XI

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Aziraphale e Crowley non avevano smesso un attimo di fissarsi. Erano uno davanti all'altro, tre pizze in mezzo a loro e tanta voglia di risposte. I loro occhi parevano fondersi, parevano cercarsi. Come una calamita che attrae del metallo. Tutto quello che esisteva per Aziraphale erano gli occhi d'ambra di Crowley, mentre il rosso era circondato da quell'oceano così limpido da sembrare irreale.

Si osservavano come due bestie che si contendono un pasto, l'una pronta a scattare prima dell'altra per avere la dominanza totale. Era arcano, tuttavia, l'oggetto stesso della loro contesa.

-Ragazzi, ragazzi!- all'improvviso, una voce acuta li risveglià dal torpore, facendo spostare lo sguardo ad entrambi: Adam li stava guardando confuso. I grandi occhi scuri erano strabuzzati e pieni di confusione, mentre le mani battevano un ritmo sconosciuto sul tavolo in plastica. Non sapeva poi così bene il perchè della sua presenza lì.

-Oh, sì. Scusa- Aziraphale tentò di ricomporsi, lisciandosi i capelli con la mano tentando di mettere a posto anche i suoi pensieri attraverso quel gesto -mi sono distratto un attimo- con il tono di voce tremante si portò la lattina di tè freddo alla bocca, sbattendo gli occhi come se si fossero riempiti di sabbia.

-Eravate entrambi incantati. Non...non è normale- con il tono di voce stizzito Adam continuava a guardare la sua pizza, indeciso sull'addentarla o no: aveva visto qualcosa di sospetto strisciarci dentro, quando era arrivato.

-Embè, non è il tuo compito decidere cosa è normale e cosa non lo è, ragazzino- il tono irritato di Crowley sembrava un paio di forbici che con ferocia tagliano un foglio di calda carta, accompagnato da uno schiocco di lingua capace di mettere in riga anche il più ribelle nel locale: sembrava essere in grado di divorare chiunque gli si fosse messo davanti con un solo morso. -Beacon ed io abbiamo avuto una giornata difficile, perciò è normale che siamo così bizzarri- gli scoccò uno sguardo infuocato, per poi rimettersi i suoi famosi occhiali -non è consono delle persone intelligenti giudicare, giovanotto- continuò con tono altisonante, per poi prendere una patatina dal cesto lurido di grasso.

-Ma vai a quel paese, non sei nemmeno molto più grande di me- sbottò in risposta il più giovane. Non sapeva perchè quei due strambi l'avevano invitato a mangiare fuori, nè quali fossero le loro intenzioni. Un brivido saliva e scendeva costantemente sulla sua schiena, dandogli per brevi istanti quelal sensazione di costante pericolo.

-Ma come ti perme-

-Scusalo. Solitamente non fa così- uno sguardo ghiacciato da parte di Aziraphale interruppe il rosso, facendogli abbassare gli occhi (e la cresta) con una velocità da record. Aziraphale sembrava sapere sempre come rimettere in riga le persone, e per persone si intende Crowley.

-Solitamente sono fin peggiore- aggiunse in un borbottio l'ammonito, continuando a mangiare la sua pizza come se fosse una sorta di rifugio per rimuginare sui suoi peccati di saccenza che aveva appena mostrato vicino al suo angelo. Aveva letto una volta che nell'antica Grecia la saccenza e l'arroganza venivano chiamate con un solo nome: hybris. Aveva anche letto che gli antichi dei detestavano quando la gente era colpevole di quel peccato, e che le conseguenze potevano essere davvero dolorose.

E, francamente, scoprirle era l'ultima cosa segnata sulla sua lista delle duemilacinquecento cose da fare prima della morte, poco dopo il "farsi mordere da un opossum radioattivo" e "mangiare le mutande di Bon Jovi".

-Non è questo il punto- cercando di riportare tutti su un piano di serietà assoluta (impresa impossibile), Aziraphale sbattè con violenza la forchetta di plastica sul tavolo, trasformando la punta in un moncone appuntito e translucido. Non era nel piano romperla. Con un grugnito infastidito si avvicinò all'ospite, arrivando a pochi centimetri dal suo volto come a voler rendere chiare al cento per cento le parole che stavano per uscire dalla sua bocca -abbiamo bisogno del tuo aiuto. Anzi- si rimangiò le parole, allontanandosi lentamente -tu hai bisogno del nostro aiuto- un sorriso sornione si creò tra le sue guance morbide, specchiato nella smorfia incerta dell'altro.

La Mia Parte Intollerante|Good OmensWo Geschichten leben. Entdecke jetzt