#30 Parte#

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Cap. 30

Tom p.o.v.

Arrivati in Russia Cecce prende in braccio una Maia dormiente sollevandola dalle mie ginocchia. Arrivati a casa subito viene portata nella mia stanza mentre noi ci rechiamo nel mio ufficio per l'incontro con nostro padre. La situazione è abbastanza complicata perché io sto diventando zar ma mio padre ha ancora bisogno del potere per risolvere dei conti in sospeso. Però per farlo adesso ha il bisogno del mio permesso, al contrario di quello che si può pensare mio padre viene trattato come qualsiasi mi altro sottoposto, non provo nessun affetto per lui, anzi io non provo affetto o pietà per nessuno al di fuori di Maia e dei miei fratelli, anche se sono costretto a punirli se commettono errori come ho dovuto fare con Gabriele. Mio padre entra nel ufficio e iniziamo una discussione: infatti lui vuole regolare i conti con il vecchio capo messicano che ha commissionato la morte di 1 dei miei zii, l'ultimo assassino rimasto, il primo che si è macchiato di questa colpa e l'ultimo che verrà punito, ovviamente soffrirà nel modo peggiore. Infatti verrà appeso a testa in giù per gli alluci senza ne lingua, ne dita, ne occhi, ne orecchie. Io non mi oppongo perché questa è una vendetta legittima e perché non occuperà troppi uomini. Inoltre appena sarà compiuta io diventerò lo zar assoluto e mio padre lascerà questa casa portandosi dietro quella traditrice di mia madre e il suo fidato generale che gli farà da capo delle guardie e come me anche i miei fratelli prenderanno i posto per cui sono stati addestrati e istruiti per esempio Dario sarà il mio torturatore e il mio generale, per la sua attitudine alla violenza e così gli altri. Per Maia invece finirà questo periodo di pace e inizierà la sua vera vita che implica numerosi obblighi; fra questi il più importante cioè donare un erede all'impero, anche se non credo che la obbligherò ad assolverlo subito. Voglio godermela ancora un po'. Certo che sto diventando veramente un debole quando si parla di Mia.

A un certo punto in camera entra mia madre, Ilaria.

Il: ciao vorrei chiederti, ancora, di non dire a Maia quello che ho fatto e perdonarmi...

Tom: ti interrompo subito, non ho intenzione di dirlo a Maia come non ho intenzione di perdonarti. Fosse non ti rendi conto di cosa hai fatto. Tu mi hai ridicolizzato davanti a tutti mi hai chiamato bambino durante il mio combattimento di insediamento. Forse papà non ti ha punito considerandolo il gesto di una donna, ma e me non interessa se sei una donna o una madre o un gatto, TU NON TI DOVEVI PERMETTERE. SONO STATO CHIAMATO TOMMASO IL CODARDO PER ANNI, l'unico modo per poter cancellare questo sono stati anni di crudeltà in cui mi sono guadagnato diversi nomi più appropriati come: lo zar di ghiaccio, il lupo nero, colui che non perdona oppure il mio preferito: la tigre siberiana.

Durante il mio sfogo parlavo molto velocemente e ho anche alzato la voce, credo di essere molto rosso e a un certo punto appena finito di parlare sento un bussare e sono sicuro sia stata la mia piccolina.

Maia p.o.v.

Sono a letto di Dario e sto pensando a lui e Sascha chissà se stanno bene, forse posso andare a chiedere a Tom lui sicuramente lo sa. Potrei disturbarlo, ma se busso deciderà lui se farmi entrare, mi riconosce sempre quando busso. Sento urlare e mi preoccupo molto appena sento Tom e quando sto per entrare sento tutto il suo discorso, ma non so con chi stia parlando, ma è molto arrabbiato. Mi ricordo che non gli piace quando lo interrompono quindi aspetto che finisca il suo monologo prima di entrare. Appena sono dentro corro da lui, voglio salutarlo e aiutarlo a rilassarsi, infatti è in piedi e ha la faccia tutta rossa. Lui mi attira contro il suo petto mettendosi seduto e facendomi appoggiare sul suo bacino. Mi dà un bacio sulla tempia Ilaria mi guarda e mi chiede se ho sentito qualcosa io allora guardo Tom per sapere se ho il permesso di rispondere e lui annuisce facendomi una carezza sui capelli e io annuisco. Lei sbianca,

Il: io...io tesoro sai che non volevo ferirlo ero solo preoccupata per il mio bambino.

Tom p.o.v.

Mi alzo infuriato facendo cadere Mia, ma adesso non mi interessa raggiungo Ilaria e la prendo per la gola sollevandola.

Tom: devi smetterla di dire quella parola, io non sono più il tuo bambino e forse non lo sono mai stato. Io sono il tuo zar e mi devi rispetto. Non mi interessa se mi hai partorito tu mia madre è Katarina non tu.

Stringo sempre di più ma sento due sottili braccine che mi abbracciano da dietro, ma sono troppo arrabbiato e la spingo via, Ilaria è sempre più bianca.

Tom: Maia stai al tuo posto o ti impartirò la punizione più dolorose che abbiano mai impartito.

Lei nonostante la minaccia, dopo nemmeno un secondo di incertezza, mi disobbedisce e mi si attacca ad una gamba e io la prendo per il collo e lascio Ilaria che ormai è svenuta. Appena mollo la donna la mia piccolina non muove un muscolo non si oppone e io mi calmo dal mio attacco di rabbia mentre tutti i miei fratelli entrano, probabilmente attirati dai rumori, con le armi puntate appena vedono lo scenario aspettano il mio permesso per portare soccorso a Ilaria mentre io consegno la mia cucciola in braccio a jack e gli dico di coccolarla mentre io mi vado a fare una doccia. Quando sto per uscire dalla stanza sento una manina che stringe la mia manica. Mi giro e vedo Maia che è in braccio a mio fratello e mi guarda con le lacrime agli occhi e mi chiede

Mia: non mi abbandonare...ti prego scusa... non voglio stare senza di te: puniscimi..., uccidimi..., picchiami, urlami contro..., rinchiudimi (fa una piccola pausa con diversi singhiozzi), ma non abbandonarmi ti prego... Sentendo quelle parole nel mio cuore, che credevo ormai rattrappito e insensibile, si aprì una grande voragine, e doleva, lo faceva molto.

In pochi secondi brucio la distanza che ci separa e la prendo tra le mie braccia e la cullo piano sussurrando parole con una dolcezza che non credevo mi appartenesse. La porto velocemente in camera mia, la appoggiai sul letto e la stringo forte finché non si addormenta con ancora i segni rossi causati dalle lacrime sulle guance. Mi alzo per farmi l'agognata doccia, ma mi accorgo, che lei avvolta nel suo vestitino dai colori tenui in mezzo a tutto quel nero, che mi rappresenta più di ogni altra cosa, stona parecchio, ma che allo stesso tempo la rende insostituibile ai miei occhi, perché niente mi dà la emozioni che mi dà lei.

love my brotherWhere stories live. Discover now