15. Legami e Stranezze

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Levi girò le chiavi nella toppa, entrando nel proprio appartamento tristemente vuoto. Si era liberato del cellulare – tanto non gli sarebbe servito – e si era diretto verso il bagno per una doccia.

Non sapeva quanta acqua avesse sprecato. Rimase sotto il getto freddo per tanto, troppo tempo a giudicare dal modo in cui non percepiva più il proprio corpo. O forse era solo colpa del suo animo, così ferito da renderlo insensibile agli stimoli esterni.

Quella che avrebbe dovuto essere una serata piacevole si era trasformata in un disastro. Aveva discusso con Eren, senza la possibilità di alcun chiarimento a causa della presenza di Kirschtein e compagnia al seguito.

Un gusto amaro gli pervadeva la bocca, dandogli quasi la nausea. Era andato tutto a puttane. Aprì la credenza alla ricerca di un cracker, qualcosa di secco con cui magari placare quel malessere subdolo, ed eccolo in bella vista: un grosso pacco di biscotti al cioccolato, la marca preferita di Eren; li aveva comprati per invogliarlo a mangiare, durante le lunghe sessioni notturne di lavoro. Lo stomaco si aggrovigliò su sé stesso, facendolo piegare in avanti.

Cazzo, cazzo, cazzo...!

Il campanello prese a suonare come impazzito e, contrariato, si trascinò all'ingresso, aprendo la porta.

Sbattè le palpebre, la confusione palese sul suo viso solitamente austero.

Non poteva essere lì, giusto? Si trovava a decine di chilometri, in un locale pieno di uomini e donne ed alcol e...

La bocca di Eren coprì la sua, le braccia gli avvolsero il collo. Entrò in casa del corvino senza nemmeno aspettare il consenso, rischiando, giocandosi il tutto per tutto.

Nel sentire il suo calore, le sue mani scorrergli tra i capelli, le sue labbra muoversi disperate sulle proprie, Levi si spezzò. Andò letteralmente in frantumi, schiacciato dal bisogno di percepire Eren ovunque fosse umanamente concesso e anche di più. Le ghiandole pulsavano dolorosamente, invocando un marchio che non sarebbe giunto, così come lui non avrebbe impresso il proprio. Faceva male, ma il ragazzo era lì: nonostante le incomprensioni, nonostante le difficoltà, era corso da lui, e nient'altro importava.

«Ti amo, Eren» biascicò tra un bacio e l'altro, stringendolo a sua volta. «Ti aspetterei per sempre.»

La porta sbattè alle spalle del giovane avvocato.

Levi lo sollevò senza fatica, schiacciandovelo contro e gemette quando sentì le sue cosce stringersi attorno ai suoi fianchi ed i tacchi delle sue pregiate scarpe affondare nei glutei.

Quando furono rimasti senza fiato, per un attimo ebbri l'uno dell'altro, Alpha ed Omega si trascinarono avvinti fin sul divano, il primo "nido" morbido e confortevole che la coppia aveva percepito nelle vicinanze. L'unico in grado di corrispondere al loro bisogno di sicurezza e comodità, mentre i corpi si scaldavano in modo anomalo. Nessuno dei due ci fece caso.

Eren afferrò le mani dell'uomo ed aprì le gambe, lasciandosi toccare e guaendo quando le sue unghie affondarono nelle cosce.

«Marchiami, Levi.»

Gli sembrò che le orecchie gli dolessero, tanta fu la velocità con cui assorbirono quelle parole tanto inaspettate quanto sconvolgenti; gli sfrecciarono dentro con millimetrica precisione, affondando al pari di una lama nel suo cuore già provato da tanto attendere.

«Cosa...?»

Era inverosimile, impossibile che Eren lo stesse invitando a compiere un gesto che lo avrebbe irrimediabilmente esposto agli occhi di tutti, costandogli anni di sacrifici e silente lotta. Il ragazzo doveva essere ubriaco, eppure non vi era odore né sapore di alcol a suffragare tale ipotesi.

A · Breathe · ΩWhere stories live. Discover now