Epilogo

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Il sole non era entrato dalla finestra che dava sul giardino. Al suo posto, la luce lattiginosa delle nuvole inondava la stanza da letto. Era piccola, grande abbastanza per tenere un grosso letto matrimoniale che pareva essere stato praticamente tagliato a metà: da una parte, cuscini dalle stampe floreali e con piante grasse un po' ovunque, un comodino verde elettrico che sembrava essere sbucato fuori dal set di Star Trek di un disordine quasi epico: bottiglie di vino dimenticate alle sue gambe, vecchi fumetti abbandonati e tanta immondizia (e una scatola di...penso abbiate capito cosa) che sbucava un po' da tutti i lati. Mentre l'altro sembrava essere l'esatto opposto: pareva essere appena stato preso da un mercatino dell'usato nella sua tinta giallo panna, una pila di libri che si stagliava come una montagna su di esso coronata da una scatola di pastiglie di melatonina. I cuscini da quel lato del letto erano grossi e soffici, l'ideale per leggere.

Da quel lato del letto dormiva beato Aziraphale, dopo tanto tempo senza addormentato senza l'aiuto delle pillole. La sera precedente per lui era stata un disastro: l'inventario non si faceva da solo, quindi era dovuto restare fino alle due a compilare tutto con i titoli delle centinaia di vecchi libri che teneva stipati nei grandi scaffali della sua libreria giù a Tadfield, di cui il cottage ritornava nel territorio di amministrazione, e dopo ore ed ore a scrivere al computer la schiena gli era sembrata bloccata esattamente come gli occhi, affaticati dal guardare così tanto tempo il computer. Era tornato a casa barcollando, buttandosi sul letto appena aveva aperto la porta della stanza da letto.

Una persona l'aveva aiutato ad arrivare in quella stanza, l'aveva aspettato quando era arrivato a piedi non reggendosi quasi più dalla fatica. Qualcuno l'aveva aiutato a prepararsi un tè solo per scaldarsi lo stomaco dopo tutto quel lavoro, ridacchiando innamorato. Qualcuno si era disteso vicino a lui, stringendolo forte con le braccia lunghe e che sì, nel girarsi gli aveva fatto divorare senza volere quelli che gli erano sembrati quintali di capelli ramati.

L'aveva chiamato tesoro, e aveva notato una fede al suo dito. Oh, anche al suo c'era una fede.

Era suo marito. Suo marito. Nel dormiveglia l'idea di avere un marito gli era sembrata ancora troppo astratta. Si erano davvero sposati, pochi anni prima? Newt gli aveva davvero fatto da testimone? Avevano davvero comprato quel piccolo cottage sperduto nel nulla?

A quanto pare sì.

Aprì gli occhi, un sorrisetto malizioso pronto per incontrare l'espressione rilassata dell'altro distesa sul cuscino.

Inaspettatamente, trovò soltanto la sua parte del letto vuota, le coperte sfatte e le pantofole abbandonate di corsa assieme ad una pila di vestiti da un lato della stanza. Si era svegliato prima, forse era direttamente andato nel vivaio.

Con uno sbuffo annoiato si mise sulla schiena, osservando le travi scoperte del soffitto. Non aveva molta voglia di alzarsi, rivestirsi ed entrare in contatto con il mondo. Ma non aveva nemmeno voglia di leggere e, ovviamente, obbligare il suo cervello a darsi una svegliata. Aveva voglia di stare lì a poltrire, richiudere gli occhi e sgattaiolare nuovamente nel mondo dei sogni.

Però non aveva voglia.

Era solo lì, ad osservare il soffitto senza particolare forza nel corpo, sentendo l'odore dell'estate provenire dalla finestra. Compilò rapidamente nel suo cervello quello che avrebbe dovuto fare quella giornata: non molto, in realtà. Aiutare Crowley con il vivaio dato che la libreria era chiusa, cercare in qualche modo di cucinare pranzo senza dare fuoco alla cucina come la volta precedente e poi nient'altro. Solo quello.

Si alzò di malavoglia, grattandosi la nuca e alzando le mani. Sentiva le congiunzioni schioccare ad ogni movimento, ad ogni sbadiglio.

D'un tratto, oltre a quei lievi rumori iniziò a sentire delle imprecazioni unite a tonfi di oggetti che cadevano. Qualcuno stava facendo casino. E lui sapeva esattamente la sua identità.

I passi sul legno del pavimento mentre percorreva il vivaio erano pesanti, quasi come a voler annunciare la sua presenza, gli occhi che dovevano ancora mettere a fuoco il mondo. -Cosa starà facendo...- si chiese, immaginando già cosa stava succedendo: un gatto, un insetto o qualcos'altro era entrato, e suo marito stava cercando di scacciarlo.

Era già successo in passato.

-Buongiorno- si affacciò dalla porta del vivaio dove lavorava suo marito, il luogo in cui spendeva la maggior parte del tempo: un groviglio di piante e fiori su estendeva per le pareti di vetro che davano sulla parte esterna dello stesso, l'odore pregante delle foglie e dell'acqua che vedeva scorrere in un singolo rivoletto da una pompa abbandonata a pochi passi dai suoi piedi.

Quando Crowley aveva proposto di trasformare parte della proprietà in un vivaio per vendere piante, lui aveva accettato entusiasta, totalmente accecato dall'amore. Sarebbe stato mentire dire che non aveva un briciolo di rammarico per quella decisione.

I tonfi continuavano assieme agli sbuffi e alle parole borbottate con noia con quell'accento quasi sibilante, quando dalle piante uscì una figura ben nota: un uomo vestito con una pettorina sporca di terra teneva in braccio dei vasi, i capelli ramati e mossi erano intrappolati da una bandana sulla fronte, l'espressione affaticata già di prima mattina che fece stranire l'altro. -Angelo, buongiorno- nonostante il fiato corto, riuscì comunque ad avere un tono quasi regale, lanciando sguardi verso la porta di vetro che portava al fuori.

-Cosa sta succedendo qui?- Aziraphale, in confronto a lui, sembrava essere appena sfuggito ad un bombardamento: i capelli biondi erano scompigliati al massimo esattamente come la maglietta dell'università che aveva preso l'abitudine di usare come pigiama, l'espressione ancora spenta che cercava di capire cosa stesse succedendo.

-Oh, ecco- il rosso accennò un sorrisetto, i suoi trent'anni dimostrati più che bene -si sta mettendo a piovere e sono previsti temporali, quindi volevo portare dentro le piante più delicate- guardò i fiorelli violacei di una delle piante che teneva -non voglio che si rovinino-.

Nel vedere il sorriso tenero e soddisfatto dell'altro, Aziraphale fece una smorfia divertita. Era anche per quello che l'aveva sposato: il modo in cui si prendeva cura delle cose, determinato al benessere di ciò che reputava importante per lui. 

Esattamente come aveva fatto con lui in tutti quegli anni che erano rimasti insieme. Nonostante tutto.

-Vado a vestirmi e vengo a darti una mano- esclamò il biondo, per poi tornare nella stanza da letto, il suono delle gocce di pioggia che continuavano a scendere sul tetto con impazienza sempre maggiore.

Sarebbe stata una giornata tempestosa.



angolo autrice triste:

beh ragazzi. that's it. è finita. siamo arrivati al capolinea. dopo questo capitolo uscirà un capitolo di curiosità su tutto questo perché

non riesco a dire che è effettivamente completa? non lo so, ci sono molto affezionata a questa storia nelle sue imperfezione, e i commenti che mi scrivete mi fanno impazzire perché----sono sentimentale? anyway, non la smetterò di scrivere ineffable husbands perché sono otp, quindi---no basta ho già spammato l'altra storia che sto scrivendo e basta sono contenta che abbiate letto fino alla fine vi si ama.

La Mia Parte Intollerante|Good OmensWhere stories live. Discover now