25. Epilogo

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C'era un silenzio surreale mentre gli avvocati delle due parti controllavano i documenti, girando i fogli, facendoli frusciare. I loro occhi esperti valutavano la forma ed il contenuto, alla ricerca di una qualsiasi pecca che potesse fornire loro un vantaggio sull'avversario, o un appiglio per contestare e strappare una vittoria.

Non ne avrebbero trovati.

Levi Ackerman in persona aveva redatto quegli accordi, digitando lettera dopo lettera, componendo ogni frase nella sua forma migliore. Non c'erano trappole, tra quelle parole, ma l'inchiostro formava una fila di mura invalicabile, che avrebbe bloccato senza alcuna possibilità di fuga chi si fosse ritrovato a doverle sottoscrivere.

L'autore, con espressione impassibile e braccia conserte, sedeva sulla poltroncina alla destra di quella occupata da Petra Ral, al centro esatto del tavolo. Erano della donna le mani che sfogliavano i fascicoli, i quali presto sarebbero stati firmati e poi spinti dall'altro lato del ripiano di vetro lucido, scambiati con quelli di cui Zacharias stava per concludere la lettura.

Era gelida l'aria che si respirava nella sala riunioni, all'ultimo piano del palazzo in cui avevano sede gli uffici dello studio legale Smith & Zackley.

Per Levi, il compagno sembrava essere l'unica fonte di calore presente. Al suo fianco, Eren teneva i gomiti sul tavolo e le mani incrociate. I suoi occhi, fin da quando era arrivato, non avevano smesso un solo istante di guardare quelli di Erwin Smith. La sua insistenza aveva come unico obiettivo quello di far sentire l'Alpha il più a disagio possibile.

Se la circostanza non fosse stata così solenne, l'uomo avrebbe riso e non si sarebbe lasciato sfuggire l'occasione di far notare quanto Erwin – autoproclamatosi re leone tra tutti gli avvocati della città – apparisse un topolino intrappolato tra gli artigli di un gatto.

Quest'ultimo non batteva ciglio, rigido, perfettamente immobile.

Alla fine era stato costretto a correre ai ripari. Nonostante i mezzi e – soprattutto – i soldi a disposizione, il proprio esercito di avvocati nulla aveva potuto contro le due carogne che ora si trovava davanti: un Omega tanto ambizioso da spingersi fino al tracollo fisico pur di arrivare dove mai avrebbe potuto, sotto il dominio del più forte; un Alpha spietato – per anni la sua arma migliore – che aveva morso alla gola il proprio padrone, sedotto dalla cagna in calore che aveva affianco.

Col senno di poi, non era troppo stupito che si fossero scelti e marchiati. Erano fatti della stessa pasta.

Eren non distolse lo sguardo da Smith nemmeno quando l'altro fu costretto a farlo, per poter prendere una penna dalla tasca della giacca e firmare i documenti che erano stati minuziosamente controllati.

«E con questo è tutto» disse Petra, chiudendo con un clic la propria biro con cui aveva firmato la medesima carta a propria volta.

Ciascuna delle parti coinvolte si impegnava, da quel momento, a deporre l'ascia di guerra. La class-action sarebbe stata chiusa ed archiviata.

Eren aveva speso notti insonni e giorni tormentati, rimuginando sulla scelta che Levi e Petra gli avevano messo davanti.

La richiesta di negoziazione, infatti, aveva fatto esultare l'intera squadra, tranne il più giovane del gruppo.

Accordarsi equivaleva a lasciar stare. Arrendersi. Perdere.

«Non dovresti essere così duro con te stesso» gli aveva detto Petra. «Patteggiare con Smith è più di quanto chiunque sia mai riuscito a conseguire. Tutte le persone a cui ha fatto del male riceveranno un risarcimento – una somma sufficiente a cambiar loro la vita – e la pubblicità negativa che si è fatto in tutti questi mesi non sparirà. È un ottimo risultato, Eren.»

A · Breathe · ΩWhere stories live. Discover now