.capitolo dieci.

255 31 0
                                    

Felix non sapeva in che direzione guardare. Tutt'intorno a lui, donne con abiti chiari e cappellini bianchi lo guardavano dall'alto in basso, tenendosi strette i loro ombrellini, ed erano davvero meravigliose. Però, in difesa dell'altro soggetto che il ragazzo avrebbe potuto scegliere di guardare, bisognava dire che le donne in bianco erano state dipinte nell'Ottocento, mentre Changbin, che camminava accanto a lui con le mani in tasca e il naso per aria, era alquanto più reale, vivo. E anche più bello, ma non era necessario che lui lo sapesse.

L'idea, in realtà, era stata un po' di entrambi. Felix voleva vedere quella mostra su una serie di dipinti del diciannovesimo secolo che il museo avrebbe ospitato solo per qualche mese, e ormai ne parlava con chiunque gli capitasse a tiro. Era stato Changbin, a sorpresa, ad insistere perché ci andassero insieme, dicendo che sì, anche lui voleva andarci. Lui non sapeva da quando Changbin fosse diventato un appassionato di arte romantica, ma non si stava assolutamente lamentando. Non quando si erano dati appuntamento davanti alla galleria per le quattro e trenta e lui si trovava già li alle quattro in punto, solo per trovarci l'altro seduto sui gradoni che fronteggiavano l'edificio e gli confessava candidamente che era lì già da qualche minuto.

Entrando nell'atrio, la prima cosa che Felix avvertì fu un brivido lungo la schiena, e ringraziò Minho per aver messo becco nelle sue scelte in fatto di vestiario di quel giorno, cosa che effettivamente il suo migliore amico faceva un giorno sì e l'altro pure ma senza che gliene venisse mai riconosciuto il merito.

Un'ora prima che Felix uscisse di casa, Minho aveva deciso di fare ammenda per i giorni in cui era sparito insieme a Jisung aiutandolo a scegliere cosa indossare, leggi costringendolo a mettere abiti improponibili che lui aveva nascosto nelle viscere dell'armadio per non doverli buttare, cosa che odiava, anche se non li metteva più e non gli piacevano da secoli, e che Minho riusciva puntualmente a scovare. Quel giorno, bisognava dirlo, era stato abbastanza clemente:-Mettiti quello che ti pare, non voglio che esageri e il mio gusto artistico nel tuo caso sarebbe decisamente troppo- aveva borbottato, rovistando nell'armadio mentre camicie, pantaloni e magliette volavano in aria come nei film. –Solo... Eccoli!- aveva esclamato trionfante stringendo in una mano un cappotto lungo color cammello, nell'altra una coppola nera, un souvenir di un lontano viaggio a Parigi. Felix aveva provato a guardarlo come se gli fosse spuntato un terzo occhio, ma dopo che era stata convocata anche la Commissione d'esame –dei poveri Chan e Dojoon che volevano solo guardare un film in santa pace in salotto tra un esame universitario e l'altro- l'outfit era stato approvato, e lui era stato costretto a uscire di casa come se fosse venuto fuori da una rivista d'arte. Beh, almeno il cappotto gli era stato utile con l'aria condizionata, e quando lo aveva visto avvicinarsi Changbin gli aveva lanciato un secco –Bel cappello-. Non molto, siamo d'accordo, ma Felix non aveva mai ricevuto un complimento dalla sua Stella, ed era diventato quasi dello stesso colore dei suoi capelli.

La mostra era davvero interessante, ed era valsa l'attesa, ma Felix non riusciva a liberarsi di quel leggero brivido che non faceva altro che andare su e giù lungo la sua spina dorsale. Guardava i quadri, si perdeva nei colori, ammirava le forme, e questo andava benissimo. L'atmosfera nel museo era silenziosa, quasi sacrale, per permettere a tutti di concentrarsi su quello che stavano guardando, e anche quello andava benissimo. Poi c'era Changbin, con un maglione nero a collo alto che ahimè lo rendeva solo più basso di quanto già non fosse, e degli occhiali con la montatura d'acciaio che non aveva idea di dove avesse tirato fuori, che leggeva piano le descrizioni dei dipinti e le commentava sottovoce, con l'unico scopo di fargli spuntare un sorriso, e questo non andava benissimo, per niente. Perché era qualcosa che nell'intero corso della sua vita non aveva mai avuto, e ora non era neanche sicuro di avere del tutto. Ricordava anche troppo bene quella roba maledetta che il ragazzo gli aveva fatto cadere addosso, la vergogna e la frustrazione che aveva provato nel farsi vedere in quelle condizioni da tutti: com'era possibile che chiunque vivesse in piena armonia con la propria anima gemella, e che lui dalla sua dovesse praticamente guardarsi, per la propria incolumità?

Faceva fatica a sovrapporre il ragazzino maleducato che lo aveva respinto quando aveva provato ad avvicinarsi la prima volta –perché sì, quando si metteva a pensar male di Changbin andava a parare sempre alla sua Stella di quindici anni, con le sopracciglia arricciate in una smorfia di disgusto. Evidentemente quello aveva sempre fatto più male di tutto il resto- con quel giovane uomo che adesso lo stava guardando con aria esitante, probabilmente perché aveva capito che qualcosa non andava.

-Ehi, tutto bene?- gli aveva chiesto, sventolandogli gentilmente una mano davanti al viso. –Ti avevo chiesto se avevi voglia di passare alla prossima sezione. È la mia preferita- si era passato una mano tra i capelli abbassando lo sguardo, un'altra cosa a cui Felix non era abituato. Forse era stato uno sbaglio accettare quell'invito, cominciò a realizzare Felix. Nonostante ormai fosse partito per quel ragazzo, forse non ne era mai tornato, non riusciva a smetterla di chiedersi quale fosse il prossimo scherzo ad attenderlo dietro l'angolo, quello che prima lo avrebbe fatto incazzare, e poi lo avrebbe fatto sentire non voluto e inutile come non mai. Odiava dare ragione a suo fratello, però Chan non sbagliava quando diceva che senza la persona giusta al proprio fianco ci si sentiva completi per metà.

-Felix!- il ragazzo si riscosse di nuovo, ma Changbin sembrava più divertito che offeso. –Ma si può sapere a che cosa stai pensando? È tutto il pomeriggio che sei sulle nuvole!- non sapeva, lui, che Felix stava scavando nei suoi occhi alla ricerca di un brandello visibile di anima che avrebbe potuto suggerirgli cosa fare. E non ne trovò, per cui dovette rassegnarsi a cavarsela da solo. Osservò concentrato gli occhi scuri, la mascella affilata, il collo un po' sottile e i capelli scompigliati. Sorrise tra sé, sembrava un ragazzino innamorato. Ma in effetti, rappresentava ciò che era. Aveva solo diciannove anni, e, come era prevedibile sarebbe successo, si era innamorato della persona che l'universo aveva decretato più adatta a lui. Alla fine quella specie di appuntamento poteva anche goderselo, tanto la peggiore delle possibili conseguenze era già realtà: cos'aveva da perdere?

Rilassò le labbra in un sorriso e tese la mano verso di lui. –Sì, certo, hai ragione. Scusami. Andiamo?-.

stella mia - changlix.Kde žijí příběhy. Začni objevovat