, prese un sorso del suo tè –nemmeno si arrabbiava più, ormai era inutile, Chan non avrebbe mai smesso comunque- e alzò lo sguardo, gli occhi scuri che riflettevano lo spettacolo del quale erano fortunati testimoni.

-Cosa riesci a vedere?-

-C'è qualche nuvola di troppo, quello sì, ma ho visto una stella cadente o due-.

-Forte. Mi dispiace essermelo perso-.

-Tranquillo, ce ne sarà sempre un'altra. Riesci a vedere l'Orsa Minore?-

-Non molto bene, no. Saranno le nuvole.- Chan si strinse la coperta intorno alle spalle. –Come stai, Lix?-.

-Bene, perché?- il fratello gli sorrise ma senza nemmeno girare il capo per guardarlo, e Chan seppe di aver centrato il punto.

-Perché sei qui rintanato da giorni e non ne scendi se non per andare a scuola, e cominciano a farmi male le gambe a portarti i pasti ogni volta perché per te il cibo è un problema secondario. Io e Dojoon siamo preoccupati, e anche Minho dice che a scuola vivi sulle nuvole.- scompigliò i capelli rossi del fratello, guadagnandosi un sorriso leggero e un pizzicotto sul braccio. –Seriamente, Felix, cosa c'è che non va?-

Silenzio impenetrabile.

-Non starai ancora pensando a quello che vi siete detti tu e Changbin, vero?-

Silenzio ancora, più eloquente di mille discorsi.

-Ahi.- Chan gli si fece più vicino. –Minho aveva proprio ragione, ci sei ricascato con tutte le scarpe e c'è voluto talmente poco-.

-Sai, a volte, considerando quanto poco mi ci è voluto a tornare come quando avevo quattordici anni e credevo sul serio che fosse quello giusto per me, mi chiedo se sono proprio così stupido e ingenuo, o se semplicemente non mi è proprio mai passata-.

-Lix, fidati, l'ultima cosa che vorrei è parlarti così, ma... Te l'avevo detto, non si gioca col destino. Se sei qui e puoi alzare lo sguardo al cielo è merito suo, se lui può fare lo stesso è merito tuo, e io ti giuro che qualcuno lassù sa che prima o poi questo osservare le stelle in silenzio lo farete insieme, perché è così che deve andare-.

-Chan- chiese Felix, lo sguardo che ancora non aveva incrociato quello del fratello maggiore –Secondo te, se non avessi avuto questo peso addosso, se avessi potuto scegliere, mi sarebbe ancora piaciuto? Sarei stato così ad aspettare nemmeno io so cosa? Non capisco se sto aspettando che si faccia vivo lui o se sto racimolando il coraggio per farmi vivo io, e in entrambi i casi non posso far altro che darmi dell'idiota perché da quando ci siamo conosciuti da ragazzini, capace non abbia alzato lo sguardo nemmeno una volta. È evidente che in qualsiasi modo il destino funzioni, lui non ne è sfiorato minimamente. E poi dipende anche da se uno ci crede o no, al destino. Lui sicuro no. Io, fino alla settimana scorsa, nemmeno, però sai, è orribile sfiorarsi per sbaglio quando si è convinti di provare disprezzo l'uno per l'altro, come minimo, e vedere che le forze celesti ancora ti obbligano a provare quello che provavi cinque anni fa, quando eri piccolo, stupido e ingenuo all'ennesima potenza. E alla fine in realtà lui sarebbe solo da ammirare, perché sta combattendo un destino che non ritiene sia il suo. Non so se gli interessi il fatto che io ci stia così di merda come effetto collaterale, ma comunque. E invece io sono qui che sembro un agnellino, che mi affido ciecamente a ciò che è stato progettato per me. E, come dite voi, ci sono ricascato con tutte le scarpe-.

Felix diventava davvero, davvero poetico quando era malinconico. O ubriaco, ma in questo caso andava avanti a tè verde da giorni.

-Non so nulla di ciò che stai passando tu- Chan gli prese il blocco da disegno e la matita dalle mani, e corresse la posizione di alcuni astri che il fratello aveva schizzato sovrappensiero –Sono stato fortunato, io e Dojoon eravamo talmente piccoli quando ci siamo incontrati che di questa cosa sapevamo ben poco. Ci consideravamo semplicemente due bambini che giocavano insieme, e quando siamo cresciuti, e abbiamo capito che eravamo quelli con cui l'altro sarebbe rimasto per il resto della propria vita, avevamo già avuto anni per sceglierci. E non fraintendermi, ringrazio che sia così. Però dico solo che no, sicuramente lui non era obbligato a sceglierti, ma chiunque sia a scegliere la Stella di ognuno di noi, sa quello che fa. Magari Changbin non ti vorrà ora, ma credimi quando te lo dico, sei la persona perfetta per lui, sotto qualsiasi punto di vista-.

-Me lo dici sempre. Non ti sei stancato di vedermi sbattere la testa contro questo muro?-.

-Mi sono stancato di vederti soffrire, quello sì.- Chan gli posò una leggera pacca su una spalla. –però insomma, almeno teoricamente per te non c'è lieto fine migliore di uno accanto a lui. E lo sai che ci credo un sacco a queste cose-.

-Sì, lo so- l'altro strinse le labbra in una linea sottile, che voleva davvero somigliare ad un sorriso. –La domanda è da quando ci credo io-.

stella mia - changlix.Where stories live. Discover now