XVI

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Alla seconda batteria di vibrazioni sul suo comodino, Crowley comprese che forse era meglio dare un'occhiata al cellulare. Non era abituato a spegnerlo, tuttavia lo metteva sempre sul comodino con la vibrazione accesa. Aveva dei precedenti, non voleva altre esperienze simili.

Prese l'apparecchio, lasciandosi accecare dalla luce brillante dello schermo, per poi aprire la segreteria. Pensava fosse sua madre, sempre pronta ad uscire con le sue amiche e a dimenticarsi le chiavi di casa proprio dentro casa e quindi a svegliare il figlio con amorevoli squilli telefonici. Oppure suo padre, che si era dimenticato di nuovo come funzionano i fusi orari per chiedergli informazioni essenziali tipo "hai visto il rugby ieri?" oppure "quanto manca al compleanno di tua madre, così non faccio brutte figure e riesco a tornare in tempo?", tuttavia, quando sentì la voce del suo ragazzo, rimase attentamente in ascolto, il tono assolutamente preoccupante che non poteva che portare brutte notizie. 

Ascoltò attentamente, le parole che gli morivano in gola ogni volta che provava ad intervenire. Quale casino? Quale casino? Forse stava male, forse stava molto male. Si era lanciato dal balcone. I suoi genitori avevano scoperto molte cose sul loro conto? Okay gli stava per dire chiaro e tondo: "non possiamo più vederci. Dovrò partire per un collegio cattolico in Scozia e dovrò lasciarti per sempre".

Visione orribile. In Scozia faceva troppo freddo. Mangiavano le budella di pecora. Nel collegio cattolico avrebbe trovato assolutamente qualcuno di migliore di lui. Tutti biondi o con capelli carota (perché lui aveva i capelli ramati, non carota), tutti che si vestivano sempre di plaid e si mettevano i cravattini e andavano in chiesa e sapevano le preghiere e non avevano delle rane morte in casa. Nei collegi erano tutti come Gabriel.

Gabriel.

Perché gli veniva sempre in mente anche lui quando c'erano di mezzo dei casini? Forse perché lui era sempre in mezzo quando succedevano casini. Era lui che creava i casini, assieme alla sua ex che aveva la passione di chiamarlo "checca di merda" ogni volta che lo vedeva nel corridoio mentre faceva cose assurde tipo allacciarsi le scarpe. 

Era stato Gabriel. Era stata Britney. Erano stati entrambi. Entrambi. Due contro due. No. Non erano due contro due. Erano sei contro due. Sei contro due. Non avevano possibilità di vincere.

E lui parlava di due, non solo di uno. Perché col cazzo che lo lasciava da solo a combattere contro i suoi disastri.

Formò il suo numero con le dita tremanti, appoggiandosi il cellulare all'orecchio. Si sentiva come quella notte di tanti mesi prima, quando aveva sognato il fuoco che gli portava via Aziraphale. Il suo Aziraphale.

Lo squillo noioso si sentì nella stanza inghiottita dal buio, quando dall'altro lato del telefono si poterono udire dei singhiozzi leggeri, dei versi di un animale ferito.

-Az? Aziraphale?- Crowley era scattato subito: voleva sapere cosa stava succedendo. Ne aveva bisogno. -Angelo? Cosa sta succedendo?- aveva il tono addolcito, quel tono che usava solo con lui. Quel tono che non usava con nessun altro.

-Ho fatto un casino...ho fatto un casino...- i rantolii avevano preso la forma di parole spezzate come le ali di una farfalla durante una tempesta. Riusciva quasi ad immaginarsi la sua espressione: gli occhi azzurri pieni di lacrime, le labbra increspate e i pugni chiusi, le guance rosate rese purpuree dalle lacrime.

-Angelo, prova a respirare- era più un invito per lui, più che per quello dall'altra parte della cornetta.

-Non...non riesco- i suoi respiri erano rumorosi, rochi nella loro frenesia. A Crowley tutto quello non piaceva. Non piaceva per niente.

-Sì che riesci. Concentrati sulla mia voce. Concentrati e calmati- mormorò, cercando di trasmettere tutta il suo amore attraverso i fili telefonici. Attraverso i cavi e attraverso l'elettricità per arrivare da lui.

La Mia Parte Intollerante|Good OmensWhere stories live. Discover now