Chapter 38

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Hungover & i miss you, gnash.

La mattina seguente mi svegliai presto.
Avevo dormito bene, diversamente da come era andata durante le notti precedenti, quelle appena successive alla schiocco.

Mi recai subito nel salone per fare colazione, aspettandomi di non trovare nessuno.

E invece Tony era là, appoggiato al lavello, immobile e in religioso silenzio.

"Signor Stark?" azzardai facendo un passo avanti.

Lui si voltò di scatto, colto di sorpresa.

"Non volevo spaventarla." mi scusai.

"No, no, non è niente, tranquilla. - replicò Tony, passandosi una mano sulla fronte - Stavo pensando... che dovremmo andare avanti con le nostre missioni."

"Tipo?"

"Tipo cercare i tuoi genitori. Cap me l'aveva accennato, e poi be', è inevitabile pensarci dopo che hai cercato di tenere la gemma che poi sei stata brutalmente obbligata a cedere." spiegò.

Mi si illuminarono gli occhi.
Cercare i miei genitori?
Era davvero possibile?

"Ma come facciamo a cercarli se non ho la gemma? Insomma, con quella potrei andare indietro nel tempo e avere nozioni su di loro, ma senza quella..."

Tony sfoggiò il sorriso irritante che era solito utilizzare quando aveva la soluzione subito pronta.
D'altronde, ne sapeva una più del diavolo.

"È per questo che esiste Friday."

Ricambiai il suo sorriso. Sapere che, nonostante tutto quel che era successo, Tony ci teneva ad aiutarmi per la mia unica causa era piacevole, era rassicurante.

Sentii una porta chiudersi.
Qualcuno era uscito dalla sua camera; dopo meno di dieci secondi, infatti, Steve comparve sbadigliando in cucina.

Si stupì di trovarci già svegli, glielo lessi in faccia.

"Ma da quanti tempo siete svegli?" domandò grattandosi la nuca.

"Io da nemmeno cinque minuti. - risposi, poi indicai Tony - Lui non lo so."

"Non è importante ora. - fece, enfatizzando il tutto con un gesto della mano - Che ne dite di preparare la colazione? Sai se gli altri sono già svegli?"

"Nat di sicuro. - disse Steve - Credo che non riesca nemmeno più a dormire."

Sospirai. Era brutto sentire queste cose, tenevo a Nat come a tutti gli altri e sentirli così distrutti mi spezzava il cuore, soprattutto quando sapevo che la colpa era mia.

Mi diventarono gli occhi lucidi per la frustrazione ma cercai di non darlo a vedere, mentre annunciai rapidamente a Tony e Steve che sarei tornata in camera e di battere due colpi alla porta della mia stanza quando la colazione fosse stata pronta.

I due non sembrarono notare il mio cambiamento di umore, e perciò riuscii a sgattaiolare in fretta in camera mia.

Appena entrata richiusi la porta e diedi un calcio alla prima cosa che mi capitò a tiro, che grazie al cielo era solamente il paio di scarpe che avevo lasciato ai piedi del letto.

Non sopportavo sapere di essere rimasti in tre miliardi e mezzo sulla terra per causa mia.

E mi sfogai. Piansi per la frustrazione, per il dolore e per le perdite a cui non riuscivo a rassegnarmi.

Il tutto perché ero troppo emotiva, mi lasciavo prendere un sacco dalle emozioni e non riuscivo mai a nasconderle.

Mi appoggiai al muro e mi lasciai scivolare a terra, con la testa tra le braccia incrociate poggiate sulle ginocchia.

Non riuscivo a calmarmi, no, perchè piangevo pochissime volte, solo quando esplodevo dopo tempi in cui reprimevo tutto.

Perchè, se sopporti, e sopporti, e sopporti, ad un certo punto esplodi.

Restai a singhiozzare in silenzio fino a quando sentii due colpi alla porta.

"Colazione pronta! - esclamò la voce di Tony dall'altra parte dell'uscio - Ti consiglio di svegliarti e venire a tavola altrimenti non trovi più nulla."

"Arrivo." dissi subito, alzandomi in piedi e asciugandomi gli occhi col dorso delle mani.

Andai velocemente in bagno e lavai il viso, cercando di eliminare le tracce del pianto.

Uscii e andai a tavola. Come immaginavo, trovai già tutti seduti. Accennai un sorriso tirato e mi sedetti, come se nulla fosse accaduto.

****

"Io dico che non è una buona idea."

"Io dico che non mi interessa quello che dici tu."

"Dovresti stare zitto, almeno ora."

"Sai bene che odio quando mi si danno ordini, Capitan Ghiacciolo, e che tanto faccio quello che voglio."

"Almeno questo lo ammetti."

"Volete smetterla? "

Natasha riuscì a placare il dibattito tra Steve e Tony, che stava andando avanti da parecchi minuti.

Il primo, seduto sulla sedia a braccia incrociate, cercava di esporre i rischi nell'utilizzare Friday per l'operazione di ritrovamento - o, più semplicemente, per avere informazioni, dubito che li avrei trovati ancora - dei miei genitori.

Il secondo, da canto suo, continuava a controbattere dicendo che ormai non avevamo più nulla da mettere in gioco.

E, in effetti, su questo non si poteva dargli torto: cosa avevamo da perdere?

Mal che vada saremmo morti, ma ormai cosa cambiava? Sei persone più, sei persone meno, chi le avrebbe notate?
Saremmo finiti nell'oblio, nel dimenticatoio, nel vuoto cosmico.

Il che mi sarebbe andato bene, se questo comportava rivedere il mio Peter.

"È un rischio troppo grande da correre, non tanto per noi ma per una come lei.  - Steve mi indicò - Grace ha una vita davanti, questa operazione è troppo pericolosa e non posso lasciare che lei corra rischi inutili per una cosa di cui non siamo nemmeno certi del risultato."

"Non ho più una vita davanti, Steve. Lo sai bene." mormorai.

"Bisogna andare avanti. Tutti insieme supereremo il momento, ma non pensare che ti metta in pericolo per una cosa simile." replicò Steve convinto.

"Ma se è l'unica cosa che desidera! - ribattè Tony - Senti, io ho provato cosa vuol dire sapere che qualcuno ha notizie su ciò che è accaduto ai propri genitori, anzi io ce l'avevo pure in squadra e non mi ha mai detto niente."

L'ultima frase sapeva molto di frecciatina, ma io non ero al corrente della situazione.
In ogni caso, Steve sembrò coglierla perchè alzò gli occhi al cielo.

"Sai bene perchè l'ho fatto."

"Non è questo il discorso. - interruppe Natasha - Non stavamo parlando di voi, stavamo parlando di Grace."

"Io mi rifiuto. Se mai vi servisse aiuto, vi anticipo di non contare su di me. È troppo rischioso per una ragazza di nemmeno vent'anni." disse Steve, con l'aria di chi non ammetteva repliche.

E infatti nessuno replicò.
Fu Tony l'unico a fare qualcosa.
Sospirò, scosse il capo e uscì dalla stanza.

Caso perso?
No. Solo rimandato.
Non perdevo la speranza. Non l'avrei mai persa.

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Lunedì prossimo in arrivo l'epilogo e i ringraziamenti!
Mancherà questa storia!

𝐀𝐕𝐄𝐍𝐆𝐄𝐑𝐒: 𝐓𝐡𝐞 𝐔𝐥𝐭𝐢𝐦𝐚𝐭𝐮𝐦 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora