17 - fine o inizio?

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Hyungwon continuava a girare su sé stesso, confuso, spaventato, disorientato. I suoi pensieri venivano offuscati da una voce, che chiaramente non era la sua, la quale gli sussurrava due semplici parole: l'ultima volta.

L'ultima volta.

"Perché è l'ultima volta, che significa?!" L'albino stringeva i pugni e guardava il cielo, come se quest'ultimo potesse dargli delle risposte "ho appena visto lo spirito del mio ragazzo, nonché ssang, venirmi incontro e baciarmi, pensavo che quella fosse l'ultima volta... e ora tu mi dici che questa è l'ultima volta?!" Stava per scoppiare a piangere, quando il giardino scomparve, dissolvendosi come un oggetto a contatto con un acido corrosivo.
"No" lo spirito scosse la testa, deciso "non ho più nessuno da vedere. Ho visto tutti gli spiriti dei miei amici. Tutti morti." La sua voce tremava, ma il suo sguardo e la posizione del suo corpo era ferma e stabile.

Questa è l'ultima volta.

"Smettila" Hyungwon indietreggiò, barcollando, "chiunque tu sia, ti prego smettila." Il suo corpo ne trapassò un altro, la forma corporea dell'albino era più piccola ed esile rispetto a quella dell'altro corpo; d'istinto il ragazzo si coprì il volto, mentre l'uomo si girava tenendo fra le braccia un neonato piangente avvolto da una copertina in pile azzurra.
"Ecco signora" disse, levandosi la mascherina verde acqua dalla bocca "il suo bambino." E porse il bimbo alla donna, che lo guardò commossa allungando le braccia verso di lui.
L'albino si avvicinò con estrema lentezza, sentendo le lacrime salirgli agli occhi, pizzicandoli "mamma..." sussurrò debolmente, poggiando la mano ossuta e pallida sullo zigomo della giovane donna "mi sei mancata, mamma..." di fianco a lui, comparve suo padre che guardò il bimbo, sorridendo.
"Tesoro, come lo chiamiamo?" Chiese, tenendo con due dita la manina del neonato.
"Lui sarà Hyungwon, Chae Hyungwon." Disse la madre, socchiudendo gli occhi e sorridendo.

L'albino venne catapultato in un altro scenario, era la loro casa, la casa dell'infanzia, la sua casa. Lui e la sua famiglia erano andati ad abitare in periferia, proprio di fianco alla casa della famiglia di Hoseok.
Quel giorno il cielo era limpido, le cicale cantavano indisturbate, il sole splendeva alto e scaldava il suolo sottostante: due bambini, di 8 e 9 anni, erano pronti all'avventura in sella alle loro biciclette.
"Non fate tardi, va bene bambini?" Chiese la madre di Hyungwon, mettendo nello zainetto di entrambi un sacchetto per il pranzo.
"Va bene signora!" Rispose solare Hoseok, facendo il saluto militare.
La donna rise e poi baciò la fronte di entrambi i ragazzini, sapeva della situazione familiare di Hoseok, perciò cercava sempre di darle lei l'affetto che avrebbe dovuto ricevere.
"Fa attenzione ad Hoseok, ricordati ciò che ti ho sempre detto." Sussurrò all'orecchio del piccolo Hyungwon.
Il figlio annuì solennemente, si avvicinò all'orecchio della madre e sussurrò "i bambini degli altri sono anche bambini nostri."
L'albino ingoiò della saliva amara e si passò una mano sui capelli bianchi, a quel tempo non sapeva che cosa stesse passando, a casa sua, Hoseok, non gli era concesso sapere che era il suo ssang e lui stesso non si interessava nemmeno.
Guardò i bambini salire in sella alla loro bici e sfrecciare verso la foce del fiume Han, in mezzo al bosco e ai numerosi prati verdi e profumati.

Vivi.

Vivi per colui che hai perso.

Vivi sebbene tu non respiri.

Mentre Hyungwon correva seguendo i due bambini, la voce soffusa continuava a ripetergli queste 3 frasi: non sapeva cosa significassero, ma in cuor suo sapeva che dietro a tutto quel che stava succedendo c'era un senso, un senso nascosto e profondo.
Vide i due ragazzini scendere dalle loro bici, lasciandole incustodite sul prato, e correre via inoltrandosi nel fitto e scuro bosco; i due bambini raggiunsero una casa diroccata e abbandonata.
Si avvicinarono alla porta d'entrata, la serratura era stata rimossa e la maniglia pendeva da un lato lasciando la porta semiaperta "dici che sia sicuro entrare?" Chiese, timoroso, il piccolo Hyungwon.
Hoseok fece un sorrisetto e spalancò la porta "al massimo" disse, entrando, "una strega ci cucinerà e ci mangerà" ridacchiò al gemito di paura lanciato dal più piccolo, che entrò nella casa seguendolo a ruota.
La luce che entrava dalla porta illuminava il pavimento sporco di terra, muffa e qualcosa di rosso attirò l'attenzione dei due ragazzini.
"Cos'è questo odore?" Chiese il minore, guardandosi attorno.
"E soprattutto" il maggiore si accovacciò e toccò le assi tinte di rosso "perché ci sono delle chiazze rosse sul pavimento...?"
Quando i due puntarono i loro sguardi su una vecchia sedia ammuffita, videro un signore con un coltello piantato nel petto ed il sangue incrostato sui vestiti e sulla lama. La testa ciondolava a lato, gli occhi erano sbarrati e la bocca semiaperta, le braccia ricadevano a peso morto sui lati del corpo e le gambe erano distese in avanti, leggermente divaricate.
I due tirarono un urlo disgustato ed uscirono svelti dalla casa, correndo fino al prato dove avevano lasciato le loro biciclette.
"Questo ricordo non volevo riviverlo però." Sussurrò l'albino, lanciandosi all'inseguimento degli altri due.
Quando i due bambini risalirono in sella ai loro veicoli, Hyungwon fu scaraventato via.

ᴏʜ, ᴛʜᴀᴛ ᴛᴀᴛᴛᴏᴏ - ʜʏᴜɴɢᴡᴏɴʜᴏ Where stories live. Discover now