Tre e quarantasei

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Sei distesa su un fianco che respiri a fatica, nel sonno tuo un dolore che viene dal fondo del mondo e ti esce  tra la bocca e il naso.
Butti fuori nuvole di respiro che sono grigiore di tempesta, acquazzoni che non prevedono un lieto fine. Hai il sonno delle pietre da quasi due ore, io accanto a te che ti osservo e non riesco a dormire.
Ti giri di continuo e non sai stare ferma, qualcosa ti tormenta nella dolcezza dei sogni tuoi e io non riesco a farmene una ragione.
Dalle labbra tue impastate di sonno e stanchezza escono parole confuse e masticate che non so distinguere ma che capisco chiaramente essere un lamento di dolore.
Una lacrima mi riga il viso a metà ma non la ascolto, ti poggio il petto sulla schiena e ti stringo così, con amore e desolazione nella speranza di poter domare questa bestia selvaggia che ti sta facendo così male.
Ti passi una mano sul petto, poi scendi sul basso ventre e stringi, digrigni i denti e fai una smorfia dolorante con gli occhi.
Subito dal ventre la tua mano diventa un serpente che striscia tra le lenzuola e il niente e cerca la mia mano come fosse la sua preda.
La stringi, ma non ha forza e perdi la presa.
Vai avanti a tentativi, fin quando quella poca forza che ti è rimasta non ti aiuta a stringermi in una morsa d'amore.
Ti bacio la fronte, poggio l'orecchio sul tuo petto e le mie lacrime scendono sulla tua pelle come radici nelle cicatrici tue.
Perché io ci provo a seminare fiori nel dolore tuo.
Sento il tuo battito regolare e ringrazio un Dio che non esiste per averti qui.
Mi addormento così, tra la disperazione e l'odore della pelle tua.
Se questo non è amore allora non lo so cos'è.

Storie breviWhere stories live. Discover now