XIX

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Aziraphale quella mattina si era svegliato male. E non era nemmeno sorpreso, dopo la nottata che aveva passato: i suoi incubi gli avevano fatto visita molte volte, assieme ad ondate di caldo che non gli avevano permesso di chiudere occhio. 

Era sceso dal letto con la schiena che continuava a fare degli scricchiolii sospetti, sentendo il pavimento freddo sotto la pianta dei piedi mentre si vestiva con dei vestiti scialbi sempre dello stesso schema di colori: beige smorto, l'azzurro che metteva in risalto gli occhi e il bianco, che sempre di più non riusciva a sopportare: era sporco dentro, non si meritava di vestirsi con un colore così puro. 

Però mise lo stesso quella vecchia maglietta. Si mise le scarpe e prese lo zaino. Sgusciò fuori dalla porta senza destare nessun commento da parte dei suoi, subito impegnati nella loro libreria.

La mensa era più silenziosa del solito: un intero anno, l'ultimo, era andato in gita, lasciando tutti gli altri anni a dover combattere con tutte le incombenze scolastiche. Aziraphale, seduto al tavolo con Anatema e Newt, stava infilzando la sua piadina ripiena di formaggio, lasciando uscire dal tessuto rivoli di formaggio sciolto.

Era la prima volta in settimane che non stava con quelli, gli stessi che li fissavano pieni di dubbi da un paio di tavoli vicino al loro. Li aveva abbandonati, non sentiva più il bisogno di fare farse, ora che aveva sputato il rospo.

Le sensazioni che provava erano molteplici: il rosso sulla punta delle sue orecchie metteva in risalto la potente vergogna che stava provando: essere da solo, in mezzo a due fidanzati a mangiare una piadina scotta mentre quello che lo teneva sotto torchio lo osservava con quegli occhi che parevano prendere sfumature violacee di pura malignità non era una cosa consigliabile, però il suo minuscolo sorrisetto dava segno di una profonda soddisfazione: ce l'aveva fatta, finalmente. Era libero.

-Sappiamo almeno quando faremo lo spettacolo?- Newt era cresciuto, negli ultimi mesi: i capelli si erano allungati esattamente come le sue gambe: non era più il ragazzetto timido di inizio anno.

Le superiori facevano questo effetto esattamente come l'amore: ti trasformavano da così a così in men che non si dica.

-Fine luglio. Il ventisei, penso- la ragazza borbottò distratta, un librone sotto gli occhi che stava leggendo per puro piacere.

-Perché non ci esibiamo allo spettacolo di fine anno ma direttamente al festival del teatro? Solitamente, il gruppo di teatro si esibisce allo spettacolo di fine anno- Newton mordicchiava intanto le sue noccioline racchiuse in un pacchettino.

-Quelli del coro hanno monopolizzato tutte le ore disponibili con un musical-

-E poi i nostri insegnanti non si sono organizzati bene, e siamo in alto mare con la rappresentazione- si aggiunse il biondo, cercando di essere un membro funzionale della società. Lui reputava quei due straordinariamente simpatici: erano molto simili l'uno all'altra, e avevano praticamente gli stessi interessi. Anche se erano una coppietta, era bello stare intorno a loro. Sicuro meglio di stare assieme a Gabriel, sicuramente.

Newt lanciava occhiate al libro dell'altra, scoprendo con una certa dose di orrore che si trattava di un trattato di un manuale di filosofia che aveva visto solo negli armadietti scassati di quelli dell'ultimo anno. Era sempre stato affascinato dall'intelligenza della sua ragazza, dal modo in cui riusciva ad essere un'esperta di tutto. Però a volte pensava di essere fin troppo stupido per lei. -Secondo voi che ruoli avremo?- esclamò dopo un pesante silenzio per dimenticare l'inquietudine precedente.

-Io spero la balia- rispose Anatema, senza nemmeno staccare gli occhi dal libro -è il personaggio comico della situazione. L'unico oltre ai due amanti che viene solitamente ricordato e quello che fa più ridere-.

La Mia Parte Intollerante|Good OmensWhere stories live. Discover now