Capitolo 18

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I giorni passarono e la madre di Harry si stava riprendendo decisamente molto più in fretta di quanto credevamo. Lei ci ha detto che le nostre visite ogni giorno all'ospedale la rendevano più felice e ciò portava buoni risultati durante le cure. Oggi tornerà a casa, e staremo altri due giorni qua, per poi tornare in Inghilterra. I bambini sono felici di sapere che la loro nonna è fuori pericolo e che l'operazione al cervello fatto qualche giorno fa gli ha salvato letteralmente la vita. Harry era così felice che è rimasto sorridente fino ad oggi e sono passati tre giorni dall'operazione. Vederlo sorridere è come il mio regalo di Natale.

Mi siedo comodamente sul divano con una tazza di caffélatte fra le mani. È mattina presto ed io mi son svegliata prima di tutti, a quanto pare. Beh, chi si sveglierebbe alle sette del mattino se non io? I bambini erano così felici ieri che hanno giocato tutto il giorno e sono crollati dalla stanchezza verso mezzanotte ed Harry, anche lui era stanco perché si è divertito con loro ed ha fatto la loro stessa fine sul nostro letto. Io, invece, stavo lì guardarli o dalla cucina o da dentro di casa mentre giocavano fuori. Non so la ragione precisa, ma non ero del'umore adatto per giocare con loro. Sì, sono molto felice che Anne si è ripresa e tornerà oggi, ma c'è qualcosa che tormenta la mia mente, ma non riesco a spiegarmi cosa sia.

Accendo la TV, abbassando il volume e lo metto su un canale dove trasmettono programmi o film di ogni genere. E dopo aver vagato su vari canali, ne trovo uno dove trasmette “Friends” e pongo il telecomando vicino a me sul divano. Proprio quando sto per bermi un sorso della mia bevanda calda, il mio cellulare vibra nella tasca dei miei pantaloncini e rispondo senza badare chi fosse. Mossa sbagliata .

«Pronto?». Rispondo.

«Ciao, Rose». È Kyle.

«Oh, ciao Kyle». Dico solamente, guardandomi i piedi, coperti dalle calze, oltre le ginocchia piegate contro il mio petto.

«Ehm, non voglio essere troppo impiccione ma... Dove sei?». Chiede gentilmente ed io sospiro, bevendo un sorso del mio caffélatte.

«A Detroit, America».

«Cosa? E come ci sei finita lì?». Chiede allarmato e sorpreso.

«Dovrei darti anche spiegazioni?». Rispondo acida e lo sento deglutire.

«E-ehm, sì... Hai ragione, scusami». Balbetta. «Beh... Come stai?».

«Bene, e tu?». Non volevo neanche chiederglielo, ma l'ho fatto per cortesia.

«Insomma». So benissimo che sta scrollando le spalle in questo momento. «Se qui sono le due del pomeriggio, lì son le sette. Giusto?».

«Sì». Non ho la voglia ed il coraggio di parlargli come se niente fosse succesdo, ciò che ha fatto mi ha fatta veramente incazzare e se qualcuno mi fa diventare una iena, prometto a me stessa che non gli rivolgerò più la parola, a meno che non sono forzata a farlo, allora in quel caso rispondo acida o a monosillabi. Il silenzio inizia ad infastidirmi e sbuffo sonoramente. «Senti, Kyle, che cosa vuoi? Mi sto veramente rompendo a restare qui con l'orecchio che si surriscalda contro lo schermo del cellulare».

«V-volevo solo sentirti, è che non ti sento molto più spesso come una volta... Quindi, beh... Mi manchi, tutto qui».

Mi porto una mano sugli occhi, sospirando pesantemente. «Perché ci ritenti, Kyle? Perché ci riprovi, anche se sai già come andrà a finire?».

«Perché io ti amo ancora, Rose». Mormora.

«Kyle, mi dispiace, ma... No, io non più. Quello che hai fatto è stato un colpo veramente basso e dovresti rendertene già conto che con quello abbiamo finito».

The Babysitter √Where stories live. Discover now