~La passeggiata fatale~

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《Sembrava un giorno perfetto: la mia migliore amica mi aveva appena organizzato un appuntamento con il ragazzo che mi piaceva, i miei genitori erano tornati insieme dopo un periodo di separazione e stavo per compiere sedici anni. Cosa sarebbe potuto andare storto? Nulla, ne ero certa. Stavo perfino iniziando a fare progetti per quando sarei diventata maggiorenne!
Ma non sapevo che due minuti dopo, la mia vita sarebbe crollata come un castello di carte.》

<Mamma vado a fare una passeggiata, sarò di ritorno tra qualche ora, credo.>
<Certo tesoro. A tra poco.>
Uscii da casa mia e mi avviai verso un punto imprecisato, una destinazione che non avrei mai raggiunto.
Ero contenta, contenta per la prima volta in vita mia.
Mi ero anche vestita bene e non trasandata come al solito. Portavo una maglietta corta grigia e dei jeans neri a vita alta.
Il fisico è sempre stato il mio punto forte, praticavo atletica cinque volte a settimana, ci mancava solo che non avessi un fisico da dea!
I capelli però... un disastro totale.
Biondi ossigenati. Orrendi.
Eh già... sono albina, o meglio, ero albina.
Nessuno però aveva mai provato a prendermi in giro, perché ero bellissima: pelle diafana, occhi azzurri e fisico megagalattico.
Avevo sciami di ragazzi attorno, ma uno solo mi piaceva. Lui: Tommaso, per gli amici, Tom.
Un ragazzo d'oro, che non avrei più incontrato.
Mentre camminavo in strada, pensavo a lui, ai miei genitori, a quanto la vita fosse fantastica. E all'improvviso nulla, fu come se qualcuno avesse premuto l'interruttore della mia esistenza. Mi spensi, letteralmente.
Ricordo solo una cosa, una Bmw nera.
Si... ormai avrete capito che state leggendo la storia di un fantasma.
E purtroppo lo spirito in questione sono io, la ragazza che fino a qualche anno fa conduceva una vita normale.
Ma purtroppo questo non è un racconto che parla dei miei lamenti, ma della mia dura "esistenza nulla", come la chiamo io, quindi andiamo avanti.
Ce la posso fare a raccontarvi la scena. Anche se... no, forza Diana, forza.
Vidi me, sotto a quella maledetta auto, in una pozza di sangue. Il mio sangue... quello che fino a dieci secondi prima dell'incidente scorreva dentro di me e alimentava il mio cuore: quel cuore che batteva per Tom.
Vorrei cancellare dalla mia mente le urla mute che ho lanciato, pensando che non avrei mai potuto realizzare nulla di quello che avevo progettato soltanto per una schifosissima Bmw nera guidata da un demente.
Non so per quanto tempo rimasi lì, in bella mostra ma allo stesso tempo invisibile a tutti, a chiedermi cosa ci facevo in quel punto se il mio corpo era...
Ecco le lacrime, vorrei tanto sfogarmi ma non posso. Non posso più.
Il problema però fu un altro.
Subito dopo che l'ambulanza arrivò, arrivò anche la mamma che, vedendo quella scena, iniziò a gridare in modo disumano il mio nome, contorcendosi e accasciandosi a terra accanto a me.
Quella scena mi tormenta ancora, giorno e notte. Si. Giorno e notte.
Scoprii dopo che mio padre non aveva idea di quello che stesse succedendo, si rifiutava di accettare la realtà. Ma appena mi vide li, a terra, si fossilizzò e iniziò a urlare. Si diresse verso il conducente e lo colpì con così tanta violenza che il naso gli si ruppe producendo un suono nitidissimo.
Anche io mi rifiutavo di accettare la realtà, infatti continuavo a darmi delle botte per cercare di svegliarmi ma non mi svegliai mai.
Cercai di avvicinarmi ai miei genitori ma tutto quello che ottenni fu uno sguardo, uno sguardo che non era indirizzato a me. Ma all'agente di polizia dietro di me.
Ero morta, ma non del tutto. Ero lì in bella mostra ma nessuno poteva vedermi.

Ciao a tutti. Questo è il primo capitolo del thriller.
Spero vi piaccia.
È una storia triste lo so, ma secondo me molto toccante.
Votatela please e seguite i miei amici.
Ciaoo!







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