.capitolo sei.

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Changbin non aveva mai, e dico mai, capito perché diavolo alla gente piacesse ballare.

Non quei balli da discoteca, anche perché non era proprio il tipo da frequentare posti del genere. Ballo nel senso di danza, di stare ore e ore di fronte ad una sala con il pavimento in parquet e un grande specchio a provare coreografie per ore filate e a perfezionarle movimento dopo movimento. O almeno, era così che lui si immaginava i ballerini. Certo, c'era stato un tempo in cui il pensiero della scuola di danza vicino alla sua scuola aveva fatto sorgere in lui mille brividi, ma non era più il caso. Ora, passando lì davanti in bici per delle commissioni che sua madre gli aveva chiesto di svolgere, tutto ciò che sentiva era una pungente malinconia, che lo aveva fulmineamente convinto a piantare i piedi a terra, premere le dita sui freni e a fermarsi vicino all'entrata.

Proprio non riusciva a capire come qualcuno potesse staccare la spina dai propri pensieri muovendosi a ritmo davanti e insieme ad altre persone. Lui ricordava perfettamente com'era il mondo attorno a lui anche mentre faceva ciò che più amava, mentre sedeva di fronte alla sua tastiera e premeva tasti in successione. Comunque, anche se non lo condivideva, capiva e rispettava quel mondo che aveva conosciuto solo superficialmente.

Certo, non immaginava che qualcun altro, invece, ci fosse dentro fino al collo. Changbin osservò quasi con orrore una figura slanciata, un po' curva dalla stanchezza, che usciva dall'edificio spingendo le porte a vetri dell'entrata principale mentre salutava qualcuno all'interno. Però poi si riscosse, dicendosi che Felix era riuscito a venire a conoscenza della sua più grande passione solo fregandogli l'MP3, era più che giusto che lui non sapesse che il ragazzo faceva danza. E non gli interessava saperlo. Affatto. E, siccome non gli interessava affatto dell'altro o di cosa quello pensasse di lui, ci rimase poco meno di una merda quando il ragazzo gli passò accanto sul marciapiede a testa bassa, urtandogli leggermente la spalla mentre si teneva stretto il borsone scuro al corpo con il braccio più lontano da lui.

Era stato lui il primo, anni prima, ad allontanare Felix per motivi che nonostante tutto ancora non riusciva a considerare sbagliati. Gli erano andate benissimo le litigate infinite e i dispetti senza fine. Ora, quella pace forzata nella quale si erano arenati in qualche modo lo faceva sentire vuoto. Si poteva certo dire che anche quella se l'era cercata lui, dato che tutto quello che aveva fatto negli ultimi tempi era stato fissare Felix da lontano con un'espressione che i suoi amici descrivevano come vagamente rancorosa ma che tuttavia non riusciva a frenare. Era alquanto incoerente da dire, ma non avere più da battibeccare con Felix sembrava avergli lasciato una voragine nelle sue giornate, che ora non aveva più davvero idea di come riempire.

Avere sempre da pensare alla prossima mossa gli permetteva di non pensare, di concentrarsi su altro e di non rimanere sempre lì a perdersi in ricordi che avrebbe genuinamente preferito lasciar andare, anche se a quanto pareva non era in grado di smettere di sguazzarci dentro. Poteva raggiungere picchi di pathos impressionanti, se ci si impegnava.

Mentre era occupato a fissare il vuoto, Felix lo aveva superato di una buona ventina di metri. Non che lui avesse la minima intenzione di andarci a parlare o cose simili: con un po' di fortuna il ragazzo non si era accorto, e se c'era una cosa della quale era più che sicuro da anni, era che il destino aveva sbagliato, anni prima, a far incrociare i loro sguardi. Lui una Stella già ce l'aveva, ed era solo un caso che alzando lo sguardo in sua presenza non riuscisse a vedere altro che una spessa cappa nera. Lo sapeva, ne era sicuro. Doveva essere solo un piccolo errore, trascurabile. Tanto, finché aveva potuto guardare Hyunjin negli occhi, aveva ammirato tutte le stelle che aveva voluto. Erano anni che i loro sguardi non si incrociavano nemmeno per sbaglio, ma lui ricordava bene i brividi che aveva nascosto al suo migliore amico finché aveva potuto, e non avevano niente a che fare con la strana sensazione che aveva tracciato la sua schiena quando, all'inizio del liceo, quel coso secco secco si era avvicinato a lui e aveva pensato bene di andare dicendo di essere la sua Stella. Cazzate, ovviamente, ma far desistere il ragazzino era stato davvero difficile, e grazie al loro incontro ravvicinato di qualche settimana prima, Changbin sapeva di non aver aiutato la causa. Più che arrabbiato con lui era arrabbiato con sé stesso. A parlargli in quel modo dava ragione agli astri, e a lui non piaceva quando gli altri decidevano le cose per lui. Per niente.

Se la sua vita fosse stata un film, Changbin era sicuro che in quel punto la colonna sonora sarebbe cambiata drasticamente, e la telecamera si sarebbe puntata sull'entrata della scuola di danza dalla quale Felix era uscito diversi minuti prima ad inquadrare due ragazzi che uscivano, per poi slittare di nuovo sul suo volto che aveva tutto d'un tratto perso quel poco di colore che aveva.

Hyunjin non era cambiato poi molto dalla loro ultima, famosa litigata. Si era solo spaventosamente alzato, e aveva tinto i capelli di biondo, colore sul quale peraltro Changbin non aveva proprio nulla da ridire. Per il resto era tutto come lo ricordava, stessa corporatura sottile, stesse labbra carnose, stesso sorriso avvolgente e caldo, stesso neo sotto la palpebra inferiore, stesse lezioni di danza agli stessi orari, e Changbin avrebbe dovuto davvero controllare l'orologio prima di uscire di casa, e stesso fidanzato. Lui quel coso tutto rosso che ai suoi occhi gli aveva portato via il suo migliore amico non lo aveva mai sopportato.

Però cavolo, se sembravano felici. A conti fatti, stavano insieme da tre anni e più, ma a vedere come il nano rosso, Changbin ricordava che il suo nome cominciasse con una S o qualcosa del genere, apriva la porta a quello che era stato suo fratello per più di metà della sua vita, ricevendo come premio un sorriso che avrebbe fatto sciogliere i ghiacci in Antartide e un bacio, proprio non si sarebbe detto.

Proprio non ce la faceva ad avercela con lui, non era nel suo DNA. Ad essere sinceri, era difficile anche avercela col coso rosso, Changbin faceva del suo meglio ma il tipo aveva semplicemente una faccia da cucciolo troppo carina. Quei due insieme gli avevano rubato la sua felicità, comunque, quello era chiaro. Non aveva ancora cambiato idea su quello, e nemmeno le costellazioni che gli si accendevano dietro le palpebre e si sovrapponevano alla figura di Felix quando lo incontrava gli avevano mai fatto cambiare idea.

Pecche di essere stato innamorato del proprio migliore amico per dieci anni a sua insaputa ed essere poi costretto ad accettare di essere destinato a qualcun altro, probabilmente. Changbin ne era abbastanza sicuro. Incollò di nuovo i piedi ai pedali, e sfrecciò via.

La prossima volta, si disse, avrebbe tagliato per il parco.

stella mia - changlix.Where stories live. Discover now