10. Confidenze e Catene

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«E quindi, qual è il tuo gusto di gelato preferito?»

Levi fermò la penna con cui stava firmando un'infinita quantità di fogli per alzare lo sguardo verso il suo collega, seduto su una delle sedie di fronte alla propria scrivania.

Eren era a malapena visibile dietro alle scatole di fascicoli e plichi che avevano follemente deciso di concludere quella sera, per non doverci più pensare con l'inizio della nuova settimana. Un enorme cliente, un colpo grosso, era finito nella rete di Eren e Levi si era rivelato – per fortunato scherzo del fato – la migliore opzione come collaboratore. Insieme erano certi che avrebbero messo il guinzaglio a quel mastino entro la fine del mese, anche se significava uno spropositato numero di ore di straordinari.

E tutto, in realtà, si sarebbe aspettato di sentirgli dire dopo quattro ore sepolti tra le scartoffie, meno che di sentir parlare di gelato.

«Eh?»

«Mi hai sentito bene» rispose Eren, senza smettere di scrivere.

«Troppo lavoro ti fa male» disse il corvino, riprendendo a far scorrere la penna sul foglio lì dove si era momentaneamente interrotto. «Caffé, comunque» decretò infine, sollevando lo sguardo un solo istante per posarlo sul ragazzo, al di sopra delle lenti da lettura.

«Uh... Allergie?»

«Cos'è, hai voglia di chiacchierare? Perché, a quanto ne so, questi documenti non si muoveranno da soli.»

Il tono di Levi era calmo, per nulla minaccioso o irritato. Era intimamente perplesso da quella improvvisa curiosità, ma anche soddisfatto nell'averla – in qualche modo a lui sconosciuto – suscitata.

«Oh, per favore... Questo è un gioco da ragazzi. Potremmo farlo dormendo, e l'unico motivo per cui non lo abbiamo lasciato agli assistenti è perché vogliamo che sia finito prima di domani» ribatté il giovane facendo schioccare la lingua, catturando nuovamente l'attenzione dell'altro.

Levi sorrise, appoggiandosi al morbido schienale in pelle e sfilandosi gli occhiali.

«No, nessuna. E visto che mi hai fatto due domande di seguito, me ne spettano altrettante.»

Eren abbassò di nuovo gli occhi sui propri fascicoli, invitandolo a parlare con un gesto della mano prima di tornare a scrivere.

«Cosa volevi diventare da bambino? Un sogno solo tuo.»

Il giovane scosse la testa al pensiero della propria risposta, piegando le labbra all'insù un istante prima di darla.

«Un pirata.»

Il viso dell'uomo si distese, immaginandolo su di un vascello alla ricerca di monete d'oro e forzieri sfavillanti. Sotto il comando di un Capitano rispettato e temuto per i sette mari, magari.

«Quel ruolo ti sarebbe calzato a pennello» gli disse, le iridi fredde illuminate da una scintilla di divertimento e tenerezza insieme. «Che nome avresti scelto?»

«Non so, forse qualcosa di forte. Voglio dire, per uno di cinque anni, intendo. Tempesta dei Mari, o Il Distruttore? Potrei firmarmi così, nel prossimo contratto.»

«Immagino già la faccia di Smith quando lo chiameranno per dirgli che Il Distruttore ha chiuso l'accordo con la Custom» commentò, passandosi distrattamente l'indice sul labbro.

La serietà con cui Levi aveva pronunciato quelle parole non fece che peggiorare la risata che ne seguì. Eren arrivò a tenersi una mano sul petto, mentre con l'altra si asciugava gli occhi.

«Oh, Dio se lo rendi allettante, così.»

«Ti assicuro che saresti una leggenda.»

Il corvino si sporse verso il giovane, quasi volesse confidargli un segreto. O venirne a conoscenza.

A · Breathe · ΩWhere stories live. Discover now