20. Frammenti e Decisioni

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Non sapere era la sensazione peggiore del mondo. Peggiorata dal fatto che era lui stesso a relegarsi in quella condizione di ignoranza forzata. Il cellulare era lì sul comodino, immobile e silenzioso, a portata di mano e se lo fissava troppo a lungo gli pareva quasi di vederlo muoversi. Di tanto in tanto, quando i suoi occhi si chiudevano per la sonnolenza causata dalla monotonia, il suono di una vibrazione glieli faceva riaprire in tutta fretta, solo per scoprire che si trattava di uno scherzo della sua immaginazione.

Erano passate ore da quando Levi era uscito dalla sua camera con la salda determinazione di prendere tutto ciò per cui aveva lavorato e soffocarlo senza pietà. Lo conosceva abbastanza da sapere che non si sarebbe rimangiato una decisione simile, non avrebbe procrastinato o rimuginato e che quindi ormai tutto doveva essere accaduto. Poteva chiaramente vederlo già seduto nell'ufficio di Smith a rivelare ogni cosa.

Non poteva invece prevedere la piega che avrebbero preso gli eventi, e sperò di cuore che niente di grave fosse accaduto... Se Smith avesse fatto del male a Levi...!

La porta della sua camera si aprì ed Eren si sollevò su un gomito, girandosi tanto in fretta da farsi quasi male. Un'infermiera che spingeva un carrellino gli sorrise, aggiunse un foglio alla cartella clinica appesa ai piedi del suo letto e se ne andò. Eren tornò a sdraiarsi, gli occhi puntati sul soffitto di quadrati bianchi e luci neon.

Non poteva essere Levi.

Non sarebbe tornato, non poteva tornare. Quando se n'era andato, in preda alla rabbia, Eren aveva specificamente chiesto alla caposala di non concedergli più l'ingresso, se mai si fosse presentato di nuovo, ma in cuor suo già sapeva che le sole parole che gli aveva rivolto come addio sarebbero state sufficienti a tenerlo alla larga. L'Alpha non avrebbe rischiato di mettere ulteriormente sotto stress il suo compagno imponendogli la propria presenza, non così presto dopo una lite così intensa, non durante un ricovero.

* * * * *

Aveva fallito, miseramente.

Una nuova fase della propria vita aveva ufficialmente inizio dove, da uomo di successo e con una famiglia in arrivo, precipitava nell'abisso dello sconforto. Non solo non era riuscito a salvaguardare l'impiego di Eren, concretizzando così le paure dell'Omega, ma aveva perso la fiducia del compagno per nulla. Se soltanto fosse riuscito nel proprio intento, adesso non si sarebbe sentito come un relitto alla deriva.

Levi si passò le mani tra i capelli con fare nervoso, seduto al tavolo nel salotto del proprio appartamento. Ci doveva pur essere una soluzione, un modo per arginare il danno ed impedire che l'angheria di Smith non costasse al ragazzo anni di sacrifici e lavoro; per dimostrargli che anche senza nascondere la propria dinamica poteva fare carriera ed arrivare ai vertici; per convincerlo che la vendetta lo avrebbe solamente condotto alla rovina, sua e delle creature che portava in grembo.

A quel pensiero, il cuore gli si strinse e lo stomaco si annodò in un groviglio inestricabile: Eren aspettava due bambini, figli inaspettatamente concepiti dall'amore che condividevano e che Levi era certo avrebbe provato per il resto della propria esistenza verso il giovane dalle iridi di smeraldo e lo sguardo di fuoco. Avrebbe fatto di tutto per loro; persino rubato o ucciso, se necessario. Non sapeva però se Eren avrebbe accettato il suo aiuto, non dopo quanto accaduto quel giorni. Conosceva troppo bene la sua indole fiera ed il suo orgoglio senza eguali, e la possibilità che rifiutasse gli alimenti per il mantenimento suo e dei bambini era molto alta. Doveva metterlo in condizione di provvedere a sé stesso e le loro creature in arrivo.

La sua mente tornò in quella stanza di ospedale dove, appena poche ore prima, lo aveva lasciato in preda alla furia e al dolore. Non osava immaginare cosa avrebbe provato nel ricevere la lettera di licenziamento, celermente inviatagli da Erwin per liberarsi di lui. Pregò che quel malessere non nuocesse al suo fisico provato, e che qualcuno si prendesse cura di lui. Sperò che avesse avuto il buonsenso di contattare la madre per ricevere il supporto che solo un genitore amorevole può elargire in momenti tanto delicati.

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